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Un border da divano con il cuore di un lupo

 

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Ferma al capitolo sedici del nuovo romanzo, in montagna, da sola con Brik, decido di fare un giro nel bosco, così per chiarirmi le idee. Camminando si pensa. Non c’è nessuno, proseguiamo tra gli alberi e le rocce ricoperte di muschio. Prendiamo un sentiero impervio, in discesa, e libero Brik che mi precede, aspetta, mi precede, aspetta, mi precede e sparisce.

Lo chiamo, vedo la punta bianca che spazzola l’aria tra erba alta, rami e rocce in un anfratto scosceso. Si muove lì attorno, ma non ritorna; lo chiamo con voce dura, di solito non mi ignora e quindi mi preoccupo. Impossibile raggiungerlo per me. Il terzo richiamo suona stridulo. Poi lo vedo spuntare più avanti sul sentiero e porta in bocca una costola di dinosauro, d’accordo di capriolo. C’è ancora del grasso biancastro che penzola. Brik si avvicina orgoglioso e io lo metto al guinzaglio e gli tolgo la costola dalla bocca. Lui lascia fare (posso toccare il suo cibo nella ciotola mentre mangia, non ringhia mai né si arrabbia), però mi guarda sconcertato.

E la mia mente è già lontana: vaga tra racconti di bocconi piazzati nel bosco per avvelenare i predatori e quidi poter cacciare liberamente gli ungulati e sul come allertare il più vicino veterinario; avrà una macchina medico-veterinaria? Chi mi verrà a prendere quando il cane comincerà a schiumare dalla bocca e si accascerà a terra?

Nel frattempo Brik trotterella sereno e si ferma ad annusare degli escrementi. Di solito annusa quella degli altri cani con indifferenza, al massimo ci piscia sopra e prosegue, qui se fosse Sherlock l’esaminerebbe con la lente di ingrandimento. Lo guardo e lo tiro via appena in tempo prima che ci si rotoli sopra e immagino, a quel punto, che sia cacca di lupo.

Che dopo un lauto pasto a base di ungulato, un lupo si sia fermato poco più avanti per liberarsi l’intestino? Nessun boccone avvelenato solo un banchetto lupesco di cui il bricchetto ha spolverato i resti?

Intanto affrontiamo la salita; il tempo passa, il cane non schiuma, ma mi guarda di traverso mentre lappa da un torrente l’acqua che scorre. È un po’ offeso per il mio furto del suo furto di costola. Glielo leggo negli occhi quello che mi direbbe se potesse parlare: certo che hanno proprio ragione i miei fratelli umani, come sei ansiosa, due soldi di fiducia in me, no?

L’immaginazione è tutto per una scrittrice e l’ansia in fondo è un derivato dell’amore. Sono sempre ferma al capitolo sedici, in compenso c’è un nuovo articolo sul blog. Desolata per non aver fotografato la costola, meritava. 

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Non si vive di soli libri, ma anche di gatti

Dalì, Salvador

Alle sei di questa mattina il nostro ex-gatto Dalì (si è spostato a vivere dai vicini ma ci frequenta abitualmente) entra in casa dalla gattaiola e lancia un paio di miagolii prima di andarsene di nuovo. Dormivo. Mi giro mi  dall’altra parte immaginando che anche i gatti abbiano le loro paturnie. Dopo un’ora la cosa si ripete e nuovamente seppellisco la testa sotto il cuscino. Più tardi, mentre sto facendo colazione con mio figlio gli racconto quanto accaduto (lui non si sveglia neanche con il ruggito del leone) aggiungendo che mi è sembrato un avvertimento quello di Dalì, uno strano avvertimento.

Indi, il gatto regolarmente residente a casa nostra, stamattina non si vede, ma mio figlio assicura che ieri sera era con lui in mansarda e quindi non c’è ragione di preoccuparsi. Poi ci ripensa: «Ieri sera ho aperto la finestra sul tetto solo per pochi minuti e Indi era profondamente addormentato, non credo che mi abbia fregato». Il tetto è l’unico ambiente della casa vietato ai gatti: ci sono i comignoli e le finestre delle case vicine, dove non tutti gradiscono visite feline. Ovviamente è il posto più ambito dove passare la notte per il nostro gatto residente.

Partendo dal presupposto che un gatto frega sempre un umano, ci precipitiamo in mansarda: il vetro esterno (non lavo frequentemente i vetri) della Velux è pieno di impronte feline. Indi ha 14 anni e una notte sul tetto potrebbe costargli cara.

Quello che è accaduto dopo non è carino da confessare. La scrittrice per ragazzi, io, quella figura rassicurante cui professori e genitori affidano i ragazzi e che guida un gruppo di lettura in biblioteca, spunta dalla finestra del tetto fino al busto; ben visibile nel quartiere, come un campanile; scarmigliata, in canottiera, con un filetto di sgombro sottolio penzolante dalle dita (vera leccornia per il felino residente) e chiama: « Indi! Micio-micio! Pappa buona!!!»

Il caro vecchio Indi dopo la sua notte brava, di tornarsene a casa proprio non ha voglia, passeggia e miagola stando alla larga dalla mia finestra (e io sul tetto non ci salgo di certo). È in ottima salute e punta i piccioni. Me ne vado e lascio lo sgombro in un piattino in mansarda. Poiché, in fondo, io sono l’umana  e lui il gatto, appena si sente al sicuro ed entra a mangiare (meglio lo sgombro sottolio che il piccione da spennare), chiudo la finestra e lui è rimane dentro. Fregato. Chi la fa l’aspetti.

Indi – Indiana Jones

Resta solo da appurare se il nostro ex-gatto Dalì volesse avvertirci che il padrone di casa era rimasto chiuso sul tetto o fosse solo invidioso della cosa. Ai pazienti vicini l’ardua sentenza.

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Come convivere con un cane stalker e con l’arte di non saper cucinare

I border collie sono cani dalla forte personalità e dall’appetito insaziabile. Brik oltre a essere insaziabile ha un gusto da chef 5 stelle. La mia vicina di casa è un’ottima cuoca, io no. I suoi profumini sono da sempre una condanna per la mia famiglia. Brik aveva accuratamente scalzato un tratto di rete di recinzione tra le nostre case e si presentava a pranzo e a cena dai vicini. I cani dei vicini avevano sempre nelle ciotoline piccoli assaggi di manicaretti: penne al tonno, polpette, salmone alla griglia, ma i border sono veri assaltatori e i poveretti non facevano a tempo a mettere il muso nelle ciotole che un ladro gentilcane già se ne stava tornado a casa leccandosi i baffi.

Di comune accordo, per mantenere saldi i rapporti di buon vicinato abbiamo sostituito la rete di recinzione con una ben ancorata al terreno e alta un metro e ottanta. Brik ha studiato la questione a fondo, ha misurato a lunghe falcate la nuova recinzione, si è alzato sulle zampe per verificarne l’altezza. Ha fatto i suoi calcoli: il tempo di scavalcamento superava di gran lunga la permanenza dei manicaretti nelle ciotoline. I  cani dei vicini sono lenti, non fessi.

Brik ha cambiato tattica. Si mette in posizione strategica in modo da fissare attraverso le maglie della rete il tavolo da pranzo dei vicini che con la porta finestra aperta è perfettamente visibile. Tenta la strada dell’ipnosi e funziona. La vicina cede e si alza a portagli un bocconcino. Lui sbava e la guarda riconoscente (che se lei non ci conoscesse potrebbe chiamare la protezione animali tanto sembra affamato). La vicina gli porta pezzettini di formaggio e lui ama il formaggio. Ogni pasto un po’ di formaggio. I border sono imperiosi nel governare le proprie pecore. Sulle prime con un mezzo abbaio richiamava l’attenzione dei commensali vicini di casa, adesso abbaia imperioso che si alzino a foraggiarlo di formaggio.

Prima ero imbarazzata che se ne andasse a suo piacimento dai vicini, adesso che usi ad arte la tecnica dello stalking.

Oggi il profumo che arrivava dalla casa accanto alla nostra era da alta cucina e la pasta al pomodoro nei piatti dei miei figli faceva una magra figura. Si sono guardati, i figli, e poi hanno guardato Brik. Credo desiderassero essere border collie.

 

English versione:  How to survive to a stalking dog and the art of being unable to cook

 

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Il mio cane ha un blog…

Mentre passo davanti al banco macelleria resto affascinata da una massaia che discute di come si affetti la carne perché resti morbida. Descrive la macabra scelta del coltello, il verso giusto per tagliare il muscolo, elogia il sanguinate trancio di animale morto che tende la plastica della confezione. “Le serve anche l’osso?” chiede gentile il macellaio “…e lei” dice a me “vuole gli ossi?” M’irrigidisco. Parlano di cani “Lei ce l’ha il cane?” Annuisco e penso a quella scrittrice che legge la mamma giallista, quella che ha tutti titoli pieni di ossa. Non dico che il mio cane ha un blog. Scelgo timidamente un pezzetto di ginocchio di mucca, pensando poi di buttarlo. A casa mentre metto a posto la spesa, Bryce fiuta l’osso e scodinzola allegro. Rimango interdetta e glielo allungo. Lui lo appoggia a terra in giardino, lo fiuta, pare deluso. Mi guarda come a dire: “Non è caciotta?” Però lo rosicchia, ci prende gusto e infine fa una buca che potrebbe contenere un osso di dinosauro e lo seppellisce. Quindi ci ripensa e lo tira di nuovo fuori impanato di terra, lo ciuccia e poi ci si sdraia sopra. Piove. Il giardino pare abitato da una famiglia di talpe giganti. Io non cucino e il mio cane ha un blog.

“Per gustare al meglio un osso di ginocchio di mucca lasciarlo decantare una notte intera sotto uno strato di ameno 20 cm di terriccio umido, preferibilmente bagnato con acqua piovana poiché il pulviscolo atmosferico contenuto nelle gocce esalta il sapore ferroso dell’osseina. Estrarlo al mattino, scrollarlo dolcemente per eliminare il terriccio superfluo e, se avete un palato davvero esigente, consumatelo in posizione semi-sdraiata sul divano buono nel salotto del vostro umano.” (Cit. Bryce)

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Bottega del macellaio di Annibale Carracci, 1585

 

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… camminare in montagna con un cane

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Camminare con un cane mi piace, in montagna è speciale. Non ho mai amato gli estremismi, dove posso andare con un cane per me va bene, nessuna ferrata o altro. Certi sentieri m’intimoriscono, è giusto così: la paura ci rende più vivi. Il coraggio non ha nulla a che fare con l’incoscienza. Mi piacciono i rifugi montani, come le chiese, quando non c’è gente: ci si guarda intorno, si riposa, si scambiano due parole col gestore, due, non di più, se è un vero montanaro. Quando si conosce il suono del silenzio si sanno scegliere le parole. Il mio zaino, aggiustato ma ancora affidabile, ha ameno dieci anni: l’onore più grande che si può fare agli oggetti è quello di usarli fino alla fine. Penso valga anche per la vita. Ho sempre odiato gli sprechi.

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Rieducazione ai festival letterari…

IMG_4472 (3)Ieri Bryce era di nuovo a un festival letterario dopo due lunghi anni di assenza. Dal, purtroppo famoso, morso del psico-pitt-bull, Brik non ama la folla e s’innervosisce. Ieri non è andata male, anzi, il border è sulla buona strada per tornare a essere il mio accompagnatore ufficiale. Certo che, seduti in posizione laterale, vicini vicini, i nostri pensieri dibattevano, mentre la mia mano accarezzava la sua pelliccia sul petto e sul collo con fare intimidatorio.

Un esempio di dialogo amorevole e silenzioso tra noi:

Iose abbai ti chiudo il blog, ti compro crocchette da supermercato e ti scordi il campo da agility.
Luinon avresti mai il coraggio
Iomettimi alla prova
Luifaccio quello che voglio: sono un figo, bello e impossibile
Io…e io la prossima volta ti lascio a casa
Lui – ...e io scavalco la recinzione, vado dai vicini e ripulisco le ciotole dei loro cani
Io…e io non ti regalo più la crosta del grana e non ti faccio più i “cerca” con la caciotta.
Luiargomento convincente, taccio. Maledetta umana dispotica…

 

Un piccolo passo avanti verso una socialità senza paure e un grande passo per tornare a essere noi… Umi&Brik anche ai festival letterari che sono il nostro lavoro e la nostra passione!

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Torri Del Benaco – Lago di Garda – Aperitivo con l’Autore 2016 – Librerie Biblos e Terra di Mezzo – 29/07/2016 Gabriella Genisi con “Mare nero”, Sonzogno Editore

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… è tutta questione di naso! … it’s just a matter of nose!

WP_20151111_09_23_57_ProBryce al parco gioca con la sua pallina. Gli chiedo di stare fermo, la lancio e lui potrà andare a recuperarla solo quando io dirò: OK!!!

At the park Bryce plays with his  ball. I ask him to stay, I throw it and he can go to fetch it only when I say: OK!!!

E’ inverno pieno, ma il freddo quest’anno è arrivato tardi. Un tappeto di foglie morbide di bruma, gialle, rosse e arancioni ricopre il terreno. Arriva un Beagle femmina. Una simpatica cagnolona sovrappeso e allegra. Tiro lontano la pallina e Bryce corre a cercarla. Si lancia all’inseguimento, salta, affonda nelle foglie, si rotola e infila il naso nell’erba alla ricerca della sua preda di caucciù.

It is midwinter, but the cold arrived late this year. A carpet of soft, misty, red, yellow and orange leaves covers the ground. A female beagle arrives. A nice, overweight and cheerful dog. I throw the ball far away and Bryce run to search it. He gives chase, jumps, sinks in the leaves.  He rolls and sticks it’s nose to the grass searching its rubber prey. 

Arriva Wendi, la Beagle, al trotto e senza neanche abbassare troppo il naso sul terreno segue le tracce della pallina. Bry ha sollevato terra e goccioline di bruma con la coda a spazzola e allegro perlustra tutto intorno: gira e rigira e cerca. Fiuta e s’accanisce nella caccia come un lupo nel bosco. Wendi non devia il percorso, che sa già essere il più breve per arrivare alla pallina, e non ci mette neanche dieci secondi a scovarla sotto il fWP_20151111_09_23_48_Proogliame e a prenderla in bocca. Con occhi dolci e orecchie morbide come una cascata di capelli castani guarda Bryce: se non avesse la pallina tra i denti si potrebbe pensare che sorrida.

Wendy, the beagle, arrives trotting and even without lowering to much her nose to the ground, she follows the ball’s tracks. Bryce lifts ground and mist drops with his brush-shaped tail and cheerfully scouts all around: he turns and turns and searches. He sniffs and insists hunting like a wolf in the wood. Wendy doesn’t change her route, that she knows to be the shortest one to the ball. She needs less than 10 seconds to find and take it in her mouth. With sweet eyes and soft ears that remind a soft cascade of brown hairs, she looks at Bryce: if she hadn’t the ball in her mouth you could think she is smiling.

Lui si immobilizza: coda ritta, posa plastica e negli occhi una muta domanda: “Ma dove diavolo era intanata quella furbissima pallina? L’ho cercata ovunque!”

He Stands motionless: straight tail, proud pose and a silent question in his eyes: “But where on earth was that smart ball? I looked for it everywhere!”

Caro border, è tutta questione di naso!

Dear border, it’s just a matter of nose!

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è solo un cane … ?

E’ solo un cane. Già, non mi piace umanizzare gli animali, nonostante oggi venga naturale: cartoni animati, libri, giochi, è facile dimenticare la scienza che si chiama etologia e giocare con la fantasia. Lo faccio io stessa sul blog! Eppure, nonostante cerchi di tenere i piedi per terra e la testa sulle spalle, non riesco o non stupirmi di certi comportamenti di Bryce.

Metto a scWP_20151031_09_18_25_Proaldare una fetta di pizza sulla piastra e dico a mio figlio di servirsi. Passano dieci minuti e poi quindici e lui immerso nei suoi pensieri (compiti/musica/chat) si dimentica della pizza. Bryce, che aveva attentamente seguito la vicenda, si alza delicatamente sulle zampe posteriori, afferra il bordo della pizza e porta la fetta al fratello umano. La depone ai suoi piedi e lo guarda. Sembra voler dire: La mangi tu? Se non ti va, me la pappo io! Avrebbe potuto sgraffignarla e mangiarsela: è solo un cane. Non l’ha fatto. Intelligenza, senso del branco, fame atavica sopita? …chissà.

Resta il fatto che questo comportamento mi ha stupito e affascinato allo stesso tempo. Vorrei sapere cosa ha attivato quel comportamento nella testolina di Brik, ma mi accontento di guardare i suoi occhi color ambra che raccontano mille storie e il suo muso alla stracciatella con la lingua penzoloni che sembra ridere. E’ bello sapere che lui si senta parte della famiglia, ops del branco.

Alle volte mi capita di pensare che sebbene io non sappia leggere nella mente di Brik, lui e gli altri cani o i gatti in generale, sappiano invece farlo con noi umani. Sarebbe curioso se loro capissero le nostre parole o i nostri sentimenti e noi invece non riuscissimo a decifrare il loro comportamento. Sarebbe buffo arrivare a scoprire che quelli evoluti sono proprio loro!

Sto scherzando, ovvio… oppure no?

Canide felinamente affondato nel divano

English version: He’s just a dog…?

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Con un sassolino nella scarpa…

Bryce zoppicava, quindi siamo andati a trovare il vet.

Subito il border ha ribaltato la sala d’attesa dello studio veterinario perché era entrato un boxer pericolosissimo, a suo dire, un pitbull travestito da boxer che avrebbe fatto strage dei pazienti in attesa, triturando pure le gabbiette dei gatti. Ma il valoroso border ha dato l’allarme, e lo hanno sentito in tutti gli studi veterinari del Veneto.

Dopo essere stato isolato in una stanzetta perché considerato un millantatore (pare che il boxer in questione strabuzzasse gli occhi e continuasse a balbettare uggiolando “… ma chi io?”) si è lasciato visitare e la vet gli ha estratto dal cuscinetto della zampa ben tre sassolini senza sedarlo. Un assistente teneva stretto il border e lui senza neanche un fiaschetta di whisky o un legno da stringere tra i denti, ha sopportato stoicamente il dolore. Un vero atto di eroismo.

Fasciato, ora indossa una elegante scarpetta da cane da slitta. Molto trendy tra i cani. Quando cammina fa toc toc toc a ogni passo come fosse il Long John Silver dei border, ma per chi ama i pirati non è un problema… diavolo d’un capitano Flint dove hai nascosto l’osso?WP_20150721_10_32_10_Pro

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Dottor Dalì e mister Ago

I gatti son bestie ben strane. Andarci d’accordo significa essere persone aperte e disposte ad accettare un rapporto di amicizia tollerante e non esclusivo. Salvador Dalì, il gatto che mi appartiene solo sul suo libretto sanitario, è sempre stato malaticcio e considerato un tipo non troppo intelligente. Dalì arrivò in un Natale freddissimo, ancora cucciolo. S’acciambellò fuori, al lato della porta d’ingresso, e lì rimase. Gli portammo del cibo ma non mangiò.

Allora non potevamo sapere che i gatti del quartiere lo avevano ben istruito: “Anche se hai fame non mangiare, ti verrà l’acquolina in bocca ma tu resisti. Solo così ti porteranno dentro al caldo e ti daranno cibi squisiti e non avanzi.” “Vale la pena”, insistevano loro e quello resistette.

Fu curato come un principe, vaccinato e sfamato e, illusi noi, pensavamo che fosse per natura un po’ sciocco.WP_20150709_09_12_52_Pro

Tempo fa appresi che il grande giardino dei miei vicini di casa è una specie di circolo ricreativo per gatti. Puoi incontrarci Amilcare, dal pelo lungo e con l’aria da lince; Coda Mozza, il cantore che vaga per i giardini miagolando a squarciagola (è l’unico non sterilizzato della zona, non si sa se canti per disperazione o cerchi ancora moglie dopo quasi un anno); il bianco Pelo Lungo, il nuovo giovane Grigetto, Indiana Jones (che vive con la mia famiglia) e Dalì, detto da noi Peda (da pedalino, calzino in romanesco) oppure detto Ago (da agonia) dai gestori del circolo ricreativo nonché suoi cari amici.

Insomma noi eravamo conviti che chiamando Dalì, Peda, Ago con ben tre nomi, il poveretto avesse le idee confuse, sebbene Bryce sapesse benissimo come il Rosso (già, lo chiamiamo anche così) avesse tre nomi, pardon quattro. Immaginate la mia sorpresa quando appresi dai miei vicini di casa che era una specie di boss. In realtà il furbo Dalì se la cavava male con l’onomastica, ma era il capo indiscusso del circolo ricreativo.

IMG_6509 - CopiaVideo alla mano il dottor Dalì o mister Ago, scaccia a zampate gli altri iscritti al circolo e quelli abbassano lo sguardo e voltano la coda al solo vederlo da lontano. E’ il primo ad abbeverarsi o a sgranocchiare crocchette offerte dagli umani del circolo ed è l’unico che può scegliere il posto al fresco sotto la siepe. Lui con le zampe davanti corte (eredità materna), la coda lunghissima (eredità paterna), con gli occhi da Manga e il granuloma felino è una feroce tigre temuta dagli altri gatti.

Pare porti rispetto solo a Indiana (forse perchè da lui apprese l’uso della magica gattaiola di casa mia e probabilmente si considera il suo giovane padawan), lo incensa di leccatine sul muso e gli gorgoglia miagolii di accoglienza appena lo vede. Effettivamente Indiana Jones, bianco, lustro e muscoloso (grazie alle crocchette solo pesce senza carboidrati aggiunti) è il boss di tutti i giardini, antipatico e testardo come nessuno. 

Sarà perchè ormai Dalì-Peda-Ago-Rosso ha capito d’essere stato smascherato, però, qualche giorno fa, mi è venuto a trovare e dopo una lunga lamentosa overture si è mostrato fortemente claudicante. Si è lasciato visitare, ha atteso che facessi l’ennesima avvilita telefonata al vet e poi ha ingoiato di buon grado l’antibiotico. Sia chiaro che essendo estate, lui vive al circolo ricreativo quindi trovarmelo a casa è stata una sorpresa. Dottor Dalì o mister Ago è stato subito meglio e quindi ho dovuto anche contattare i vicini di casa, gestori del circolo, per terminare la cura con il loro aiuto.

Posso solo aggiungere che qualche notte fa me lo sono ritrovato sul letto, profuso in fusa e in dolci pestatine di zampe sul mio braccio a ricordare quando appena nato spingeva con le zampine sulle mammelle materne per stimolare l’uscita del latte. Alto gradimento nei miei confronti, quindi?

Non credo: i gatti sanno anche essere educati, ringraziano.

Vedi anche: Il potere delle storie (un altro punto di vista)

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L’imbarazzo di un cane… Embarrassment…

Stamani al parco grande divertimento con il frisbee!

Brik lo prende al volo, lo riporta, lo molla e, poiché si tratta di un disco morbido, nei momenti di pausa lo mordicchia e lo uccide. Nulla di tecnico o troppo serio: solo gioco! Dopo tante corse il giovane brik raggiunge la fontanella per abbeverarsi. Per aver la bocca libera abbandWP_20150625_13_02_43_Proona il disco e lappa l’acqua fresca con piacere. Dopo la bevuta gli viene naturale un bisognino fisiologico e con mira da cecchino centra il suo disco che si trasforma, voilà, in pitale.

Una scrollata al pelo umido di rugiada mattutina e Brik è pronto a riprendere il gioco ma quando fa per recuperare il disco si ferma imbarazzato. Punta la situazione e si sdraia senza distogliere lo sguardo dal suo frisbee magicamente trasformato.

Orecchie ritte, lingua penzoloni e corpo affondato nei fiori e nell’erbetta: il giovane brik è diventato una statua di sale e quindi tocca a me togliere il border di nobili origini dall’imbarazzo!

So much fun with the frisbee this morning at the park!

Brik makes a flying catch, he holds it, he let it go and as it is a soft disc, during the pauses he chews and kills it. Nothing technical or too serious: only playing Today! After many runs the young Brik reaches the standpipe to drink. To free his mouth he leaves his disc and laps fresh water with pleasure. After drinking he has to dispatch a physiological need and like a sni per he hits the center of theWP_20150625_13_02_54_Pro disc that suddenly becomes a chamber pot.

Shaking his humid hair from the morning dew Brik is ready to play again, but when he tries to take his disc he stops sheepish. He focuses the situation and Lay down without diverting his glance from his frisbee so magically transformed.

Standing ears, dangling tongue and body sunk amid the grass and flowers: the young Brik becomes a piller of SALT and therefore it’s my turn to relieve the aristocrat border from embarrassment!

 

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Regali del tempo… Time gives you memories…

Il tempo è ilcome bene più prezioso. Solo il tempo svela i veri amici. Il tempo cambia, aggiusta, intona persone e persone, persone e luoghi, persone e animali. Conoscersi porta, col tempo, Border e Umano è muoversi con lo stesso passo. La routine diventa la conferma che viviamo insieme gli spazi e che possiamo affrontare insieme i cambiamenti.

Time is the most precious asset of all. Only time reveals true friends. Time changes, mends and matches people and people, people and places, people and animals. To know eachother brings, as time goes by, border and human to move at the same pace. Routine confirms that we live together spaces and that we can face changes together.

Il tempo scorreva veloce mentre io e il brik camminavamo per le vie del paese. Avevamo incontrato di nuovo l’uomo con il pitbull che quasi staccò l’orecchio a Bryce, ed era stato proprio lui a indicarmelo ringhiando. Anche questa volta era scappato, il vigliacco, non appena ci aveva riconosciuti e mi sentivo tremare, presa dall’indignazione e dalla memoria della paura. Allora il mio cane saggio camminò al mio fianco per quasi due ore e indiana jons da piccolola tensione si sciolse, la paura sfumò.

Time went by quickly as Brik and I were walking through our city steets. We met again the man and his pitbull, the one who almost tore away Bryce’s ear; and it was a growling Bryce to point him out to me. And once again that coward went away as soon as he recognised us and I shook full of indignation and scaring memories. Then my wise dog walked next to me for about 2 hours until tension melted away and fear faded away.

Il tempo scorreva lento quando, andando verso il campo di agility, passammo con la macchina su una stradina sterrata piena di buche e io rallentavo a passo d’uomo. Bryce era impaziente di scendere per correre tra gli ostacoli, si agitava, mugolava e quindi dal sedile di dietro mi allungò una leccata sull’orecchio: “Umi andiamo così piano che torniamo indietro nel tempo… ”

Time went by slowly as driving to the agility ground we passed on a rough road full of holes and I slowed down to a crawl. Bryce was impatient to get out to run among the obstacles. He fidgeted, moaned and therefore from the rear seta he licked my ear: “Umi we go so slowly that we are going backwards in the past…”

Il tempo regala ricordi.

Time gives (you) memories.

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Siamo tutti social? Oh yes!

Rileggendo la vita sociale animale …

Il felino rosso quando è rientrato in circolazione, dopo la malattia che lo ha tenuto lontano dai giardini per quasi un mese, era consapevole d’essersi giocato i territori. I gatti del quartiere vivono da sempre una grande partita a Risiko. C’è la partita a scacchi con personaggi viventi, chi come Alice si ritrova davanti la regina di cuori delle carte da gioco e chi si muove su un immaginario grande tabellone dove al posto della kamchatka c’è il giardino del civico 12, al posto dell’Alberta c’è il cortile del signor Alberto e gli scivoli dei garage delimitano i continenti. Quindi il Rosso ha perso tutti i carrarmatini annaffiati due volte al giorno con puntualità e conquistati a sfide di 6 graffi dati e 3 zampate prese che, come ogni giocatore sa, fa 3 ciuffi di pelo strappati rimasti sul territorio, ormai diventato di Codamozza. Tutto da rifare per il Rosso.

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Bryce, invece, quando esce a camminare, ogni tanto si ferma e annusa a lungo un determinato posto. Perchè? Ha trovato un segnale olfattivo preciso, un messaggio e quindi un accreditato POST canino. Si può andare oltre oppure schizzarci su un bel LIKE: sta a Brik decidere! Anche Bryce, ovviamente, lascia i suoi popò di post, ma purtroppo vige un severo controllo della privacy e vengono rimossi. La cosa non è uguale per tutti gli utenti canini, alcuni mollano post oltraggiosi, ma per gli amministratori pare siano rispettosi delle regole del vivere civile! Ecco, in questo caso non c’è una grande differenza tra il social network canino e quello umano. I post rimossi lasciano comunque strascichi di polemiche interessanti per un tartufo in attività. Esistono post canini finti, perfettini, quelli tutti condividi e sorridi; ci sono quelli maleodoranti, che Bry nemmeno annusa e fa pure un saltello per evitarli; infine si trovano post con sassolini ed erbetta dentro, nature, spontanei. Esistono anche i post “solo amici” (maschile-plurale), sui quali Bryce sbava, sono quelli con gli occhiali da sole sulla testa e la bocca a cuore o meglio: a culo di gallina. Sì, perché la foto di profilo di un cane è senz’altro il suo deretano e tra i quattrozampe un’attenta annusata al profilo social indica con certezza età, sesso, umori più o meno manifesti e… dieta seguita. Insomma, un colpo di naso e si capisce tutto di chi si ha davanti. Che fortuna!

Mi auguro solo che il gatto Indiana Jones non lanci un Tweet, per il resto: be social!

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selfie

P.S. Questo articolo è riassunto di una conversazione surreale avvenuta durante una cena con i miei figli. A loro il merito di avermi fatto tanto ridere!

P.S. Disegni della nonna gattofila!

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Un lavoro ben fatto.

Ho sempre pensato che amare voglia dire anche conoscere. Quando presi Bryce capii subito che tra noi c’era un’empatia speciale. Scattò la sete di conoscenza: scoprire i segreti della sua razza, capire il perché dei suoi comportamenti, penetrare il suo modo di essere e di pensare. Libri, video, articoli, amici cinofili furono fonte di conoscenza. Sentii ripetere spesso che se togli “il lavoro” ai border, togli loro qualcosa d’essenziale. “Lavoro” inteso come controllo delle pecore nelle fattorie, il cui surrogato può diventare, per esempio, l’agility.

Giovedì, alla OLYMPUS DIGITAL CAMERAfine dell’allenamento Bryce era stranamente appagato, come se avesse dato a se stesso e al suo compagno umano, quello che doveva in termini fisici e mentali. Non l’ho capito subito. A casa, ha cenato e gli umani hanno cenato; ha aspettato che stendessi i panni, chiudessi il computer, mi lavassi i denti e alla fine era con il muso appoggiato sul letto: “Guarda che mi casca la mandibola dal sonno ma sono in stand-by”. Già, di solito se ne va in cuccia e buona notte ai suonatori. Quando mi sono messa sotto le coperte, lui è salito accanto a me e, girandosi a pancia all’aria, si è strofinato alla mia mano in cerca di carezze con quel suo atteggiamento da cangatto. Non lo aveva mai fatto, non è uno sdolcinato. Mi ha guardato con la testa sottosopra e ha strizzato gli occhi. Direte che sono fantasie, che è il mio solito mescolare vita e storie, ma sono convinta che in lui ci fosse gratitudine e io ho capito quanto vere fossero quelle parole sentite ripetere tante volte. Era felice di sé, appagato: si sentiva il cane che doveva essere, grazie a quei giri di agility e a un lavoro ben fatto.

Forse solo chi conosce i border, esseri eccezionalmente complessi e sensibili, mi crederà e la comunicazione tra uomini e animali è una percezione labile, ma il dialogo tra esseri diversi rimane comunque una conquista straordinaria e gratificante.

Concludendo, pare che i border si leghino in particolare al conduttore di agility: Bryce ha scelto mio figlio come conduttore, ma a me è venuto a raccontare la sua felicità da border. Uomini e bestie hanno capacità infinita di dare amore.

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… non di solo Brik!

C’era una volta un gatto mezzo bianco e mezzo rosso, gli fu messo nome Dalì perché scivolava giù dalle poltrone e dalle sedie come i celeberrimi orologi del famoso pittore Salvador. Arrivò malaticcio e fu curato, rimediò malanni vari e tonò sano e infine si prese un morso che diventò un ascesso lasciandogli sulla spalla un buco grande come una moneta da due euro. Fu ricucito e fece convalescenza per venti giorni in una casa grande con un bel balcone fiorito, coccolato da una nonna, con ciotole piene di crocchette della miglior qualità e l’aggiunta di pasti freschi e sfiziosi, ma la tristezza velava i suoi occhi. Finalmente venne il giorno che poté nuovamente uscire in giardino, andare a trovare le famiglie di cui era amico, salire sugli alberi e cacciare per portare generosi doni ai suoi tanti umani.

Sono affezionata a quel gattoOLYMPUS DIGITAL CAMERA indipendente dalla salute cagionevole. E’ bello vederlo con il pelo bianco lucido e le macchie rosso ramato che catturano i raggi del sole. Sarebbe un gatto da tenere in casa, al sicuro, pulito e protetto. Eppure la  sua tristezza casalinga la dice lunga: meglio libero, sporco, graffiato e forse da curare di nuovo ma felice. Lui fa fusa gorgoglianti, miagolii graziosi e adora dormire in braccio ai suoi umani, ma è nato randagio e non vuole rinunciare alla terra, alle cortecce degli alberi per farsi le unghie, all’aria umida del primo mattino che gli fa gonfiare il pelo.

Chi ama i gatti sa che per loro ci vogliono intenzioni superiori, bisogna saper voler bene senza possedere, non sempre ne siamo capaci, possiamo a imparare.

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Cavaliere fidato o fata madrina?

Non è sempre facile vivere con un cane, con un border è ancora peggio. E’ da un po’ di tempo che Bryce incontra altri cani e quelli gli ringhiano o gli abbaiano contro. Lui alle volte risponde, altre smoscia la coda e guarda altrove. CominOLYMPUS DIGITAL CAMERAcio a pensare che sia un tipo antipatico e bisogna ammettere che i border sono un po’ supponenti. Insomma hanno la sindrome dei primi della classe e non solo nei confronti degli altri cani.

Dunque, io apro gli occhi al mattino, mi alzo (e di questo abbiamo già parlato … Buongiorno 🙂 ), ma mentre sto scendendo al piano di sotto, arrivata a metà scala, il border che mi precede s’inchioda e mi guarda: “Hai preso il telecomando per disattivare l’allarme?” Clicco e al bip lui procede verso la cucina. Se il fratello umano più giovane non si alza, ci pensa lui a buttarlo giù dal letto e quando esce lo segue con lo sguardo sino alla fine del vialetto di casa, dovesse mai perdersi! Quindi, NOI dovremmo prepararci per l’abituale passeggiata, ma prima, di solito, controllo mail, social e blog e aspetto le otto per la consueta telefonata mattutina alla nonna. Alle otto, puntualmente, qualcuno mi ricorda che sono le otto e poi si piazza davanti alla porta del bagno: non sia mai dimenticassi che prima di uscire ci si lava. Se decido addirittura per una doccia, Brik crolla muso a terra perché usciremo con un po’ di ritardo e se la doccia si prolunga arriva pure un abbaio perché l’acqua non si spreca. Inutile dire che, in una stanza da bagno che non è un salone da ballo, per circolare bisogna scavalcare un border (anche questo è ostruzionismo: pacifico sit-in da bagno). Al rumore del phon il border alza la testa, cioè si desta all’ultimo atto e applaude a codate perché finalmente si potrà uscire. Mi guida a prendere la giacca e le scarpe neanche fosse un cane per non vedenti e finalmente siamo fuori.

Al rientro a casa accendOLYMPUS DIGITAL CAMERAo il computer e mentre mi preparo una tazza di tè da portarmi sulla scrivania, qualcuno al gusto di stracciatella ci si è già accucciato sotto. Quando finalmente mi siedo, mi guarda interrogativo: “Ma, stamani, non dovevi scrivere un articolo per il mio blog?”. Poi si acciambella e finalmente può riposare. E’ un border, i border, si sa, sono cani da lavoro e il suo è un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo.

P.S. Se avvertite una leggera ironia in questo articolo, non fateci caso è un vezzo: mi fa piacere avere sempre accanto un’ombra alla stracciatella che scodinzola allegramente, con la pelliccia morbida da accarezzare e con gli occhi color ambra accesi di curiosità. Cavaliere fidato o fata madrina? Fate voi, io sono solo felice d’aver incontrato border Brik!

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Cappuccettorosso, il lupo e la nonna

Sono in macchina con il bricchetto e la nonna, passo davanti a un supermercato e decido di fare una veloce spesa. Parcheggio. La nonna ha appena comprato una rivista e sceglie di aspettarmi in macchina leggendo, il bricchetto si sdraia rassegnato sul sedile di dietro: la parola “spesa” è odiosa per me come per lui, ovviamente nei supermercati non può entrare. Quando sono dentro incontro un’amica di libri e di cani, intasiamo la corsia di chiacchiere per cercare di raccontarci tanto in breve. D’un tratto mi ricordo dei due fuori che mi aspettano, cerco di concludere la spesa in fretta e intanto telefono e avviso: “Sto facendo più tardi del previsto!” La risposta mi gela: “Nessun problema io e il brik siamo usciti e ci siamo messi al sole”. Sbianco: il predatore assassino di auto è al guinzaglio con la nonna gattofila nel grande parcheggio di un supermercato. Mollo il carrello e mi precipito all’uscita. Il tiratore scelto, lo sfondaspalle, il border da slitta e la piccola nonna sono soli nel parcheggio tra i viavai delle macchine. Quasi salto la sbarra di una cassa chiusa aspettandomi di trovare tante macchioline di stracciatella spiaccicate sull’asfalto e un’ambulanza per la nonna rotta e sbertucciata. La trovo, invece, appoggiata a un muretto con il guinzaglio molle tra le mani e davanti a lei c’è un border seduto elegantemente. Le auto passano alle mie spalle. Il border scodinzola: noblesse oblige e mi guarda come a dire: “Nessun problema, ho portato fuori la nonna e ci siamo messi al sole.”

Più tardi il coetaneo umano del border mi spiegherà: “Se la mamma è dispersa (nel supermercato) e ho pure la responsabilità della nonna, io non gioco certo alla playstation.”

Non so quanta verità etologico/cinofila (videogioco=predazione-auto) ci sia in queste parole, ci sto riflettendo, ma una cosa è certa: tra coetanei ci si capisce. E poi come non gioire del fatto che se dovessi disperdermi i miei figli rinuncerebbero alla playstation? Medito.

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Il potere delle storie

Alle volte ci si ferma a riflettere e ci si guarda dentro e fuori…

io cosa vedo?

Vedo un’umana strampalata che crede ancora alle storie e va a camminare con un cane figo101_1023. Poiché il cane figo è “avanti” e ha avuto un imprinting futurista, preda le macchine e non le pecore. Un border così va impiegato in fattoria, darebbe il meglio, oppure dovrebbe essere un cane sportivo a pieno regime, sarebbe un campione, ma la Umi gli ha aperto un blog. La Umi adora il border alla stracciatella e s’incanta davanti alla sua gioia di vivere, alla sua dolcezza di cane. La Umi vorrebbe e non vorrebbe domare quello spirito selvaggio che pervade il cane quando segue un odore nel vento (trascinandosela dietro), quando scalpita (staccandole il braccio) per raggiungere il parco. La Umi, allora, cerca di usare l’unica arma che conosce e adopera da sempre: le storie e dà voce al border su un blog. Vorrebbe e non vorrebbe, forse è per questo che non riesce a imporsi e gira con la tasca della giacca piena di bocconcini per il rinforzo positivo, pezzettini di caciotta odorosa. Il nobile quadrupede è allergico a tutto tranne che al pesce, le patate e il formaggio: girare con le sardine sarebbe troppo e nessuno farebbe nulla in cambio di un tubero. La Umi premia il border quando attraversa elegante, al piede, sulle strisce pedonali: la pelliccia bianca del petto sbuffa fuori come uno sparato troppo stretto mentre i suoi occhi color ambra la guardano avidi di caciotta. La Umi intanto ripensa a quella vecchia zia con la mentalità d’una volta che diceva: “Portare sempre biancheria intima pulita, che se succede qualcosa e ti portano in os101_1009pedale…” Ecco, se succedesse qualcosa alla Umi e dovessero spogliarla la troverebbero con una tasca piena di pezzetti di caciotta. Semmai la visitasse un patologo da detective story potrebbe costruirci un giallo noir: la feticista della caciotta… mah! (la lingerie è pulita, però)

Insomma, tornando a noi, gli addestratori dicono che ci vuole pazienza, perseveranza e coerenza (…le tre regole d’oro per fare l’autrice di narrativa per ragazzi, ma-guarda-un-po’!) però la Umi crede soprattutto nelle storie e quando il brik la fa davvero arrabbiare lo minaccia con sguardo severo: attento che ti chiudo il blog!


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Osservazioni quasi scientifiche per stomaci molto forti

Nel posto dove vivo è arrivata un’ondata di cani. Non so se sia una nuova moda o amore, comunque te ne rendi conto perché al parco, sul viale, sui marciapiedi, davanti ai cancelli, sono fiorite delle cacche grandi, sode, belle, quasi finte.

Da ciò si deduce che i proprietari sono poco preparati in educazione civica, ma sono commercialmente ben attenti.

Allora parliamo di marketing utile: pubblicitari diamoci una mossa con le idee per vendere sacchettini da raccolta deiezioni! Per una volta potete rendere un servizio all’umanità. (Potete anche copiare da altro tipo di sacchettini, in merito ai quali vi siete sbizzarriti) Non sarà mica difficile? Sacchetti colorati, profumati, small o extralarge, con il nome del cane sopra come la Coca Cola, a guanto per praticità, biodegradabili per i vegani, con scritta la parola CACCA per far ridere i bambini educandoli al rispetto degli altri, col dispenser musicale che applaude e scampanella ogni volta che stacchi un sacchetto e infine quelli tecnici con sottovuoto integrato per le massaie impenitenti o per l’analisi delle feci. Sono certa che il neo amico del migliore amico dell’uomo non disdegnerà un nuovo accessorio fashion.

Per concludere, non me ne vogliano i cinofili, a me queste cacche così finte più che schifo fanno un po’ impressione e mi viene la nostalgia di quando i cani mangiavano gli avanzi di cucina: c’è poco da fare neanche le cacche son più quelle di una volta.

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Vignetta della nonna gattofila di Brik

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L’invadente metodo inventastorie

Incrocio un vecchio signore mentre mi trovo in centro paese con Bryce. I miei occhi scorrono velocemente la sua figura e si fermano sui guanti. L’anziano ha una chioma di capelli bianchi che contornano un viso secco e liscio. Ha occhi azzurri velati e rosse labbra sottili. Indossa un giaccone blu scuro su pantaloni e scarpe dai colori sobri, ma sfoggia un paio di guanti di pile rosso a quadri scozzesi. Sono un faro su quella figura anziana dai colori scuri.  Ecco come alle volte nasce una storia o un racconto, ecco come nascono le avventure del brik: da un piccolo spunto, un particolare che accende l’immaginazione.

L’anziano quei guanti li ha ricevuti per Natale. I ragazzi, mentre sceglievano il regalo per il nonno, d’un tratto avranno stillato: “Quelli! Quelli!” attirati dai colori sgargianti del pile tra i guanti da uomo un po’ seriosi, di lana o di pelle, neri, blu o marroni. “Ma il nonno non metterà mai una cosa del genere!” avrà commentato la mamma. “Sono belli, colorati, fanno allegria!” avranno replicato loro. Lei avrà sorriso pensando che sarebbe sciocco negare ai ragazzi la gioia di aver scelto il dono. E così i guanti in pile scozzese finiscono sotto l’albero di Natale della nostra storia e il nonno ride quando scarta il regalo e dice che non è più un ragazzino lui, ma in fondo è contento di quel dono un po’ bambino. Con pazienza tipicamente anziana li indossa quei guanti: al bar o al circolo dirà che è un regalo dei suoi nipoti.

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D’accordo è una storiella buonista e natalizia ma tenete conto che stavo mangiando una fetta di pandoro offerta dagli alpini, ero sotto stelle luminose che suonavano “Jingle bells” e il brik mi tirava a zig zag tra le gambe della gente per raccogliere briciole e leccare zucchero a velo. Avevo pochi secondi prima di filarmela perché il vigile mi puntava da lontano e sicuramente mi avrebbe chiesto la museruola, che non avevo, per il brik, quindi l’immaginario è andato sul facile.

Certo, il nonnetto poteva essere un cleptomane, i guanti avrebbero potuto essere del fratello, abile suonatore di cornamusa, ahimè defunto. Oppure avrebbero potuto essere stati fatti a mano dalla moglie che comprava scampoli di tessuto ma era finita ai domiciliari per molestie ai commessi dei grandi magazzini. L’anziano signore poteva averli comprati, trovati, rubati… in fondo cosa importa? Quello che conta è il gioco dell’immaginazione: l’invadente metodo inventastorie! Da quando ricordo, per me, è sempre mode on!

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Se c’è comunicazione oltre la parola…

Uscire a passeggio con il cane è un modo speciale di camminare. Sui sentieri di montagna, sulla battigia o per le vie del paese ammantate di nebbia: nulla cambia, è il camminare insieme che conta.

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E’ il passo, il ritmo, i pensieri che accompagnano l’andatura che danno senso al camminare. Il corpo si rilassa e la mente s’aggancia a quella del border, ogni pausa per annusare strappa una riflessione, ogni pisciata un pensiero liberatorio, ogni lettura concentrata di filo d’erba, cespuglio o pezzettino d’asfalto lascia il tempo per un vuoto rinvigorente e poi di nuovo passi che generano idee nuove o ricordi.Foto0696

 Solitudine e compagnia vanno a braccetto quando esci a passeggio con un cane, puoi guardarti attorno o guardarti dentro, allegria e tristezza s’avvicendano o si compensano, camminare diventa viaggiare con la mente, diventa un mantra fatto di passi a sei zampe che partorisce pensieri.

Alchimia speciale o immaginazione, chissà, eppure se c’è comunicazione oltre la parola…

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maledetta relatività

Quando hanno operato Bryce, il nostro vicino di cuccia era un caneOLYMPUS DIGITAL CAMERA da caccia molto abbattuto. Bryce era ancora addormentato, quello pareva non avere la forza di muoversi e io e l’altro umano ci siamo scambiati le rispettive preoccupazioni. Mentre l’uomo parlava capii che era un cacciatore e sulle prime, d’istinto, avrei voluto prendere le distanze o dirgliene quattro, ma poi lasciai stare: era così preoccupato e avvilito che non ne ebbi il coraggio. Mi raccontava di quanto fosse bravo il suo cane e di come l’altro, che aveva prima di lui, fosse morto giovanissimo di una brutta malattia. Portava un gilet da cacciatore, aveva un modo di fare un po’ rozzo e quel pudore da uomo fatto che non vorrebbe lasciarsi andare.

Quando sono andata con Bry al controllo, l’ho incontrato di nuovo. Era esultante “Guardi!” mi ha detto indicando il suo bellissimo setter che scodinzolava energico. “Il vet ha capito cosa aveva e lui staOLYMPUS DIGITAL CAMERA rispondendo bene alle cure!” Mi sono congratulata, felice per loro. Quell’uomo era un nemico per me, un cacciatore, uno che impallina uccelli e lepri e mi fa ribollire il sangue, eppure davanti a tanta felicità, a tanta empatia tra compagni non ho potuto che sorridere. Ci sono battaglie e altre battaglie e la vita ogni tanto scombina idee e circostanze.

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Piede sano in scarpa insana

Non è facile, alle volte non è facile. La mattina Bryce e io facciamo sempre una lunga passeggiata, ma giochiamo anche un bel po’. Ieri mentre zampettavo nell’area cani, sebbene avessi perlustrato la zona, ho inavvertitamente piantato il piede in una deiezione… e che deiezione! Non crema Chantilly e neanche salame di cioccolata ma l’impasto della torta alla ricotta, quello che lo devi spingere giù col cucchiaio nella tortiera. Bryce mi guardava invitante e scodinzolante con la Foto0272treccia da gioco in bocca, ma il mio sorriso era diventato una parolaccia. Intanto è arrivato pure un messaggio della mamma sul cellulare: “Aspetto-bar-se-non-ti-vedo-chiamo” (lei manda telegrammi non sms). Avanzo qualche passo con la mia zavorra al piede e cerco di mettere il guinzaglio al brik che, offesissimo per l’interruzione forzata, molla la treccia a un millimetro del mia scarpa da ginnastica incatramata. Cane agganciato, piede sollevato, corda umidiccia di bava recuperata e quindi digito al volo un messaggio: “Batteria scarica”. Se non rispondo la mamma va in ansia (rimaniamo sempre figlie anche se siamo madri attempate) e il mio cellulare si sta per spegnere. Guadagno la fontanella, mi sfilo la scarpa e metto la suola sotto il getto, ma devo cercare (saltellando su un piede solo) un rametto da usare come punteruolo perché l’impasto s’è cementato nel carrarmato della scarpa. Cosa darà da mangiare ai cani certa gente? Quale cibo viene trasformato da un intestino, tutt’altro che pigro, in escremento colloso a presa rapida? Vabbè, lasciamo perdere, infilo di nuovo la scarpa ormai bagnata anche dentro. Il calzino s’impregna e le dita del piede s’irrigidiscono. M’incammino verso il bar, piuttosto avvilita, con una scarpa che geme inzuppata d’acqua. A uno dei tavoli all’aperto, sotto un pallido sole mi aspetta il caffè caldo già ordinato dalla mamma (perché la mamma è sempre la mamma). Lei chiacchiera, brik mordicchia la sua treccia per far qualcosa e io mi scaldo le dita sulla tazzina cercando di recuperare un po’ di fiducia nei compagni umani dei quattro-zampe. La mamma con aria perplessa mi fa partecipe dei suoi pensieri: “Sai il mio cellulare è impazzito” La guardo bevendo un sorso di caffè forte e cremoso “L’ho caricato stanotte, ha tutte le tacche della batteria a posto ma mi è appena arrivato un messaggio che dice: “Batteria scarica”. Bevo un altro sorso di caffè, aggiungo un po’ di zucchero e muovo le dita intirizzite nel calzino bagnato. Bene: la mamma ha imparato a gestire l’ansia se non rispondo ai messaggi e il suo cellulare fa un baffo all’iPhone 6, manda sms.

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Medor e la ciambella…

Quando vivi con un cane, lui finisce per assomigliarti, Bryce, per esempio, è un animale da libreria, dopo aver leccato da cucciolo il pavimento di cotto di una libreria per ragazzi, per lui sono diventate un luogo familiare. In un grande Book Store del centro, mentre io scorrevo i titoli dei ripiani alti e lui quelli dei ripiani bassi, ha lanciato un abbaio metallico che ha fatto fare un bel salto a una signora travestita da visone. Ci siamo guardati e ho annuito: ben detto Brik! C’è poco da fare abbiamo gli stessi gusti: ci piacciono gli stessi posti e non ci piacciono le stesse persone. A Rimini al festival letterario Mare di Libri, Bryce, ha partecipato, composto e senza un abbaio, a numerosi incontri e si è preso pure con piacere le carezze di Stefano Benni. Nella biblioteca del paese dove vivo ha libero accesso e il bibliotecario gli dedica sempre qualche minuto e qualche coccola.

Medor (meticcio di fine Ottocento)
Medor (meticcio di fine Ottocento)

Diciamo che se il cane del mio bisnonno, Medor, andava a prendere il quotidiano con un soldo tra i denti, Bryce potrebbe andare a prendere e riconsegnare i libri in prestito con uno zaino da montagna assicurato sulla groppa. (Medor un giorno tornò senza giornale e così continuò per una settimana. Il mio bisnonno scoprì che con il soldo si comprava una ciambella da un ambulante!)

 

OLYMPUS DIGITAL CAMERAQuando leggo ad alta voce la storia che sto scrivendo, Bryce mi ascolta, e  sì, alle volte si addormenta pure. Ma il mio angolo studio comprende  la sua tana sotto la scrivania, mentre Indi, il gatto, dorme dove gli pare: nella scatola della raccolta della carta, tra le stampe, sulle mie ginocchia.

Storie e cani s’intrecciano nelle mie giornate portandomi pizzichi di fortuna. Tempo fa mi fermai sul sagrato della chiesa. Mi piacciono le chiese vuote e credo che ogni pensiero buono sia una preghiera. Ne uscì un uomo, ci guardò e disse: “Entra pure, sai quante volte mi sono trovato i cani in chiesa!”. L’ho riconosciuto subito: era il missionario che dieci anni prima, con i suoi racconti, mi aveva messo in testa proprio l’idea di una delle mie storie!

OLYMPUS DIGITAL CAMERA Da domani io e il brik pubblicheremo degli assaggi di lettura: libri che ci sono tanto piaciuti. Non necessariamente ci saranno recensioni, non sono un critico letterario, ma solo una appassionata lettrice e il brik delle storie su carta stampata ha poco rispetto: lui ama solo il racconto orale, dove la voce media la parola e invita a nuove emozioni!

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leggendo tra le righe

Nell’area cani ci si siede sulla panchina e si legge il giornale o si messaggia al cellulare mentre i cani pascolano. Se ne arrivano altri: meglio, i cani giocano tra loro. Uno di taglia piccola si ostina a montare un beagle che paziente lo lascia fare e solo ogni tanto se lo scrolla di dosso. Un giovane meticcio schiaccia il naso sulla rete e mi guarda mentre gioco con Bryce fuori dal recinto. Quello che io e il brik  ci concediamo la mattina quando ci fermiamo al parco è un momento tutto nostro: lui vuole la mia attenzione e io la sua. Io insegno a lui e lui insegna a me. (insegnare non dovrebbe essere mai un verbo a senso unico) Cosa impariamo? A capirci. Perché è bello provare a capire chi si ha vicino, anche se è un cane. Si rimane diversi ma ci si conosce. Il meticcio ci guarda con occhi che mi fanno sentire in colpa. Bryce si lancia al galoppo sul prato allungando il corpo nell’aria come dovesse volare, il pelo è accarezzato dal vento, la lingua penzola, gli occhi ridono. E’ bello anche solo starlo a guardare, regala felicità. Nell’area cani entra un tipo alternativo, fuma la sua cicca e se ne sta in disparte. Anche la sua cagna se ne sta in disparte: è giovane e timida. So che fa pet therapy: quale grande compito ha quella cucciola nella vita? E’ stata affidata a un umano che le è stato affidato. Chissà se è giusto, poi. L’area si svuota e rimante un grosso labrador che fa una grossa cacca. Appena il cane s’accuccia il padrone percepisse un fremito. Che sia il vibrare del cellulare?  Meglio controllare all’istante e visto che uno c’è, dare un occhio alle mail o alle notifiche fb non costa nulla. Niente  d’importante e il cellulare torna Foto0173nella tasca dei jeans. Il Labrador ha finito da un pezzo e il suo umano non si è proprio accorto del bisognino. E’ un’abilità che s’acquisisce con anni d’esperienza quella di non guardare al momento giusto. Mica una cosa improvvisata. Se ci fosse stato il vigile non sarebbe accaduto, ma solo per paura della multa. Siamo fatti così… non tutti, eh!

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la cagnina

Detesto quelli o quelle che entrano nell’area cani e si attaccano al cellulare. Loro chiacchierano e il cane pascola e si annoia.

Stamani entriamFoto0257o il brik e io e una cagnina con cappottino fashion si avvicina per avere la nostra attenzione. Mi sposto per non farmi i cavoli della sua padrona che chiacchiera da-sola-ad-alta-voce col cellulare in tasca e gli auricolari nelle orecchie, ma non c’è nulla da fare quella passeggia e io conoscerò i particolari. Bryce dà alla cagnina un’annusata davanti e due dietro e decide che al momento non è di suo gusto, quindi viene a giocare con me. La bestiola lo segue e a quel punto io dovrei intrattenere entrambi i cani. La guardo, io e Bryce la guardiamo, lui la fissa con i suoi occhi gialli. Se dovessi tradurre quello che leggo nel suo sguardo suonerebbe più o meno così: “Cagnina, sai cosa farei io? Appena lo molla, lo sgranocchierei quel cellulare! Già, non ce la fai con quei dentini, povera cagnina. Allora pisciaci sopra, vedrai con una bella pisciata lo disintegri il cell, lei non ci parla più e viene a giocare con te!”

Sai che ti dico cagnina? Sono d’accordo col brik.

 

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…buongiorno :)

Alle 6:01 suona la mia sveglia. E’ un modellino touch, ma invece del tocco serve una bella sventola! (Se si placasse con un touch sarebbe inutile.) Quindi la mano fa scattare l’interruttore della lampada da comodino, ma gli occhi rimangono chiusi. Sono chiusi eppure avvertono una strana presenza, qualcuno mi osserva da molto vicino. Apro un occhio e mi ritrovo un grosso tartufo nero di border a un centimetro dal naso, apro anche l’altro occhio e metto a fuoco due tondeggianti pietruzze color ambra che studiano il mio viso e due orecchie a parabola orientate su di me pronte a raccogliere ogni respiro, ogni minimo movimento dei muscoli facciali che confermino il risveglio. Una spolverata di coda sul comodino annuncia che ha capito: se hai gli occhi aperti, non dormi!OLYMPUS DIGITAL CAMERA

E lì, me la gioco con la prontezza di riflessi: mezza scivolata, avvitamento e poi zac a sedere sul letto. Le cose sono due: o ho evitato la lavata di faccia che potrebbe arrivare prima di raggiungere il lavandino del bagno oppure rimango bloccata col colpo della strega e non avrò bisogno del latte detergente a risciacquo. (La lingua dei border ricorda il panno caldo dei barbieri di una volta ma è meno profumata.) Nella migliore delle ipotesi, dopo le coccole del caso e la grattata sulla pancia che tonifica il border prima dello stretching mattutino, mi alzo e insieme andiamo a svegliare i ragazzi. Dalla loro oscura dimora arrivano lamentazioni varie e il border trotterella giù in cucina, io lo seguo. Appena Bryce si siede composto davanti alla sua ciotola in paziente attesa arriva giù dalla mansarda anche Indiana Jones miagolando il suo buongiorno e si piazza sulla sedia. Non siamo al completo. Tiro su la tapparella ed ecco l’altro felino di nome Salvador Dalì, lui fino a che la temperatura non scende sotto i cinque gradi, dorme fuori. (Potrebbe entrare, sia chiaro, siamo forniti di bascula per gatti dalla quale è possibile accedere con topi, lucertole o a-mici vari.) Lui si presenta sempre con un miagolio lamentoso. Come quando incontri qualcuno, lo saluti cordialmente ma quello risponde con una litania: “Ho i diverticoli in disordine, mi sono sbocciate le emorroidi e sono esplosi l’herpes oculare e la colite spastica per colpa dell’artrite cronica!”. Ecco, lui è più sintetico e garantisce che una bella panciata mattutina cura ogni malattia. E finalmente siamo tutti in plancia di comando e possiamo fare colazione: il pasto più gustoso della giornata! Crocchette light, senior, grain-free… e biscotti, tè al miele o nero, latte, spremuta dFoto0124i pompelmo o arancia, pane tostato integrale e biologico con marmellate varie e, se è sopravvissuta dal giorno prima, anche torta di mele!

Buona giornata!

Giuli

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Ehi ho!

Convivere con un cane da lavoro può avere dei momenti critici. I border collie sono cani da lavoro, allevati negli anni per governare greggi di pecore nelle lande scozzesi. Cani intelligenti e coraggiosi. Alcuni non hanno le lande scozzesi per lavorare ma la capacità di adattamento e d’interazione di questi animali è sorprendente.

Quaranta metri quadri di giardino non sono esattamente delle lande e tre umani non sono un gregge, ciò nonostante il brik si è alzato e…                                                                  dopo un po’ di stretching OLYMPUS DIGITAL CAMERA

ha tirato fuori dal recinto le sue pecore,

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ha stabilito quali piante fossero da spostare,

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e ha vigilato sul lavoro di giardinaggio con la giusta attenzione.

 

Border-Brik non è mai inutile: può scavare delle buche del diametro giusto esattamente dove NON devi piantare nulla; rubarti il rastrello perché è fatto d’ottimo legno; uscire dal cancello aperto per andare a discutere con i cani dei vicini proprio mentre tu sei in bilico sulla scala per potare l’ultimo inarrivabile tralcio.

Ovviamente quando le pecore sono rientrate all’ovile, il border chiederà il suo compenso: vorrà sfruttare quel giardino pulito per giocare a tirare la corda, rincorrere la pallina o per eseguire gli esercizi più difficili con l’incentivo dei più gustosi bocconcini. LUI ha lavorato, quindi esige il pagamento e se tu sei stanco non ha importanza. LUI eseguirà azioni di stalking scovandoti ovunque tu ti nasconda… sentirai i suoi unghioli zampettare fin sulle scale della mansarda dove giungerà con la pallina in bocca per invitarti a fare quattro tiri oppure ti sorprenderà in bagno dove, nudo, stai per entrare in doccia e ruberà la corda dell’accappatoio perché è un’ideale fune da trazione. In ultimo se ti ti scoverà disteso sul divano mentre stai cercando di ritrovare le forze, ti leccherà un piede con coscienza e perseveranza erodendo le tue difese a poco a poco con quella tortura da lingua umidiccia che ti farà urlare infuriato prima che arrivi al polpaccio.

Quindi in risposta alle tue grida esasperate se ne andrà a sdraiarsi sul tappeto, con il muso appoggiato sulle zampe incrociate, gli occhi chiusi e l’aria offesa di chi è stato mortificato fin nel profondo del suo animo. Chi ha dato tutto e non ha ricevuto nulla.

Allora tu cederai. Raccoglierai quel che resta delle tue forze e giocherai col border… lo farai in preda a un lieve senso di colpa che si trasformerà velocemente in un sorriso divertito perchè, come-sai-ma-avevi-momentaneamente-dimenticato, nulla è più rivitalizzante di qualche momento di gioco con un border allegro e felice. Occhi ridenti, lingua penzoloni e una sola filosofia di vita: ama e gioca!

Giuli

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elmo e corazza

Era stata una giornata faticosa in montagna, eravamo partiti presto e per non adoperare la macchina eravamo andati a piedi da Pozza di Fassa a Vigo per prendere la funivia. (No, non c’era nessun antico vaso da recuperare… ) In alto poi avevamo fatto un bellissimo percorso in cresta e quindi la discesa verso Pozza.

brik in quota
brik in quota

Alla fine dell’ultimo sentiero, lì dove cominciano le case del paese che avremmo dovuto attraversare per arrivare al campeggio nel bosco, camminavamo in silenzio. Era stata un’esperienza bella (di dieci ore, tra cammino e pause) ma faticosa e Bryce procedeva senza tirare con il suo passo elastico da border e la testa bassa di chi deve finire un lavoro.

 

interlocutrice del brik (foto di Stefano S.)
interlocutrice del brik (foto di Stefano S.)

 

Già: mi aveva tenuto su in cordata, aveva dialogato con le marmotte, abbaiato alle mucche moleste e ovviamente provato il brivido della funivia.

 

 

Era agganciato alla cintura e io avevo un passo rilassato. Avevamo appena imboccato una delle tre viuzze indicate per arrivare al centro del paese, quando sulla grande terrazza di una casa, senza ringhiera o protezione, apparvero due alani: uno bianco femmina e  uno nero maschio. Fu una questione di secondi alzare lo sguardo, sia io che Bryce, e vedere quelle due enormi statue di cane che ci fissavano. Procedere o fermarsi? Credo che Bryce abbia deciso di fermarsi, ha abbassato le orecchie e immobilizzato la coda, ma in quegli istanti d’indecisione l’alano maschio gli si è gettato addosso. Il border era in una posizione difficile: era agganciato al guinzaglio e non riuscivo a staccarlo. L’ho sentito ringhiare con tono basso e l’ho visto rimanere abbastanza fermo cercando di parare i colpi dell’alano che lo sovrastava. Ho messo tra loro la mia bacchetta da cammino e il fratello umano del brik, d’istinto ha cercato d’afferrarlo per la pettorina, senza riuscirci per fortuna. Una donna è uscita dalla casa richiamata dal trambusto e al secondo “resta, Elmo” l’alano maschio si è fermato. La femmina non si era mossa. Con titubanza Elmo è “tornato” dalla padrona senza spostare lo sguardo dal brik. “Non deve lasciare i cani liberi” ho urlato, mentre tastavo Bryce per vedere se fosse ferito. Il border rimaneva immobile e ringhiava con un vibrare profondo e sordo ma le orecchie erano appiattite all’indietro e la coda era bassa. Era bene impiastrato di bava di alano su un fianco ma non parevano esserci danni. La donna rispose: “ Sono buonissimi: giocano con gli altri cani! (sì, come i gatti con le lucertole) … e poi di qui non passa mai nessuno! (certo ad agosto in val di Fassa sui sentieri non si vede un’anima)” Mio figlio, però, aveva le mani sporche di sangue. “ Gli alani hanno i brufoli nell’interno delle labbra, Elmo ne ha uno aperto: il sangue verrà da lì! ” continuò la donna come se trovarsi sangue di brufolo di alano sulle mani fosse la cosa più salutare del mondo. “Il ragazzo ha le vaccinazioni?” domandò la donna e io ribattei:  “…e il cane ha le vaccinazioni?”. Il fratello umano del brik nel cercare di afferrarne la pettorina aveva scalzato l’unghia del pollice, ci spostiammo verso una fontana, ci ripulimmo e disinfettammo tutti. (Avevo l’occorrente nello zaino.)

Sono tornata il giorno dopo a fotografare il libretto sanitario di Elmo e a prendere i dati della signora. I suoi cani parevano super sani e in regola con tutto quello che un cane di buona famiglia e di buona genealogia deve avere in regola. Gareggiavano e accudivano i nipotini della signora che era nella sua casa delle vacanze.

Bryce era stato preso alla sprovvista dall’alano e da quel giorno è evidentemente timoroso con i cani di grossa taglia: abbaia loro e vuole attaccar briga per primo a meno che quelli non diano chiari e immediati segni di sottomissione. Rimango dell’opinione che Bryce sia davvero un cane saggio, anche se non sembrerebbe. Non potendo scappare ha amministrato con fermezza una situazione pericolosa. Se avessi potuto leggere i suoi pensieri in quel difficile momento, avrei letto qualcosa del genere: “Non sono un codardo ma non ti provoco. Non perdo la posizione, gigante bavoso, e mi carico di rabbia, semmai dovessi farlo venderò cara la pelliccia… … … ma sono certo che non arriveremo a tanto e se aprissimo un tavolo di trattative? ”

Concludo con le parole del fratello umano del brik che nei momenti difficili conserva la sua simpatica ironia: “Ma se lui è Elmo, lei che è femmina di nome fa Corazza?”

quel diavolo del brik (foto di Stefano S.)
quel diavolo del brik (foto di Stefano S.)

Giuli

 

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come una vera star

Era stata richiesta la collaborazione del giovane bricchetto per un cortometraggio che mio figlio stava girando per un progetto scolastico. Sicura del successo, mi sono presentata sul set con Gingerbell’s Viper Bryce (col nome completo per l’occasione) elegantemente al guinzaglio. Il border avrebbe dOLYMPUS DIGITAL CAMERAovuto sedere ai piedi di un musicista di strada (mio figlio) ma ovviamente il border se n’è ampiamente infischiato del copione. Dopo aver pecorizzato la troupe, raccattato le briciole del coffee-break ed essersi piazzato in posa sfingea per trenta secondi (trenta secondi nei quali ha spaccato l’obbiettivo con la sua sfolgorante bellezza e dignitosa alterigia che poco avevano a che fare col personaggio richiesto: il cane di un punkabbestia) ha abbaiato protestando vivacemente per noia, coprendo le voce e le note del musicista. Già mi vedevo sul tappeto rosso con al guinzaglio il novello Rex dal fascino inglese alla Rupert Everett e già preparavo il curriculum inserendo la sua partecipazione alla nuova cinematografia sperimentale, e invece il giovane bricchetto è stato cacciato dal set perché indisciplinato. Nonostante le coccole delle maestranze e degli attori ce ne siamo tornati a casa: io con la coda tra le gambe e lui con un bastone da sgranocchiare tra i denti. Per lavare la vergogna del fallimento ho invitato la troupe a pranzo e allora Gingerbell’s Viper Bryce si è esibito nella sua migliore interpretazione del cane mendicante, elemosinando bocconcini sotto la tavola e accucciandosi a terra con aria denutrita e affamata. Morale: nella vita è sempre e comunque tutta una questione di motivazioni!

Giuli

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Una ragazzina e il suo cane… letteratura!

lupoSono cresciuta con i libri “per ragazzi” di una volta e spesso i giovani protagonisti avevano un cane. Era un classico. Sono cresciuta con questo mito ma non potevo tenere un cane. Leggevo di Buck e di Elsa e nutrivo tutti i gatti del quartiere ma non avevo un cane. Al giorno d’oggi questo mito è svanito, ci sono molti gatti o cani nelle famiglie, ma i miti dei ragazzi sono altri. Lasciamo ai figli poche responsabilità, loro si adeguano e quindi si perde qualcosa, perché la relazione responsabile con un cane, ma anche con un gatto, aiuta a crescere. Io ho imparato a prendermi cura di un gatto prima che di un figlio e anche la morte di un animale, che quasi sempre sopraggiunge prima della nostra, fa crescere. Se la letteratura è catartica e aiuta un ragazzo a vivere le situazioni difficili nel mondo dell’immaginazione, la convivenza con un animale lo mette alla prova nella vita reale. Certo, oggi la vita è diversa rispetto a un tempo: difficilmente un ragazzino se ne può andare a zonzo in campagna con il proprio cane alle calcagna, tanti vivono in città e molti sono strangolati dagli impegni fin dalla più tenera età. Già. Curiosità e desiderio di entrare in sintonia con un cane come Bryce mi hanno spinta da subito a cercare di conoscerlo meglio. Da romantica sognatrice leggo nei suoi occhi quell’ innato bisogno di essere border, di essere pastore, di essere libero e indipendente. Bryce è un cane da lavoro, io l’ho voluto e lui si accontenta. La sua testa lavora com’è giusto che sia, si adegua ad assistere agli incontri con l’autore, a viaggiare in auto per ore, a seguirmi nei mercati. E’ un border, può tutto. Cerco di compensarlo con lunghe camminate, appena posso lo porto in montagna a correre e sgranocchiare bastoni, ma so che non può bastare. Sono approdata all’agility e questa disciplina non mi dispiace. Per esempio dopo un giro sbagliato tra gli ostacoli, l’istruttrice dice: “premia il cane, gioca con lui, tu hai sbagliato, non lui!” Ecco la prima grande lezione dell’agility: il cane è un compagno non uno strumento! Lui non sa nulla di competizioni ed è questa delicata-diversa-prospettiva la discriminante fondamentale. Come la mia prima lezione di barca a vela (secoli fa!) fu quella di ribaltare e poi rimettere dritta la barca, lezione utile per sopravvivere in mare, così la prima lezione in agility è quella di rispettare il cane per una sopravvivenza felice! E imparare a rispettare l’altro è un ottimo esercizio per chiunque. In agility bisogna mettersi all’altezza del proprio cane, capirlo e la posizione delle spalle e dei piedi sono indispensabili per comunicare con lui. Movimento del proprio corpo all’aria aperta e relazione con un altro essere vivente ecco perché consiglierei l’agility ai ragazzini, almeno a quelli che oggi non hanno un pezzo di campagna per gironzolare con il loro cane!

Giuli

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Chiacchiere di buon vicinato…argomento? Coprologia!

Sono scivolata, ahimè, sulla buccia di banana delle beghe tra vicini di casa e purtroppo alle otto del mattino mi sono beccata un’arrogante accusa: il mio brik faceva i bisogni nello scivolo dei garage e io ero una sporcacciona! La vicina di sinistra (di cani fornita) che mi conosce da sempre, sconsolata scuoteva il capo dietro al neo-arrivato-vicino-di casa che sparava l’invettiva  e se ne andava. Lei glielo aveva detto che non poteva essere Bryce a sporcare sullo scivolo! Con una sola tazzina di caffè nello stomaco non nego di averla presa male, ma dopo un buon tè e fette di pane tostato con burro e marmellata l’umore è migliorato. Superato lo shock da calunnia, rimaneva il problema cacche. Effettivamente se tutti i cani residenti erano innocenti chi era il colpevole che da circa un mese ogni tanto insudiciava lo scivolo?

La risposta è un classico: i gatti.

La vicina dirimpettaia è un’amica, gattofila e animalista nonché lettrice appassionata di gialli efferati con protagoniste patologhe varie. Perché non chiedere consiglio a lei per riabilitare il buon nome del brik con prove schiaccianti? Con mente logica, sedute al tavolo del suo giardino abbiamo concordato che gli unici a poter saltare le recinzioni e il cancello elettronico chiuso erano i gatti. Ma chi di loro? Diciamo che ce n’è una bella combriccola, ma da gattofile noi conosciamo i nostri polli (cioè gatti). Che sia Tommy? Oppure il mio Indi? Magari il rosso pelosone che abita nelle case in fondo? O la tricolore che sta al di là della via? Servivano ulteriori riscontri e la discussione si è spostata sulle dimensioni. Il reperto era notevole e quindi si doveva presupporre appartenesse a un gatto grande? Con schiacciante logica da “Bones” l’indagine è andata avanti: non necessariamente la “stazza dell’espulsore” interferisce con il diametro della deiezione, è più una questione d’intestino. Poi, anche l’alimentazione del felino poteva avere un peso: crocchette o umido? Ogni dettaglio tornava utile alle investigatrici della nuovissima serie “Shits”. Il suddetto Tommy lasciava giornalmente un “dettaglio” nel giardino della vicina dirimpettaia, ben scoperto, i reperti dello scivolo erano disponibili, mentre di Bryce non si poteva recuperare nulla di solido dato il mal di pancia in corso. (Quindi, in pratica, era senza alibi.) L’osservazione diventava fondamentale. IL neo-vicino (beato lui) era in ufficio e quindi non poteva essere ammesso al tavolo (quello del giardino) di discussione, ma fu invitata la vicina di sinistra. Risultato: i cani residenti furono assolti. Dal confronto emerse che il reperto più grande era stato espulso da un intestino di felino senza dubbio alcuno, ma PC alla mano, vermiciattoli disidratati e scurissimi, risultavano essere deiezioni di riccio. Quindi il panorama si apriva a nuove prospettive. Il sopraccitato Tommy dal confronto effettivo avrebbe potuto essere prosciolto, ma non conoscendo l’esatto menù del giorno non lo si poteva assolvere del tutto. La vicina di sinistra ha infine portato concretezza alla discussione e proposto di mettere in un angolo del garage una lettiera per gatti come gentile invito per il nottambulo senza gabinetto. E’ subito apparsa una soluzione sensata sebbene difficilmente sarebbe stata adottata dai ricci. Nessuna si è offerta di informare il neo-vicino sulla soluzione trovata al problema, ma la soddisfazione generale era palpabile.

Metti insieme una scrittrice squinternata, un’amante della natura e una donna concreta e avrai una storia divertente, una soluzione pacifica e un esempio di solidarietà femminile.

P.S. Detto tra noi e seriamente (!) spero che i gatti che si contendono il territorio denominato “scivolo” si accontentino di giocarsela a carte scoperte sul tavolo-lettiera!

scivolo

Per rispetto del lettore non allego le foto dei reperti ma una foto di Bryce fatta una delle poche volte mentre giocava sullo scivolo dei garage. Trovata una palla da calcio mezza sgonfia l’aveva  uccisa, sbranata e scuoiata. Non fece altro: lo giura!

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radical chic

Un’altra piacevole sorpresa che ha accompagnato l’arrivo di Bryce nella mia vita sono state le nuove amicizie.

Credo che l’amicizia non si misuri con le parole ma con il tempo, certo la verbalizzazione è importante ma pesano anche i lunghi silenzi. Le amicizie, le relazioni in genere, anche quelle tra specie diverse, solo invecchiando trovano un senso e la giusta empatia. Il cane che viveva con noi prima di Bryce è morto a undici anni, con zampe e posteriore crollati, sfinito da un tumore e aiutato a morire con pietà durante l’estrema sofferenza. Sapeva farsi aiutare e infine ha capito quale sarebbe stato il suo ultimo sguardo. Io so che lui sapeva. Rompere un’amicizia o un rapporto che dura da anni, alle-volte- senza-alle-volte-con un valido motivo, è triste come il taglio di un ulivo centenario e al contempo irritante come lo stridio del gesso sulla lavagna.

Con l’arrivo di Bryce ho conosciuto una parte sana, intelligente e sensibile della cinofilia italiana, quella fatta di gente speciale, e poi per puro caso (credo) una grande scrittrice e una grande donna mi ha teso disinvolta la mano dell’amicizia con un sorriso. Sono orgogliosa di far parte di coloro che scrivono storie per ragazzi, categoria che in Italia (tanto per cambiare) pochi conoscono e che quasi non esiste. Categoria bistrattata e nullificata ma formata da belle persone e da bei libri. Già perché alla fine, nonostante i filtri, i ragazzi, come i border o i felini, non s’imbrogliano!

Questo blog è dedicato a coloro (bipedi o quadrupedi) che mi hanno dedicato e mi dedicano il loro tempo, quel tempo che impastato con parole, sorrisi o silenzi, lasciato lievitare a dovere e cotto a puntino, sforna amicizia.

Molto tempo fa avrei voluto occuparmi di cinofilia, vivere in barca a vela e recitare professionalmente in teatro. Non ho realizzato nessuno dei miei sogni ma cani, gatti e libri m’intasano la vita da sempre e spesso gli ambiti si confondono e s’intrecciano come inevitabilmente succederà in questo blog. Amici di coda e di penna dunque, ma più spesso la coda e la penna scodinzolano all’unisono e i cuori ticchettano al ritmo della tastiera del pc.

Concludo riportando un vecchio post di un’amica di coda che sa usare con ironia la penna. Descriveva il brik e non posso che condividere le sue parole e ridere come feci quando la simpaticissima Marina Agosti lo scrisse!

“…il Brick io lo vedoradical come un radical chic,                                                   quel finto scazzato, spettinato, con le clarks,                                                   che ti porta a vedere film d’essai,                                                                   e tra un bicchiere di vino buono e l’altro                                                         ti legge una poesia di Hikmet e ti cita Fromm…”

Sì, è il brik!

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Umi, mi sono perso la nonna!

Con Bryce e la nonna vado in un grande negozio di articoli da campeggio.

Bryce è bravissimo nei luoghi pubblici e mi segue tranquillo ma con noi c’è la nonna. Per il brik qualunque numero oltre l’uno costituisce un gregge e quindi abbandona l’aria distratta e, visto che io sono al guinzaglio, si concentra sulla nonna. Ci avviciniamo tutti insieme al banco dove la commessa sta spiegando a un grosso signore lo smontaggio della Quechua 2seconds che, diciamocelo, non è cosa per tutti. Non intervengo, ma per chiudere la 2seconds o porti in vacanza con te la ragazza tutorial Quechua oppure hai bisogno di un colpo di fortuna, e in quel caso sei solo in piazzola. Diversamente quando lotti senza successo per trasformare un cerchio flessibile con diametro 50cm in due di 25cm, hai sempre alla tua destra un camper extra-lusso con l’equipaggio che sorseggia l’aperitivo guardandoti e alla tua sinistra uno di quei campeggiatori tedeschi che monta perfettamente una tenda a tunnel 8 posti di notte, sotto la pioggia, con la lampada frontale e a piedi scalzi. Non divaghiamo, comunque.

Mentre aspetto pazientemente, il brik all’improvviso salta su 4 zampe perché non vede più la nonna. Lancia un abbaio di allerta che sfida il punto di crepatura delle vetrate. M’irrigidisco e lo seguo alla ricerca della dispersa perché non sopporterei un secondo ululato. Slalom tra le corsie, coda alta, salto del wc chimico in esposizione, sguardo attento… dov’è la nonna? Non trovo la nonna!protesta Abbiamo perso la nonna? M’innervosisco al secondo richiamo alle armi del brik, mentre da dietro il reparto fornelletti a gas spunta la nonna. “Fai star zitto quel cane” dice lei, “Cercava te”, rispondo io. Sbuffo: una da libri, gatti, gelato e hotel a 5 stelle perchè se ne va in giro tra i wc chimici, le stoviglie in plastica e gli sgabelli da pescatore? Ma si sa, la curiosità è nonna. Ricompattiamo il gruppo e mentre il signore ancora medita sul catalogo Quechua, chiedo alla commessa quello che mi serve. Sto pagando e mi viene la pelle d’oca quando sento la nonna ululare: “Mi sta leccando la borsa!” Mi giro di scatto e la vedo allontanarsi inorridita dal brik che rinfodera prontamente la lingua. Sorrido alla commessa e mi avvio all’uscita a passo veloce, ma la nonna non ci segue. Esco, mi volto e la vedo arrivare al fianco del signore di prima che stringe la sua nuova 2seconds rossa e la sento dire: “Sa, il cane di mia figlia mi ha leccato la borsa” mentre con un fazzolettino di carta pulisce la piccola tracolla color panna abbinata alle scarpe e alla giacca di lino. Il grosso signore fa una faccia strana, non si sa se ancora abbia dubbi sullo smontaggio, oppure sia disorientato dal cane lecca-borse. Il brik si siede più tranquillo, poi mi guarda, abbassa le orecchie e protende il muso verso di me. Pare volermi dire: “… era per seguirla meglio, per metterle addosso il mio odore”. Lo accarezzo sul capo e mormoro “Capisco, capisco”.

Giuli

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l’incontro

I Border Collie non sono solamente cani, ma can-gatti a mio parere. Uniscono fedeltà e indipendenza,fototessera intelligenza e sensibilità e sono opportunisti quanto basta. Leggo che sono tra i cani più abbandonati e ne capisco il perché visto che vivo con uno di loro da tre anni. Io pensavo di accogliere un cane, mi sono ritrovata con un border e ho finito per innamorarmene perdutamente. Questi cani sono una sfida, come lo è una qualunque intelligenza diversa. La sfida è superare la barriera della comprensione. Quella barriera che c’è tra la mente umana e quella canina, quando si trova un varco e si dialoga si compie un piccolo miracolo. Lo sa bene chi lavora con i cani: chi li prepara per la pet teraphy o per il salvataggio o la ricerca sotto le macerie. Lo sa bene chi ha un gregge di pecore o mucche o chi fa sport cinofili. La qualità della relazione, sia chiaro, dipende solo dagli umani, mai dai cani. Ci si deve lavorare e trovo che sia una palestra interessante per qualunque persona voglia superare i linguaggi e gli argomenti di comunicazione più comuni. Molti arricceranno il naso davanti a queste righe ma io credo che questo esercizio di dialogo con il cane sia utilissimo oggi e confermato da secoli di collaborazione uomo-cane. Chiunque prenda un cane o un gatto non sa quello che perde a non cercare di conoscerli a fondo. Non c’è nulla di più bello di un incontro. L’incontro con specie, culture, opinioni diverse soddisfa, ingrassa e lubrifica l’intelligenza!

L’emozione più grande rimane quel contatto impercettibile, quel breve momento in cui la mente umana e quella canina dialogano. Mi spiegavano vari metodi per insegnare al brik a indietreggiare a comando, ma io non ci riuscivo. Allora ho smesso di ascoltare gli altri e ho cominciato a osservare lui. Ho trovato un momento nei nostri giochi in cui indietreggiava spontaneamente. Ho lodato e premiato quel comportamento preciso e poi gli ho associato una parola. Bryce ha cominciato a indietreggiare in relazione a quella parola. Al mio grande entusiasmo si è associata la sua grande felicità. Era felice di aver capito, quanto io di essermi spiegata! Eseguiva e scodinzolava e mi guardava con i suoi occhi allegri. Il mio era un “giochino sciocco”. ma ai cani piace da sempre sentirsi utili. Credo che sia questo ad averci dato la possibilità di averli accanto come generosi collaboratori.

Giuli

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L’istinto di un cucciolo


Al parco una mattina di tanto tempo fa, quando Bryce era ancora un cucciolo di appena sei mesi, vidi in lontananza una mamma appesa al guinzaglio di un cane bianco, un papà, un pastore tedesco libero e un bimbetto di circa 3 anni che saltellava allegramente davanti al gruppo. Io e Bryce smettemmo di giocare e rimanemmo, un po’ affascinati e un po’ sconcertati, uno accanto all’altra a guardarli mentre si avvicinavano. Quando il bimbetto infilò svelto il vialetto che porta alla statale, Bryce decise e partì per rincorrerlo e fermarlo. Io lo richiamai secca, ma la famiglia allegra avanzava indifferente, come una folata di vento, e il bimbetto per nulla intimidito cercò di superare Bryce per riprende la sua corsa. Allora il cucciolo di border appoggiò le zampe sulle spalle del piccolo umano e lo spinse a sedere sul muretto che costeggia il vialetto. Erano alti uguali. Io richiamai Bryce di nuovo con più forza e lui si è voltò a guardarmi con una muta domanda nei suoi occhi liquidi: cosa poteva mai esserci di sbagliato in quello che stava facendo?

326990_354832971208455_2041254323_oQuando “l’agnellino” rientrò nella distanza di sicurezza del suo gregge, Bryce lo mollò e tornò da me, senza fretta, al trotto. Bipedi e quadrupedi inglobarono il bimbetto e la famiglia allegra proseguì il suo cammino con passo atletico, in ordine sparso.

Io e Bryce riprendemmo mesti i nostri giochi: io avvilita per averlo sgridato e lui per esserlo stato. Allora mi chinai, abbracciai Bryce e lui appoggiò a me il suo corpicino di cucciolo. Con quell’abbraccio volevo scusami per aver dubitato di lui, ma anche per il fatto che a una schiacciante logica canina corrispondesse una disarmante illogicità umana.

Credo che capì e decise di portar pazienza. I cani sanno avere pazienza fin da cuccioli, gli umani non sempre.

Giuli

A lunedì!

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…anatomia e quotazione delle feci!

Foto0295Non volevo iniziare così questo blog, ma poi al parco dove vado al mattino con Bryce è arrivata lei… . Noi giochiamo con la pallina sul prato, non sarebbe consentito ma l’area cani è un campo minato. Lei ha uno stacco di coscia stile collo-di-giraffa, il tacco dodici e la gonnellina raso-natica e libera dal guinzaglio un allegro meticcio. Lo seguo con la coda dell’occhio ma quello si fa i fatti suoi e Bryce pure. Stacco di Coscia richiama il suo cane, Tex, che la ignora e lei si fa prendere dall’ansia. Di proseguire lungo il viale del parco per recuperarlo non se ne parla nemmeno, d’altra parte gli arnesi che porta ai piedi le rendono la vita difficile. L’allegro Tex si posiziona per espletare un bisognino e tutta l’invidia covata negli ultimi dieci fastidiosi minuti emerge ben mascherata dietro la facciata da paladina della raccolta delle feci e da attivista della confraternita delle Suole Pulite. Alzo un dito minaccioso e richiamo all’ordine Stacco di Coscia. Lei mi guarda e intraprende una faticosa passerella fino alla cacca di Tex, si china graziosamente e con un Kleenex raccatta il bisognino. La fisso pronta a pontificare che il cane non si deve lasciare libero (come se il mio fosse legato) e che le feci vanno raccolte, ma lei mi sorride. Ha bel faccino acqua e sapone e un’allegria contagiosa come quella del suo cane, capisco subito che mi è inevitabilmente simpatica. Maledizione. Chiacchieriamo per qualche minuto mentre il brik mastica la palla e Tex finisce di farsi i fatti suoi e poi se ne vanno. Guardo il brik che sicuramente alla sua maniera di cane ride di me, femminista invidiosa di uno stacco di coscia! Il suo pensiero in tutta questa faccenda sarà sicuramente stato per quelle feci, pomo della discordia tra umani e cani. Eh sì, perché quei cani i cui umani sono maleducati, lasciano dei “segnali” olfattivi potentissimi. Vuoi mettere la puzza di una bella cacca rispetto al lieve tanfo d’urina nella scala olfattiva canina? Quindi i cani che vivono con quelli come me, che puliscono dove loro sporcano, saranno sicuramente per il naso degli altri cani dei veri sfigati! Il brik si alza, guarda la sua palla e scodinzola: è un invito. Dopo la mia invidia per Stacco di Coscia e la sua per un bel segnale olfattivo che lo rappresenti adeguatamente, possiamo continuare a giocare!

Giuli

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Spieghiamoci…

Foto di Martina Miradoli
Foto di Martina Miradoli

Scrivere di Bryce, detto Brik, mi viene naturale, come naturale è stato tanti anni fa mettere su carta le storie che raccontavo ai miei figli. Una volta un amico mi disse di non umanizzare il mio cane e anche in questo caso mi venne naturale spiegare che mi piaceva solo rileggere in chiave narrativa il suo comportamento tra il divertito e il serio. Scrivere del Brik è un gioco, un piccolo tributo per la sua allegria contagiosa e la scusa, cara a ogni scrittore, per potersi guardare attorno e raccontare. Concludendo e spiegando, io mi definisco la sua “umana di riferimento” perché detesto la parola “padrona”. Sì, lo so che da che mondo è mondo esistono cani e padroni, ma concedetemi questa licenza. Nessuno dovrebbe possedere alcuno: un uomo non possiede una donna o un altro uomo, né una donna un uomo o un’altra donna; un padre non possiede un figlio, né lo possiede una madre. Ebbene io non voglio possedere un cane, voglio credere che lui abbia scelto di stare al mio fianco e di non abbandonarmi mai, come io non abbandonerò lui.

Giuli

in English: Let’s explain!