Pubblicato in: Donne in corriera e madri da tartufo, Fiutando Libri!

Se sei donna e scrivi per ragazzi

Se sei italiana, scrittrice di storie per ragazzi e donna ecco alcune regole non scritte, un po’ fumose, un po’ rognose, un po’ per ridere e soprattutto da non prendere troppo sul serio.

Se sei donna e scrivi per bambini sei fortunata. Certo, se scrivi per i più piccoli sei facilitata, sembra essere scolpito a grandi lettere nell’immaginario collettivo; l’asilo, prima di arrivare a essere la scuola dell’infanzia, è stata scuola materna. Le parole contengono concetti, le parole spiegano. La scrittrice è materna pure lei, e poi quando i lettori sono piccoli è intimamente rassicurante invitare una donna al famoso incontro con l’autrice. Che non si sa mai. Per fortuna le scrittrici italiane per bambini sono molto brave e della maternità, se non è pertinente, se ne infischiano. Se sei donna sei abituata a infischiartene. Mica puoi farti sempre sangue cattivo.

Se sei uomo e scrivi per bambini sei un po’ meno fortunato.

Sa sei donna e scrivi per ragazzi devi metterti in coda. Se scrivi d’avventura devi metterti in coda, molto in coda, proprio indietro. D’avventura scrive meglio un uomo. Non c’è storia, non c’è discussione. Suvvia non scherziamo: s’è mai vista un’avventura materna? Una maternità avventurosa, forse! La mamma sta sempre sulla porta a richiamare all’ordine, a porgere la felpa o lo spolverino, a insistere perché il protagonista mangi a sufficienza, con questi presupposti: una donna che avventura può far vivere a un ragazzino? Dove sono le competenze? Ci sono pure le madri archeologhe, ninja e soldatesse, ma vogliamo proprio raccontarlo? Che lo facciano le scrittrici straniere! Che le scrivano di casa loro queste storie!

Le biografie, invece, sono concesse, sia di donne che di uomini. Le eroine si possono raccontare, non sono tante,  che le scrittrici se le spartiscano pure! Gli scrittori uomini sono magnanimi al riguardo, in fondo, loro hanno un sacco di eroini di cui scrivere.

La letteratura civile è da condividere tra scrittori e scrittrici per ragazzi. Tira e molla. Chi più chi meno. Se sei uomo sei un pochino più fortunato. Il motivo? Non c’è. Sei scrittore un motivo per essere fortunato lo hai in ogni caso: sei pubblicato da sempre, la letteratura italiana è affollata di uomini.

Poi, esiste il fantasy, questo genere ambiguo che leggono maschi e femmine e che scrivono pure le femmine, anzi in Italia, per ragazzi, soprattutto loro. È un genere complicato, mondi da inventare e un’ideologia sottintesa che sta in equilibrio precario tra le pagine. Si può essere accusati facilmente di ambiguità se non si sta attenti. Una rogna, insomma, che se la sbrighino loro, le scrittrici. Con quella mente complicata, quei capelli colorati.

Se sei uomo e scrivi per ragazzi al massimo ti prendi il genere distopico dove l’avventura è più reale, molto simile ai giochi che facevi in cortile da bambino e con cui ti divertiresti ancora oggi. Senza alcun dubbio ti ci divertiresti ancora oggi.

Se sei uomo e scrivi d’avventura per ragazzi sei fortunato. L’avventura: quel benedetto, affascinante e intrigante genere che è l’ingrediente principale dalla fabbrica delle storie. Sei conteso perché l’avventura la leggono tutti: ragazzi e ragazze. Se usi un protagonista maschio, le femmine se ne infischiano e s’immedesimano  (siamo abituate fin da piccole a infischiarcene) se usi una femmina per protagonista puoi farne un maschiaccio tanto non ti par di far torto a nessuno e poi l’avventura piace molto anche alle professoresse che, si sa, i poli opposti si attirano.

Vuoi mettere se sei prof e ti arriva in classe un giovane e aitante, o anche brizzolato e affascinante, scrittore per ragazzi? Tu che al massimo sul posto di lavoro c’hai il collega zitello di lettere o quello passabile di matematica in una percentuale di dieci a una? Se sei uomo e sei scrittore per ragazzi sei figo per principio, sei figo a prescindere. Sei coccolato, adulato e amato con vere standing ovation e per imitazione apprezzato e letto dagli studenti. Inutile predicare, è l’esempio che conta.

E detto tra parentesi: chi di noi donne non lo vorrebbe uno scrittore per compagno, amante o marito? Noi che siamo cresciute con il mito dell’uomo alla Colin Firth, con alle spalle Woody Allen e Mister Darcy, sempre in bilico tra L’attimo fuggente e Hogwarts.  Per noi che leggiamo come dannate, lo scrittore nel nostro immaginario è meglio del principe delle fiabe. Soprattutto se montanaro. Scarponcini e camicia a quadri sono di rigore nell’incontro con l’autore. Fascino spiegazzato e sguardo un po’ perso. Lo zainetto aumenta il punteggio. La tirata con voce pacata sulla letteratura russa, con quel gesticolare stanco, di chi al mattino crea personaggi indimenticabili per le pagine delle proprie storie e il pomeriggio scala vette e spacca legna da ardere, ci lascia senza fiato.  Siamo noi lettrici a mandarlo in ristampa e in ristampa. A creare il mito (altrimenti non esisterebbe). Facciamo tutto da sole, noi donne.

E quindi va bene anche lo scrittore per ragazzi: intellettuale, complice e cameratesco con gli studenti, comprensivo con la burocrazia scolastica e piacevole conversatore durante il pranzo offerto. Siamo donne, tra noi ci si capisce, ci si comprende e se sei scrittrice per ragazzi meglio che l’avventura la lasci perdere. Giochi in casa, conosci i rischi. È quasi un atto di sorellanza mettersi da parte. Se sei donna e scrivi d’avventura per ragazzi sai già che lavori poco. Al massimo se proprio vuoi, te ne infischi (vedi sopra).

Se sei scrittrice e scrivi problem books hai il tuo spazio. Ragazzine sfigate da raccontare ce ne sono: bullizzate, molestate, isolate, mollate. Adolescenti, insomma. Nessuno meglio di una donna conosce certe pene e le sa raccontare. Sei una sorella maggiore, una spalla su cui appoggiarsi, colei che non fa sentire sole le lettrici. Tanto i maschi non le leggono certe storie, resta tutto tra donne.

Se sei scrittore e scrivi di problem books hai il tuo spazio. Ragazzetti tormentati da raccontare ce ne sono: incompresi, arrabbiati, solitari, innamorati. Adolescenti, insomma. Nessuno meglio di un uomo è capace di educare un giovane uomo alla vita. E anche una giovane donna, perché, sì, quelle leggono tutto. Pure dei problemi psicologici maschili si devono impicciare, pure in quelli si devono immedesimare. E con certi personaggi un po’ bruttarelli e timidi tra le pagine, pure materne riescono a diventare. Sempre in mezzo le lettrici femmine. Una condanna.

Uno spazio tutto loro tra i libri, i maschi non ce l’hanno. Poveracci! Poi si dice che non leggono e si buttano negli sport come il calcio. Per forza! Ah, no. Adesso c’è pure la nazionale di calcio femminile…

Se sei italiana, donna e scrivi per ragazzi anche il vocabolario è chiaro: romanzo, sostantivo maschile; lettura, sostantivo femminile. Insomma se sei scrittrice per ragazzi  te la devi mettere via e infischiartene, tanto poi, alla fine, è la storia che conta e che insieme alla buona scrittura produce splendida e coinvolgente letteratura per ragazze e ragazzi!

(Problem books, cioè: “libri su un problema” da “Storia delle mie storie” di B. Ptzorno).

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Pubblicato in: Avvertenze ed effetti collaterali, Fiutando Libri!

Portiamo la passione per la lettura tra i ragazzi

Nello spazio Leggere Ribelle Verona appena aperto, nell’ultimo incontro, eravamo in tre. Mancavano tre ragazze che partecipavano agli eventi della Fiera Cavalli, una manifestazione molto importante in città. Sul pavimento nel circolo di lettori già 20 proposte di lettura, 20 libri, e solo otto paia di piedi, più il paio della redattrice e quello della bibliotecaria. Poteva essere un incontro triste ma non lo è stato.

Un ragazzo aveva letto e ha raccontato Cercando l’onda, di C.Vick, con passione e dovizia di particolari, emozioni e dissonanze. Poi ho raccontato io, la redattrice e il secondo ragazzo che aveva letto solo a metà. La ragazza era nuova, non ha voluto narrare le sue trame in particolare ma in generale. Il tempo è volato e i ragazzi sono andati via con due, tre, due libri a testa e hanno semplicemente detto che torneranno, hanno lasciato i dati per il loro passaporto del lettore del blog. Decisi, sicuri. Siamo andati via appagati. La passione per i libri unisce quando si crea. “Me ne vado con molta più voglia di tornare rispetto al primo incontro” ha detto uno dei ragazzi, 15 anni.

Certo, sono pochi, ma anche il gruppo fondatore di Leggere Ribelle è partito da tanti, pochi e poi si è rinforzato; ora sono 16 i partecipanti attivi. Certo è una sciocchezza in confronto al popolo dei giovani, ma mi domando cosa accadrebbe se insieme a libri e autori portassimo tra i ragazzi la passione per la lettura. Non è sempre invitata a partecipare. Si muovono soldi e autori, sembra che i progetti per la lettura siano dei potenti strumenti per diffondere libri e cultura (parola troppo sfruttata, ahimè), ma poi cambia davvero qualcosa? O restano solo un bel manifesto, un fiore di plastica all’occhiello di qualche giacca o cappotto, e la coscienza che sembra a posto?

Ho partecipato a un piccolo festival per ragazzi, non avevano letto i miei libri e allora ho fatto due eventi di un’ora e mezza ciascuno raccontando libri e passione per la lettura. Come solito ho chiesto chi fossero i lettori e chi i non lettori. I non amanti dei libri hanno finito per farmi più domande degli altri, avevano occhi brillanti, hanno scritto sul diario (e non era richiesto) tutti i titoli che ho proposto, miei e non.

La lettura dovrebbe essere promossa a scuola, resa importante come la matematica, la storia, la filosofia ma necessariamente come “materia” differente. Con  uno spazio proprio. La lettura dovrebbe fare un salto di qualità tra le mura scolastiche. I docenti dovrebbero essere formati al riguardo.  (Quanti, per esempio, conoscono ReadOn?). Finché non sarà così e ci affideremo solo a fantomatici progetti per la lettura, i libri scivoleranno ancora troppo spesso sui ragazzi senza lasciare traccia, senza creare nuovi lettori.

I protagonisti degli incontri dovrebbero essere proprio i buoni libri, la buona letteratura contemporanea capace di catturare lettori. Perché è la sua missione, il suo fine ultimo. Sono sempre i libri a fare la differenza. Portiamo molti buoni libri ai ragazzi, creiamo degli spazi di lettura libera e avremo, è molto probabile, nuovi lettori.

Sono dati reali quelli forniti sulla lettura e i giovani lettori? Non so bene come valutare i libri venduti, per esempio, per un qualsiasi progetto di lettura associato alla scuola; sono anni  che giro nelle scuole come autrice e i libri acquistati (quando va bene) spesso non sono del tutto fruiti ma solo comprati dai ragazzi, letti tanto per leggere o da associare allo studio e poi dimenticati.  Il libro rimane carta stampata, non diventa contenitore di vita e di emozioni, non innesca la passione. Ma nelle statistiche conta come libro di narrativa letto?

Libro letto? sì! Lettore abile? No!

Ci sono meravigliosi progetti di educazione alla lettura, e nel temine includo anche i festival e tutti quegli eventi che portano i libri ai ragazzi, che davvero creano lettori, ma ce ne sono altri che, secondo me, smuovono poco o nulla in quanto a passione per la lettura e credo che il motivo sia perché partono da un principio sbagliato. O forse un principio non lo hanno proprio. Gli interessi economici, la poca formazione dei promotori o a volte addirittura l’ingenuità, penalizzano ancora troppo il nostro Paese. C’è da rimboccarsi le maniche.

È un’emergenza creare lettori.

(Se non c’è chi compra libri, non c’è necessità neanche di scriverli, o no? Domanda o trabocchetto? ).

Mi viene voglia di urlarlo a chiunque abbia a che fare con i libri e i ragazzi: formatevi! Leggere libri per ragazzi scritti da autori e autrici italiani e non; informarsi sulla realtà dei giovani lettori e della lettura fuori dall’Italia e ragionare in parallelo; seguire convegni e professionisti competenti; sacrificarsi, anche, se serve, per la qualità della scrittura per ragazzi. Non improvvisare.

Incontro con l’autore? Io la penso così!