Pubblicato in: Avvertenze ed effetti collaterali

Dico la mia sulle varie polemiche libresche, anche se non ne sente certo la necessità!

Non è questione di fotoromanzo, libro brevissimo, upgrade cartaceo dei booktoker o romance come se non ci fosse un domani, tutto si fa bene o meno bene a prescindere, tutto ci sta, ma è così che formiamo lettori? Questo il dubbio. Perché quelli servono, a noi che scriviamo e pubblichiamo libri.

Una bravissima educatrice mi ha insegnato che gli adolescenti non vanno inseguiti ma affascinati e invece tanti mi paiono gli inseguimenti.

Opinione mia, per carità.

Resto convinta che la lettura tra i giovani oggi si salvi solo con tanta buona letteratura e seri gruppi di lettura a scuola-in biblio-in libreria, dove vi pare. E anche con i buoni festival che coinvolgono tra gli organizzatori ragazzi e ragazze.

Ed è solo una goccia di salvezza perché è vero che non esiste pensiero e sostegno istituzionale o educazione alla lettura. Un deserto.

Ma provocare i lettori adolescenti con l’ottima letteratura del romanzo che scuote, fa discutere e sveglia, quello acchiappa. Io ci credo. Sembra assurdo eppure essere sfidanti tra gli adolescenti può essere più efficace di quanto si creda. Almeno per la mia esperienza.

Non si acchiappano tutti, certo, ma è un inizio solido con il quale guardare lungo.

Temo che siamo nella condizione di dover piantare un seme oggi con la consapevolezza che noi non vedremo i frutti dell’albero di domani. Mi sa che non c’è scelta.

Poi, spazio di pensiero e di azione a ognuno, in ogni categoria della filiera del libro, io stessa faccio quello in cui credo, perché non dovrebbero gli altri?

Aggiungo, ancora, che sui romance (quello specifico tipo di romance) di cui le ragazzine giovanissime sono affamate ho seri dubbi e li ho già espressi.

Mi hanno già dato della vecchia, non fa niente, vale quanto dire a una donna ma fattela una risata dopo aver espresso un commento sessista. Facile liquidarmi così.

Mi sono capitate giovani lettrici che non riescono a leggere altro e più soffrono e piangono e più va bene. Mi è capitato di incontrare delle ragazzine che chiamano i loro fidanzatini o aspiranti tali “il mio malessere“.

Lasciamo perdere la scrittura, pensiamo ai contenuti.

Si fanno cortei contro la violenza sulle donne e poi le dodicenni crescono così? Cacciamo gli stereotipi fuori dalla porta e rientrano dalla finestra.

Non lo so. Se le ragazzine fossero tutte lettrici forti e onnivore sarei tranquilla. Ma non siamo un paese di lettori e lettrici. Oggi nel 2025 abbiamo bisogno di un proliferare sconfinato di questo genere di storie che creano una vera dipendenza nelle lettrici giovanissime che leggono SOLO quelle? Mi pare una regressione, un inseguire la vendita dimenticandoci di un pensiero culturale che si forma e radicalizza attraverso il romanzo. Il romanzo è un mezzo potente, non dimentichiamolo, la storia diventa nostra, la nostra.

O forse ci fa comodo così? Le future donne le vogliamo comunque ancelle? La responsabilità è di chi pubblica? Continuiamo a inseguire la vendita per sopravvivere senza pensare al futuro? Perché di questo parliamo. Il discorso è lungo e complesso, lo so.

Leggere di tutto per una giovane lettrice onnivora va benissimo, leggere quello che piace per un’adulta è sacrosanto, ma veder leggere così le dodicenni (solo femmine) il romanzo dal pensiero unico mi lascia un sacco di dubbi e forse di preoccupazioni.

Comunque, speranza ne ho tanta, se scrivo di ragazzi e ragazze e coordino un gdl di13/17enni affamate/i di letture belle e complesse, non posso non averla.

E dubbi pure tanti.

Quello che conta…

Dietro a ogni professione, azione o pensiero c’è la persona, così dietro a ogni lettore o lettrice. Dietro a quello che facciamo ci siamo noi e dipende molto da come ci stiamo, dietro.

Il gdl che coordino è una piccola parte del mio lavoro che è incentrato soprattutto sulla scrittura di romanzi, ma sono sempre io, una.

Prima dell’intervista di domenica 15 al festival ho fatto una proposta, quelle/o di Leggere Ribelle (il gdl di adolescenti che coordino) hanno controproposto smantellando la mia idea. Ancora una volta a un componente LR è stata fatta una proposta e ha risposto: certo, volentieri, ne parlo con Giuliana. Capitemi bene, io sono un passaggio, rappresento il gruppo, lo accudisco per tutto quel che posso, non ho potere e non ne voglio. Stare insieme è una modalità che diventa naturale se la si pratica bene e anche quando siamo chiamati in causa come singoli restiamo gruppo, seppur con le nostre particolarità.

La famiglia umana cui tutti apparteniamo è il luogo da cui partire anche per costruire un gruppo di lettura. È il come che cambia le cose, il come che semina futuro.

Troppo facile predicare inclusione e poi nella vita escludere. Lasciare fuori. Sdoppiarsi. Leggere bene per poi dimenticare. Tutte pratiche abusate. Ma niente è soltanto un lavoro. Niente è solamente lettura.

Non finisce tutto col vendere e comprare libri o esercitare una qualsiasi professione, bisogna saper starci dietro come persone.

Allora, mi è piaciuto quanto detto tempo fa da Wu Ming 1, mi ci ritrovo, ma capisco la fatica di ballare al ritmo dei contesti ormai stereotipati, sempre gli stessi, a volte consapevolmente inutili. D’altronde la lettura e la scrittura di romanzi, come tutte le arti, sono considerate superflue, sicuramente non essenziali.

Si parla di pubblicazione di libri ma siamo tanti e diversi. Credo che i romanzi siano dei lettori non di chi li scrive, che io non sia psicologa o guru, che non sia interessante ma possa interessarmi. A me piacciono le relazioni con le persone, quello che danno e quello che cerco di dare per me conta, è cosa viva, vitale. Tutto a vari livelli: profondo, meno profondo, allegro andante.

Non sono così famosa ma riesco ancora a esserci e, per fortuna o per casualità, ho quasi sempre avuto esperienza di persone belle. Scrivo per ragazzi e ragazze.

Però. È un circo, una giostra. Ci sta. Ho saputo che un libraio sul mio territorio non vende i miei romanzi perché ha accordi commerciali che lo portano altrove. Ho fatto incontri dove vivo che per me erano una festa e non è venuto quasi nessuno, non me lo aspettavo. Sono evidentemente esclusa da alcuni contesti. Più di uno. Me ne chiedono spesso il perché e non so che rispondere. Che fare, allora? Ci posso anche restare male perché io con questo mestiere ci campo (anche se in stile francescano) e poi?

Allora mi sono rimessa a studiare, università pubblica, in presenza quando posso, metà tempo. Scrivo, mi devo nutrire se voglio scrivere buone storie e farlo bene. Le paludi della banalità non sono affascinanti, sono pochezza. Dovevo volgere lo sguardo altrove. Conoscendo ancora, anche l’oscurità suggerisce e, in luoghi nuovi, amando me stessa e gli altri resto vitale. Rincorro il romanzo perfetto che non riuscirò mai a scrivere, la mia bussola punta lì. E il mio meglio è nelle mie storie, anche se può non essere un granché. Chi mi pubblica sa. Chi legge se vuole decide.

Sono vecchia, le ferite si rimarginano, e in un mondo che sa essere brutto ho scelto la mia strada di fare bene e per bene insieme a chi incontro. Finché ho tempo faccio così. Tutto il resto va da sé e un buon analista non guasta mai.

Pubblicato in: Come nascono le mie storie, Fiutando Libri!

LEGGERE TEEN

Una chiacchierata, una testimonianza, un ringraziamento.

Durante l’estate 2024 per prepararmi a condurre le ragazze e i ragazzi di Blurandevù del Festival Internazionale della Letteratura di Mantova mi sono ritrovata tra le mani tanti miei appunti su cui ragionare, volevo trovare il modo giusto di rivolgermi a quelle ragazze e a quei ragazzi, e poi ho cominciato a pensare di farne una narrazione, nulla di troppo impegnativo, solo un po’ di ordine e forse nemmeno troppo, in quella che è la mia esperienza con i gruppi di lettura. Nel mese di settembre l’ho messa in prosa.


Leggere Teen è un racconto innamorato delle giovani lettrici e dei giovani lettori, di tanta bella letteratura giovanile, di un mondo di libri, storie, ragazze e ragazzi bellamente imperfetto e divertente. Chi non legge non sa quel che perde.


È anche un grazie a chi fa tanto per formare lettrici e lettori adolescenti; è un grazie a insegnanti, educatrici, bibliotecarie, libraie illuminate (il femminile si consideri esteso!) ed è un grazie a quei genitori complici.
Ci ho messo del mio, metodo e dubbi, un po’ di voci Leggere Ribelle e un racconto alla fine, una specie di bonus track, perché non ci si confonda su chi sono e perché prima di tutto sempre si legga.

Grazie a Livia Rocchi per un primo editing discusso ma giusto, lei è precisa io molto meno.

Grazie a Marta Bracciale, gentile e instancabile, che ha accomodato Leggere Teen per la sua uscita al Salone con relatori autorevoli. E ha accomodato anche me.

Grazie all’ufficio stampa La Chicca che lo ha lanciato in rete con parole belle.

Last but not least, in ultimo il grazie più sentito a Sara Saorin e Francesca Segato , le Camelozampa, che sanno vedere dove io non so e ancora una volta hanno confezionato il tutto meravigliosamente intuendo esattamente cosa questo non-manuale vuole essere.

Un piccolo libro, una allegra e breve testimonianza, tante professionalità dentro e fuori le pagine e io così felice di poterlo condividere che non lo so dire.

Pubblicato in: Fiutando Libri!

Campo e controcampo nell’editoria per ragazze e ragazzi

Ma i ragazzi e le ragazze possono tutto?

Succede che tante iniziative vedano giovani e giovanissimi al centro dell’editoria per ragazzi e ragazze. Molte iniziative cercano di agganciare il lettore che scandisce il ritmo dell’editoria nel settore che è cresciuto di più negli ultimi anni, forse l’unico che è cresciuto.

In Italia, si sa, si pubblicano moltissimi libri, ma i lettori sono pochi, pochissimi, le lettrici qualcuna in più (ed è un meccanismo strano per qualsiasi mercato).

Tutte le iniziative di cui parlavo, a volte invasive della sfera di competenza dell’autrice o dell’autore, creano davvero lettori? Perché il grande obbiettivo culturale, educativo e sociale resta, a mio parere, quello di creare lettori. Se cresci lettore lo rimani a vita e, in qualità di fruitore di libri, alimenti una filiera importante.

Non mi dilungo a spiegare quanto io creda nel valore dei buoni romanzi, buona musica, pittura, scultura, poesia, arte in generale; quanto io creda nel valore di quei mestieri creativi che sono fonte vitale e primaria per la nostra umanità in quanto persone.

Comunque, è interesse di noi adulti, che siamo parte della filiera del libro, crescere nuovi lettori.

E allora, come si diventa lettori consapevoli e autonomi?

Con i buoni romanzi classici e contemporanei. E la comunità adulta può farsi mediatrice con i ragazzi, educare il loro gusto alla lettura. E non è solo compito dell’insegnate di lettere, ma materia a parte, trasversale. Poco fanno le istituzioni, si sa, spesso è tutto affidato alla scuola e sulle spalle dei e delle docenti di lettere. Eppure portare i libri a scuola, dove si srotola una parte importante della vita dei ragazzi e delle ragazze, non sempre crea lettori autonomi, soprattutto se la lettura arriva come parte dello studio scolastico e non come libera e rivoluzionaria passione individuale.

Per i ragazzi e le ragazze prendere un libro in mano dovrebbe essere come infilarsi le cuffiette nelle orecchie per ascoltare musica. Non accade quasi mai.

Esistono però grandi progetti che con competenza avvalorano i veri presupposti per avviare i ragazzi e le ragazze alla lettura e formano lettori. Sono pochi sul piano nazionale ed esistono. Ma ultimamente si è scatenata una scarica adrenalinica negli adulti che vogliono creare giovani lettori, alcuni improvvisano altri no e per fortuna fioriscono i corsi di formazione. Resto dubbiosa al riguardo. Coordino un gruppo di lettura dal 2018 e so cosa significa acchiappare l’attenzione di un adolescente (tredici-diciasettenne) su un buon libro, impresa ardua se il contesto è quello di lasciarli liberi di scelta: esserci o non esserci, leggere o non leggere. Se è quello di aspettare pazientemente e senza scoraggiarsi che il libro rivelazione inneschi l’amore per la lettura in lei o in lui.

Diversamente la lettura non è una scelta, ma un’imposizione e difficilmente nascerà un lettore autonomo e consapevole.

E non vi dico quanto snervante sia aspettare un messaggio di risposta a una domanda banale ma indispensabile alla gestione collettiva del gdl. Non è una passeggiata stare ai tempi degli adolescenti, soprattutto se lo fai come volontaria (e accade quasi sempre, ma questa è un’altra storia).

So che è impresa che sfinisce, quindi mi stupisco che tanti anelino a questo ruolo di educatore e promotore della lettura. L’adulto in questo caso non è (e non deve essere) protagonista, ma servo della passione letteraria.

Puntata l’attenzione del mondo editoriale su quello per ragazze e ragazzi e complice il pregiudizio che sia un terreno più facilmente praticabile rispetto a quello colto della scrittura per adulti, i ragazzi e le ragazze ne sono diventati il centro. Coinvolgerli sembra l’unica cosa da fare. Se non leggono, li facciamo scrivere oppure giudicare e indirizzare gli scrittori adulti e i loro romanzi. Tante iniziative per metterli al centro, forse troppe, non tutte ben costruite.

E, tra parentesi, una perplessità: perché fare agli alunni/e un corso di scrittura creativa se non hanno una biblioteca scolastica aggiornata? Non è un controsenso o una falsa illusione? Si sostiene forse una possibilità: si può diventare scrittori anche senza essere lettori. Mi spaventa un po’.

Se da una parte la società contemporanea vede moltissimi bambini e bambine fin da piccoli con un’agenda di impegni tra sport, musica, teatro, scuola e tutto organizzato e supervisionato dagli adulti con pochissimi spazi di autonomia; il mondo dell’editoria sembra voler consegnare loro le proprie sorti.

«… alcuni sostengono che dovrebbero essere gli stessi bambini o ragazzi a scrivere per i loro coetanei. Questa a però a mio avviso non è un’ipotesi realistica. (…) Si tratta di una vecchia disputa che prima della scrittura ha coinvolto le arti figurative e di conseguenza il campo delle illustrazioni. (…) Allo stesso modo tutti i tentativi di pubblicare e diffondere tra i bambini i testi scritti dai loro coetanei ha suscitato solo l’interesse dei pedagogisti adulti. Credo che il pubblico dei lettori più giovani si aspetti che lo scrittore interpreti sì “il suo mondo” ma con strumenti letterari più “perfezionati” di quelli a sua disposizione.» Storia delle mie storie, Bianca Pitzorno.

E io autrice o autore? Non esiste una formazione universitaria in Italia (a differenza di quanto avviene negli altri Paesi) per diventare scrittori o scrittrici. Esistono corsi di scrittura creativa o autoformazione. Tutti possono essere scrittori e se un compositore deve farsi i suoi anni di strumento e poi studiare armonia per comporre musica (certo esistono talenti straordinari, ma questo è un discorso diverso) a scrivere un romanzo sono buoni tutti (per ragazzi e ragazze poi!). L’editoria pagamento lo sa e ci sopravvive, l’autocompiacimento autoriale paga (ovvio, anche in questo caso ci sono le dovute eccezioni). E il sudore, la fatica, lo studio per arrivare a essere pubblicato da un editore nazionale? Non conta nulla, siamo tutti scrittori e scrittrici.

Veniamo ai ragazzi e alle ragazze. Una sedicenne mi diede da leggere il suo romanzo, corretto dalla professoressa d’Italiano e stampato in tipografia dal padre con tanto di foto e biografia in quarta di copertina. Sapeva scrivere correttamente, ma nel romanzo non esistevano struttura e dialoghi, i personaggi erano stereotipati. Il mio commento gentile e correlato di bibliografia esaustiva di grandi romanzi contemporanei d’amore (perché d’amore parlava la sua storia) è stato bollato come le parole di un’adulta troppo vecchia, incapace di capirla. Soprattutto, se il mio intervento fosse arrivato prima della “pubblicazione” del suo romanzo, lei non avrebbe mai continuato a scrivere. E sarebbe stato un gran danno.

Tengo da parte quella mail piccata, è stata illuminante. Con una quindicina di romanzi (allora) all’attivo pubblicati davvero con editori nazionali, io potevo essere trattata alla pari, non ero degna di autorevolezza, né per professionalità né per anzianità.

All’inizio della mia carriera mi capitò di ricevere, a quarant’anni passati, mentre leggevo, studiavo e scrivevo per ragazze e ragazzi una grossa stroncatura da una editor autorevole. Per fortuna, pur essendo un commento negativo era ben motivato e io ci piansi. Sì, una donna a quarant’anni suonati ha pianto di rabbia e avvilimento. Me lo ricordo bene, ero seduta sulle scale di casa mia, da sola. Ma il giorno dopo ho asciugato le lacrime e inviato una risposta di ringraziamento. Ho imparato più da quella stroncatura che con un intero manuale di scrittura.

Come spiegare a una scrittrice o a uno scrittore in erba che l’umiltà è una delle doti essenziali per un qualunque creativo se è su un piedistallo da quando è bambina o bambino?

È giusto che io adulta venga giudicata, amata, scartata o ignorata dai lettori quando il mio romanzo è in libreria. I libri sono dei lettori, non di chi li ha scritti, questo è insindacabile per me. Ma sul prima ho seri dubbi riguardo alle contaminazioni non professionali (sperimentazioni e mondo della scrittura sulle piattaforme online a parte).

E bisogna anche distinguere tra lettori. Un lettore consapevole e autonomo mi sa valutare, un ragazzo o una ragazza costretto e leggere o che non legge mai, no. La lettura è un’abilità. Un giocatore in un videogioco ha un’abilità che gli o le permette di giocare, se non l’acquisisce non riesce a giocare. Perché questo non è assimilabile alla lettura?

Quindi, invitare alla lettura dove? Come? Perché? E fino a che punto è gusto coinvolgere i ragazzi e le ragazze nel mondo editoriale? Non è che con tutta questa attenzione puntata addosso “loro”, diventati così importanti per “noi”, finiscono per scappare (che forse sarebbe pure lecito)? Gli adolescenti non vanno inseguiti, ne sono certa. Oltre a essere umiliante è inutile.

Ecco, per dire che c’è tanta confusione, che forse non sono ben chiari e comuni gli obiettivi in questo mondo strambo e meraviglioso dell’editoria. Che forse alcuni punti fermi vanno messi, a costo di essere antipatica. E non sempre mettere al centro i giovani lettori e lettrici è la soluzione. A volte ho addirittura la sensazione che siano “usati” dagli adulti, perché il nostro è un mondo di adulti, anche se sembra diventata una cosa di poco conto quando invece non lo è.

Come romanziera rivendico la mia professionalità di donna adulta che ha studiato e, dopo anni di lavoro e anche di sperimentazione, fa il mestiere di scrittrice.

A un amico caro a cui piace scrivere e che ha del talento (secondo me) ho consigliato un buon corso di scrittura; già dopo alcune lezioni mi ha ringraziato, ha ammesso che non sapeva cosa fosse la struttura di un romanzo o il punto di vista, pur essendo un grande lettore. A uno scrittore o a una scrittrice serve il talento e servono gli strumenti per svilupparlo. Come al musicista, che pur sapendo improvvisare, attraverso lo studio acquisisce la capacità di esprime a pieno e al meglio il proprio talento.

Sfatiamo il mito del tutto e subito, dell’illuminazione che è capolavoro (come il grande calciatore, l’illuminazione geniale è ago nel pagliaio). Credo sia giusto avvalorare il fatto che la costanza e il tempo debbano essere gli attori principali dei nostri sogni perché questi diventino realtà.

Credo che l’umiltà sia un principio fondante per qualsiasi creativo, ma che il rispetto per se stessi e il proprio lavoro non vadano mai messi da parte.

È questione di equilibrio, come sempre, e di una ambigua deriva giovanilistica che forse inquina la nostra società seppur a fronte di moltissime iniziative valide, consapevoli e intelligenti che vedono coinvolti libri, ragazze e ragazzi.

Pubblicato in: Avvertenze ed effetti collaterali, Fiutando Libri!

Leggere liberi, liberi di leggere

Riflessioni con un capo e una coda, ma senza pretese.

Ci insegano a leggere e poi, almeno in Italia e in linea generale, finita la secondaria di primo grado dimentichiamo come si fa. Perdiamo il piacere della lettura, leggiamo solo per necessità. Forse è normale che sia così, l’evasione e la riflessione passano attraverso mille altre forme, più o meno idonee, rispetto a quando la letteratura la faceva da padrona. E anche molti romanzi, oggi, viaggiano pensando già alla serie tv che da loro, quasi certamente, si svilupperà. È una scommessa soprattutto economica, per altro più che giustificata.  

Restano i valori privilegiati legati alla lettura, come la capacità del lettore forte di vedere dietro le righe, di sperimentare sulla propria pelle storie di personaggi immaginari o reali, di portarsi dentro riflessioni maturate e durature o solo pronte a esplodere al momento giusto, di imparare a esercitare un pensiero e delle scelte proprie. Un sacco di belle cose insomma.

E ci sono poi gli irriducibili lettori che voglio esportare la loro passione e così nascono i gruppi di lettura, anche giovanili. In questo ultimo caso un’azione a metà tra missione e necessità oggettiva.

Incosciente come sempre, mi sono gettata nella costituzione di un gruppo di lettura, o meglio di un movimento di giovani lettori, Leggere Ribelle, che coordino insieme a due bibliotecarie e un’educatrice. Ne rivendico la direzione artistica (se così si può dire) e sono convinta dell’importanza della rete tra gruppi di lettura, soprattutto per adolescenti. Quindi ecco il pensiero fondante del confronto, ma anche quello dell’osservazione e della riflessone da parte mia. Perché resta mia la responsabilità del terreno letterario su cui cresce LR. E la sento tutta.

Vivo una vita professionale divisa tra il ruolo di lettrice e quello di romanziera. E questo dà al gdl un’impronta precisa. Nonostante qualsivoglia buona intenzione. Questo capita anche se a condurre un gdl è un insegnante e il gruppo vive una vita diversa se si incontra a scuola, oppure in biblioteca o in una libreria. Non sto dando giudizi in merito, sia chiaro. Io posso condurre il gruppo solo essendo me stessa e vale anche per gli altri. Nessuno sfugge al destino di essere quello che è, o di credere in quello che fa.

La domanda è: come facciamo a creare lettori davvero liberi? È davvero possibile? Forse no. Per tante ragioni.

Per esempio, ci sono almeno due modi di guardare un opera in un museo: con una guida che la spiega o da soli, ascoltando le emozioni che suscita in noi.

Se la prima opzione ci sembra troppo didascalica, bisogna ammettere che la conoscenza del contesto artistico dell’opera può aprire emozioni nuove e il saper utilizzare gli strumenti che ci permettono di leggere razionalmente l’opera sono porte che si aprono. Altrimenti il passaggio della conoscenza da un individuo a un altro non avrebbe senso e non sarebbe un patrimonio.

Però la libertà di lettura viene comunque condizionata. Arrivare all’ideale passaggio successivo di liberarsi degli insegnamenti dopo averli interiorizzati, per dare un giudizio personale ma non privo di competenze, è un processo complesso e lungo.

Nel gruppo che conduco presento romanzi nuovi a ogni incontro, ma sono io a sceglierli, sebbene mi impegni ad andare a scovare quelli belli che arrivano alle ragazze e i ragazzi con meno facilità e sebbene accolga anche quelli che portano in bibliografia i giovani lettori. Il gruppo d’altronde è nato per questo, per portare alle ragazze e ai ragazzi autrici e autori di levatura internazionale che il giovane lettore italiano difficilmente incontra. La lettura non è patrocinata, a scuola in maggior parte arrivano libri di divulgazione culturale e pochi romanzi veri e propri slegati dal programma di studio; non tutti i bibliotecari del territorio e i librai sono formati in questioni di letteratura giovanile. Mi ricordo che le ragazze e i ragazzi, quattro anni fa, arrivarono a costituire LR non avendo mai sentito nominare M.A. Murail o Aidan Chambers (e poi li hanno conosciuti e amati).

Anche se la situazione è in evoluzione, per fortuna, bisogna dirlo.

Io per esempio non apprezzo i romanzi di Alessandro D’Avenia e li ho sempre tenuti fuori dal nostro scaffale, ma (e di questo sono molto orgogliosa) due lettrici hanno voluto inserirli e non sono riuscita a far loro cambiare opinione. Istigare alla ribellione letteraria è sicuramente uno degli scopi non dichiarati del gruppo che coordino, ma di certo mi fa sorridere che la ribellione istighi al conformismo invece che il contrario. La libertà porta anche questo peso.

Dunque, ogni gruppo di lettura ha la propria impronta.

Per esempio, quando nella mia biblioteca di riferimento mi chiesero come avrei organizzato un gdl per adulti, io ho scartato la scelta del conduttore, educato lettore, che suggerisce un romanzo e poi avvia il confronto. Credo che il gdl tra adulti appartenga ai lettori che democraticamente alternano le loro scelte in totale libertà. Nel salotto di lettura ognuno porta la propria proposta e la motiva, questo allarga gli orizzonti di ogni partecipante e modula gli interessi di quel gruppo preciso di persone. Che siano a livello dei classici russi o de polizieschi italiani non ha nessuna importanza, ogni gruppo ha la propria personalità, si cresce insieme comunque.

Quindi, tornando agli adolescenti, il coordinatore dà la propria impronta al gruppo.

Come detto, lo scopo per cui volevo formare Leggere Ribelle principalmente era ed è: promuovere autori contemporanei di qualità, spesso famosi altrove e sconosciuti in Italia. D’altronde quando i ragazzi arrivano e si presentano al gruppo, i libri che presentano come loro romanzi preferiti dimostrano quanto spesso manchi nel loro panorama letterario la grande narrativa giovanile nazionale e internazionale contemporanea. Noi di LR ci siamo per questo!

A quattro anni e più dall’inizio, grazie agli incontri con festival e altri gruppi, il movimento LR ha ampliato enormemente la propria bibliografia di riferimento. Il mio apporto è sempre meno importante e le proposte dei lettori sono sempre più ricche, interessanti, contemporanee. I più esperti raccontano ai più giovani, i suggerimenti passano, lo scambio è attivo.

Il mio sogno sarebbe un gruppo di lettori adolescenti che si alimenta da solo.

Il tipo di conduzione di un gdl ha, quindi e nonostante tutto, il proprio peso a sfavore della libertà di lettura.

Vero è, d’altronde, che leggiamo con la nostra testa e noi siamo il prodotto della società in cui viviamo, ne subiamo indiscutibilmente i condizionamenti, anche quelli letterari.

Sono lettrice, ma resto narratrice e dietro ogni mio romanzo c’è un percorso di consapevolezza oltre che di creatività.

In Ladra di jeans ho lavorato sul contrario. Cioè pur volendo trattare, raccontare, interrogarmi sul ruolo dei nostri corpi nei rapporti con gli altri, ho voluto consapevolmente percorrere una strada che rompesse ogni consuetudine. L’ho fatto con precisione. Lo so bene perché alla fine della prima stesura nacque una lunga discussione con uno dei miei figli che l’aveva letta. Quello che era sfuggito a me, non lo era a lui e dibattemmo a lungo sul pericolo per questo libro di refusi di logica materiale. Nonostante questo, nonostante io sia stata attenta a non scrivere nulla che inducesse il lettore a credere amiche coloro che non lo erano, a volte sono state lette come tali.

Come mai? Mi sono domandata.

Non potrebbe essere perché fatichiamo a essere lettori liberi?

Leggiamo già sapendo come andrà a finire perché il terreno che la letteratura solitamente ci fornisce è fatto di elementi indiscutibili. Che il diverso verrà accettato deve essere un dato di fatto. Ma io ho giocato sul contrario. Ho provato a scucire la trama di una storia “convenzionale” per vedere cosa poteva accadere se conducevo il lettore per altre vie, se raccontavo di personaggi convinti del contrario. Perché non c’è sempre un lieto fine.

Non so se ci sono riuscita. Ovvio, nessun autore può essere sicuro delle intenzioni della propria opera, a meno che questo non sia un prodotto smaccatamente commerciale.

Comunque vada o andrà, ho ricavato due grandi lezioni per me stessa.

Non devo smettere di provare a scardinare con delicatezza le certezze del lettore in modo che, sia lui che io, possiamo farcene di nostre. Ricordo un romanzo famoso che finiva con la disfatta della protagonista, una ragazza stuprata dal branco e convinta di essersela cercata. Mi arrabbiai per quel finale, ma capii che era una leva fortissima per incitare al contrario.

Vorrei continuare a cercare buoni romanzi di bravi autori contemporanei da mettere nella bibliografia di Leggere Ribelle, che raccontino narrazioni alternative a quelle più ricorrenti, socialmente accettate o comuni. Romanzi che raccontino l’altro e altro, anche in altro modo. E non sto parlando di argomenti forti o dissacranti a ogni costo. La violenza fine a se stessa è sempre bandita per quel che mi riguarda. L’ironia è un’arma potentissima e così la delicatezza che accompagna. Ma lì ogni narratore, ogni buon narratore, è diverso, abile e affascinante a suo modo.

L’originalità in un romanzo è anche questo ed è utile per disabituarci a immaginare quello che succederà senza leggerlo veramente.

Uno dei grandi valori della lettura che dobbiamo provare a passare ai ragazzi (e non solo a loro), è la ricerca inarrestabile del pensiero libero per saper uscire dalle maglie della consuetudine. Per quanto è possibile. L’accettazione profonda e naturale della diversità (reale o immaginaria) passa attraverso il pensiero autonomo, se la letteratura “per ragazzi e adolescenti” non lavora per emanciparsi dalla zona confort delle nostre vite, forse (meglio: senza forse), non è letteratura. E solo un buon romanzo è capace di far nascere nuovi e indispensabili giovani lettori.