Pubblicato in: Dialogando con Brik, Donne in corriera e madri da tartufo, Ragionando di un cane di nome Brik...

Il mio cane ha un blog…

Mentre passo davanti al banco macelleria resto affascinata da una massaia che discute di come si affetti la carne perché resti morbida. Descrive la macabra scelta del coltello, il verso giusto per tagliare il muscolo, elogia il sanguinate trancio di animale morto che tende la plastica della confezione. “Le serve anche l’osso?” chiede gentile il macellaio “…e lei” dice a me “vuole gli ossi?” M’irrigidisco. Parlano di cani “Lei ce l’ha il cane?” Annuisco e penso a quella scrittrice che legge la mamma giallista, quella che ha tutti titoli pieni di ossa. Non dico che il mio cane ha un blog. Scelgo timidamente un pezzetto di ginocchio di mucca, pensando poi di buttarlo. A casa mentre metto a posto la spesa, Bryce fiuta l’osso e scodinzola allegro. Rimango interdetta e glielo allungo. Lui lo appoggia a terra in giardino, lo fiuta, pare deluso. Mi guarda come a dire: “Non è caciotta?” Però lo rosicchia, ci prende gusto e infine fa una buca che potrebbe contenere un osso di dinosauro e lo seppellisce. Quindi ci ripensa e lo tira di nuovo fuori impanato di terra, lo ciuccia e poi ci si sdraia sopra. Piove. Il giardino pare abitato da una famiglia di talpe giganti. Io non cucino e il mio cane ha un blog.

“Per gustare al meglio un osso di ginocchio di mucca lasciarlo decantare una notte intera sotto uno strato di ameno 20 cm di terriccio umido, preferibilmente bagnato con acqua piovana poiché il pulviscolo atmosferico contenuto nelle gocce esalta il sapore ferroso dell’osseina. Estrarlo al mattino, scrollarlo dolcemente per eliminare il terriccio superfluo e, se avete un palato davvero esigente, consumatelo in posizione semi-sdraiata sul divano buono nel salotto del vostro umano.” (Cit. Bryce)

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Bottega del macellaio di Annibale Carracci, 1585

 

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vet o mio dolce vet

brik nella sala d’aspetto del veterinario fa il polemico.

Lui entra e si guarda attorno, ignora i pazienti miagolanti nei trasportini o nelle gabbiette e si concentra sui cani. Cerca subito di stabilire un contatto con ognuno dei presenti, lui non si fa i fatti suoi, lui deve annusare con chi divide la stanza.

Bryce: – La fauna della sala d’attesa del veterinario non è delle migliori. Ho sentito lì dentro cose, che voi umani neanche potete immaginare. Stiamo tutti insieme in quello spazio angusto, bestie di tutte le taglie: alcune immense, altre minuscole. Non dico che uno voglia farsi quattro corse e due, tre giri di annusate di sottocoda, ma un minimo di socialità non guasterebbe per stemperare il nervosismo.

Lui osserva un TerOLYMPUS DIGITAL CAMERAranova di dimensioni orsine, sdraiato, pacifico, con il muso a terra. Brik strisciando con indifferenza cerca di avvicinarlo. Quello apre un occhio e lui s’immobilizza (uno, due, tre, stella?) e poi ancora spalmato a terra cerca d’arrivare ad annusargli una zampa. Il Terranova apre entrambi gli occhi e il brik sbatte la coda socievole:  – Ehi orso, come va?

 Bryce: – L’orso fa da tappeto e comunica solo aprendo e chiudendo gli occhi neanche fosse in stato terminale, una cagnina bianca ansima di paura, il cucciolo di Golden mena pacche e si morde la coda. Pare abbia fatto fuori l’intera confezione di pillole anti-concezionali della sua umana comprese di blister: eh, no, i cuccioli non ci arrivano proprio! Poi c’è il Lupo Cecoslovacco: ecco quello di sicuro non lo reggo! Ti guarda con lo sguardo accigliato che ricorda quello degli Husky, uno sa che se sei un Husky guardi così, ma se sei un Lupo Cecoslovacco, invece, DAI FASTIDIO… Poi sta fermo, in punta di zampe e ringhia fesso, come se fosse arrivato ieri dalla Siberia e non conoscesse altri abbai se non “io ti spiezzo in due”. Rilassati, Siberia! Gli volto le spalle. Ti ignoro Siberia, smettila di grugnire.

 Brik si dimentica di quelli in attesa, si sdraia elegantemente: zampe alla stracciatella distese, spalle erette, orecchie dritte (una a metà) e muso illuminato da due occhi attenti a quello che avviene nell’ambulatorio dietro la porta a vetri.

Bryce: – Mi siedo con sfacciata eleganza e il mio sguardo si concentWP_20150125_11_29_13_Prora sui suoni che provengono dall’ambulatorio vero e proprio. Cerco di decifrare un urlo felino: raccapricciante. Lo stomaco mi si stringe. Esce la dottoressa e parla: seguo il movimento delle sue labbra, mi sforzo di capire il linguaggio degli umani. Gli hanno schiacciato le ghiandole perianali? Guardo il gatto nel trasportino: sì, succede anche questo qui dentro, e poi ti rattoppano, di pungono, ti spediscono a fare un trip con l’anestesia, ti misurano la febbre in modo non convenzionale. Io alla fine ci ho rimediato un orecchio ricucito abbastanza dritto, con tre strisce genetico-fashion bianche, una sorpresa della natura! Sì, ci può stare fratelli: il mio nome totemico sarà Orecchia Striata, anche meglio di Due calzini!

Bry

 

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Cose da border!

Uscire a passe10550047_820764791281935_2976515709617797343_oggio con Bryce non è sempre facile. Se si è in compagnia e qualcuno si allontana dal gruppo, lui si impegna a seguirne le tracce e a recuperalo. Tira e abbaia e devo sgridarlo per la troppa veemenza. E’ un comportamento tipico dei cani da pastore.

Brik: – Un branco è un branco. E’ una questione di senso di appartenenza. Si caccia e si mangia insieme. La Umi e i fratelli si siedono al bar e sbranano le brioche, io caccio le briciole sotto il tavolino. E’ un comportamento tipico da umani.

Bryce, certe volte, insegue le macchine e vorrebbe acchiapparle, vorrebbe poter radunare anche quelle! Ma è un cane forte e io rischio di volare dietro a lui come se fossi un palloncino attaccato al guinzaglio di un border!Foto0263

Brik: – Quando le vedo passare… io non vedo macchine ma pecore, no, caproni, che dico: grosse mucche della val Rendena con il collare di borchie di ferro! Eh sì, mi faccio un viaggetto alla Bob Marley… e scatto ad acchiappare i grossi capi di bestiame. I miei occhi lanciano strali e la mia forza si quadruplica: posso radunarle quelle automobili, posso domarle e ammansirle… forse no, sono ferraglia non pecore lanose da riportare all’ovile. Sono solo scherzi del mio DNA.

Il brik va depallinizzato!

Brik: – Depallinizzarto? … niente scherzi, eh!

OLYMPUS DIGITAL CAMERAParecchio tempo fa Brik era il dominatore assoluto del gioco con la palla: non la restituiva, decideva lui quando dovevi tirargliela e ti abbaiava contro se non lo ascoltavi. Lo faceva con grande eleganza e non te ne accorgevi neanche di ubbidire ai suoi comandi. Piano piano abbiamo riportato la cosa sul piano del “giochiamo insieme”, ma rimango comunque affascinata di come un cane sappia gestire persone e cose con tanta abilità e altrettanta classe.

Brik: – Sono malato di pallinite acuta! Amo acchiappare al volo la pallina (gli umani giocano a squash, no?) e mi piace giocare con chi tira bene, chi lo vuole un lanciatore da schifo nel baseball?  Io ero un ball-trainer prima dell’inizio della depallinizzazione, il grande coach dell’area cani!

Ciò non toglie che io adori Bryce perché il suo muso e suoi occhi sorridono e la sua coda spazzola l’aria rallegrando ogni giornata. Con lui al mio fianco guardo avanti con positività e un pizzico di fortuna in più!

Brik: – Ciò non toglie che io adori la Umi perché serve ottimi pasti, mi porta in uno dei migliori campi per l’agility e durante la giornata mi tiene sempre al suo fianco, così mi sento utile e molto fortunato.

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                                                    Giuli&Brik

 

 

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Di parola in abbaio: prospettive diverse nell’andar per sentieri

Umi – In campeggio, in montagna, cercando di dimenticare quello che non è bosco, pietraia e cima, si entra in una dimensione di essenzialità. Camminare e salire e poi scendere per il piacere di sentire la stanchezza e la fame, l’aria fredda e il sole che brucia. Un esercizio fine a se stesso che purifica l’anima e resetta il cervello.

Brik – Boschi e boschi, sentieri da non seguire e correre solo per tornare al richiamo, immaginando di essere libero ma in fondo contento di riaccostarmi alla Umi con un bastone in dono. Sorridere con gli occhi scodinzolando e aspettare la Umi che viene avanti col mio stesso sguardo.

Umi – Il primo giorno il brik ha dato l’anima, impazzito di felicità non si è risparmiato poi ha capito che il campo base era al campeggio circondato dai boschi e allora ha cominciato a dosare le energie: riposare quando ci si ferma e dormire al campo per poi godersi a pieno il resto del giorno.

Border al bivacco
Border al bivacco

 

 

 

 

 

 

 

Brik – La Umi è sempre in marcia, ma poiché le hanno parlato del pericolo vipere, per la maggior parte dei sentieri rocciosi e soleggiati mi tiene legato. Si è comprata un’apposita cintura da vita alla quale attacca il guinzaglio. Risultato: quando saliamo mi tocca tirarla su in cordata e per fortuna quando ha messo un piede in fallo l’ho tenuta, altrimenti sarebbe scivolata. Conclusione: la Umi la porto io! Nei passaggi difficili prima passa mio fratello umano, poi io lo raggiungo e quindi mi volto, lancio un abbaio e aspetto che arrivi la Umi. Lei è la solita spacca-pigne e pretende che ubbidisca al “resta” e al “torna” all’istante. L’accontento, non mi costa molto e aspetto di scendere nel bosco: lì sono libero e guido io.

Border in cordata
Border in cordata

 

 

 

 

 

 

 

Umi – Camminare di buon passo salutando quelli che s’incontrano lungo il percorso, un sorriso e qualche informazione sul punto d’arrivo e poi ecco il rifugio montano dove concedersi lo strudel, quello dal sapore speciale che sa di premio, che è buono perché ce n’è bisogno, che non è il dolce di fine pranzo.

Brik – I rifugi sono ottimi per riposare sotto le panche con acqua a disposizione e ombra, ma mi disturba un po’ rimediare appena qualche pezzetto di mela mentre sopra la tavola c’è un profumo invitante, dolce e avvolgente che ti fa venir fame! Rifocillare il cane con una Sacher, no?

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Umi – Tesori del bosco

Brik – Ma perché la Umi raccoglie questa robaccia?

 

 

Border in tana
Border in tana

 

 

 

 

 

Giuli&Brik