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Auguri, abbai e altri affanni

Tocca a me prendere l’abbaio.

Tocca a me scrivere per lei.

A sua madre volevo bene. Sua madre cercava di fregarmi, andava quatta quatta alla credenza e frugava nella scatola dei biscotti con destrezza, ma quando si voltava io ero lì e la guardavo. «Giuli dice che ti fanno male» borbottava, ma sapeva che diceva lo stesso anche a lei. Allora divideva. Non dovevo neanche impregnarmi troppo con il muso spezzacuori.

Le facevo spesso compagnia quando era malata, quando anche il gatto era con lei, quando era molto triste.

Il giorno che se n’è andata non capivo niente. È scivolata via, non ho sentito nulla, solo il vuoto. Sono un cane, la morte l’accetto come la vita, non la vedo arrivare ma la riconosco. Non sapevo cosa fare e mi sono ricordato della sua tristezza.

E la Umi non è stata mai ferma, lei sa sempre cosa c’è da fare. O forse non lo sa ma sembra che lo sappia. Fa. Solo io capisco quanto è confusa, perché mi sento confuso anch’io e litighiamo. Io abbaio alle macchine, lei mi sgrida, io lo faccio di nuovo, lei dice che mi detesta. Ma non è vero. Ci azzuffiamo solo per distrarci dalla confusione.

Anche andare a casa sua è stato sconcertante, non volevo entrare, mi ha dovuto strattonare dentro. Mi sono rintanato dietro al divano, dove andavo di solito, ma non era come al solito. Le sue cose hanno ancora il suo odore e lo avranno ancora per molto tempo, almeno per me che sono un cane.

La Umi fa, stacca quadri, prende libri, svuota cassetti ed è tutta una baraonda.

Poi si siede sul divano e sta, si guarda attorno e non fa più niente per un po’ e poi ce ne andiamo, ma l’indomani torniamo e lei fa di nuovo la stessa manfrina. Così la baraonda è diventata confusione pure fuori.

Ora siamo più liberi lei e io. La libertà ci piace perché possiamo scrivere e leggere e camminare quando ci pare, perché non dobbiamo preoccuparci più di nessuno se non di noi. Eppure ci sentiamo un po’ più poveri, ce ne rendiamo conto.

Io sono un cane e non ci penso troppo. Lei ci pensa di più. Allora io abbaio alle macchine, lei mi sgrida, io lo faccio di nuovo, lei dice che mi detesta. Però, ancora una volta, non è vero, ci siamo distratti e non pensiamo più.

È quel periodo dell’anno in cui si festeggia, essendo un cane non mi interessano le festività e la Umi è un po’ cane pure lei perché non interessano tanto neanche a lei. Però tra gli umani le festività sono importanti come è importante per me, quando incontro un altro cane, annusargli il didietro. Allora la Umi ha tirato fuori tutti quei ciuffi di abete con i fiocchi rossi sui quali, purtroppo, non si può fare pipì e ha comprato una teglia usa e getta per fare la pasta al forno che potrò ripulire a fine pasto e sarà una goduria. Il lato culinario delle festività umane non è da disprezzare.

Insomma la Umi è troppo impegnata a dividersi tra libertà e povertà, tra pacchetti, lasagne e ricordi, quindi mi è toccato farle presente che doveva fare gli auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutte le sue amiche e amici, a tutte le sue lettrici e lettori.

Pensaci tu, mi ha risposto.

Allora, da parte mia e sua, vi abbaio tanti auguri perché abbiate in abbondanza cibo da rosicchiare, boschi in cui correre e cieli a cui ululare,

spero sia abbastanza,

vostro affezionato,

Brik

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Io (Brik), il burro e la carota

Non è che solo perché sei un cane non conosci la differenza tra le azioni che fai e che gli umani fanno.

Pane, burro e marmellata è la colazione della mia umana di riferimento (Umi per semplicità). Per me basterebbe il burro. Conosco bene la differenza tra quello di pianura e quello di montagna. Il primo è dolce, equilibrato, fine; il secondo denso e deciso. Lo preferisco: ha un odore intenso con il sapore (ma anche il sapere) persistente dell’erba e il colore paglierino del fieno. Comunque, di solito, mi accontento.

Conosco la differenza tra l’apertura della scatola dei biscotti e il tonfo secco della custodia porta-burro. E quindi so chi fa colazione, anche se non mi formalizzo. Non deludo nessuno. So anche la differenza tra lasciarsi sfuggire e offrire. Stabilito che, come da contratto (ius primae ientaculi), chi fa colazione con pane, burro e marmellata mi deve un ricciolo del panetto bianco: se nell’offrirmelo cade a terra, me ne spetta un secondo. Ti è caduto, non me lo hai dato. E tutto ciò che è commestibile sul tavolo è tuo, sotto è mio.

Se lo depositi nella mia ciotola, mi va bene. Resta più rapido, forse brutale ma decisamente soddisfacente, indirizzarlo verso di me con un movimento secco del polso mentre ci guardiamo negli occhi. Lo prendo al volo e ci lasci anche l’odore delle dita, che mi piace perché sa di noi.

Sono un cane e anche se non parlo ma abbaio, sento quello che pensi, provi e neanche tu sai. Quindi non offendermi, per favore. Nel caso tu fallisca la prima consegna, molla il secondo ricciolo di burro senza farti pregare o mostrarti poco elegante nel richiedere, ogni volta, di essere da me sollecitata. 

E la carota?

Beh, quella è un’altra storia.

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Lettera aperta di scuse del cane coautore alla sua umana di riferimento

Sì umana, sono pentito. Ti ho leccato la mano e ho scodinzolato timidamente, non hai visto?

Posso spiegarti, però, non è come sembra.

Cerca di capirmi,  è una legge di natura, i giovani vogliono stare con i giovani e io con i giovani adulti di casa nostra mi ci trovo proprio bene. A causa di questa storia del virus contagioso… che c’avete solo VOI umani e noi bestie no, anzi forse ce l’avevamo e ve l’abbiamo scaricato perché VOI non la smettete di mangiarci…

(E datevi una calmata umani ingordi, che noi mangiamo solo quando abbiamo fame e uccidiamo anche solo in quel caso, mica a caso o per sport come voi).  

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Per colpa di questo virus, dicevo, c’erano tre young adult tutti per me a casa nostra e abbiamo guardato la tivù insieme fino a tardi, ho dormito a turno con tutti loro e fatto colazione a turno con tutti loro (io ho fatto tutti i turni coscienziosamente) e poi abbiamo tirato corda e palla e anche se ho dovuto vederli giocare con dei listelli di legno che non potevo rosicchiare, non fa niente.

(Loro dicevano che stavano costruendo una cassa da orto – o da morto non ho capito bene – per il balcone – chi sarebbe morto sul balcone? – perché in giardino non si può coltivare che è solo mio e dei gatti, MA non ci ho creduto – anche se confermo che il giardino è solo mio e non dei gatti).

Ecco, in mezzo a questa meraviglia di fratellanza mi sono addormentato con quelli della mansarda e mi sono dimenticato di venire a dormire in camera tua. Così, la mattina, ti sei svegliata da sola.

Immagino lo spavento. Il vuoto. Lo sconcerto. 

Capisco di averti ferito. In otto anni di vita ti sei sempre svegliata con le mie tenere testate, qualche leccatina delicata e a volte ti ho anche offerto il mio petto da grattare.

Conoscendo come sei ansiosa, immagino che tu non vedendomi abbia pensato che mi fosse successo qualcosa; eri certa che nulla mi avrebbe tenuto lontano da te e quindi forse giacevo stecchito sulla poltrona del salotto o chiuso fuori in giardino come un povero randagio o uno stupido cane da guardia.

Ho sentito la tua voce tremula in corridoio che mi chiamava e mi sono svegliato di soprassalto; mi sono catapultato giù dalla scala a chiocciola ma ormai era troppo tardi. Quando mi hai visto arrivare hai capito che stavo benissimo. Eri forse un po’ sollevata, ma anche rattristata. Mi sono subito sentito in colpa, te ne sei accorta?

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Però anche tu quando vai nelle scuole o nelle biblioteche a parlare dei tuoi libri e stai fuori più giorni non mi porti con te e non ti svegli con me e allora, per una vola, fai finta che, quale autore cane di un blog, sono stato invitato a fare un workshop per autori cani e sono rimasto a dormire fuori. Che ne dici? Può andare?

Sentitamente sempre tuo,

o quasi sempre solo tuo,

Brik

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Zuffa di sera, bel tempo si spera

Grosso meticcio a ore nove, Rottweiler a dritta e alle spalle un Labrador. Ad agosto stare in campeggio per noi cani non è uno scherzo. Gli umani non capiscono niente, ci mancano di rispetto. Il nostro naso è tormentato da infiniti messaggi odorosi diversi, il nostro istinto vorrebbe mettere ordine: stabilire gerarchie, allontanare i provocatori, identificare i reietti ma non è possibile. Infiniti guinzagli ci inchiodano in un quadrato di terra, senza neanche una recinzione a dare un senso alle nostre frustrazioni. Mi domando se sia questa la domesticazione…

Giorni fa, in val di Fiemme, abbiamo incontrato tre simil-border liberi nei campi lungo la strada. Mi hanno individuato da lontano e mi sono venuti incontro. Erano tipi montanari, tutto muscoli e lotta per la sopravvivenza. Zuffa di sera bel tempo si spera, mi sono detto. Poi mi sono ricordato di essere al guinzaglio e che dall’altro capo mi trascinavo la Umi* che è una che raccoglie le deiezioni e sfila orgogliosa davanti ai forestali nel bosco con me al piede. Niente zuffa, mi sono detto, buttarla a terra con uno strattone mi dispiaceva. Allora ho sentito la Umi dire: Richiamate i cani, per favore.

Lei chiede sempre per favore. Come se qualcuno facesse mai un favore a qualcun’altro che non sia se stesso. Lei è così. La trattano male e si avvilisce: non riesce a capire le cattiverie. Non ci arriva. E’ scema.

I cani da pastore mi hanno guardato e io ho bloccato la coda ritta in alto, ferma come una mezzaluna dal pennacchio bianco:  sarò pure al guinzaglio ma non ho la museruola ragazzi, intendevo dire a chiara coda. Il contadino, il capo di quei tre rozzi, era grosso, indossava una giacca vecchia e un cappello calato fin sugli occhi. Quello che della sua pelle si vedeva era del colore della corteccia degli alberi, scuro e rugoso. Ha fatto un sibilo che la Umi non ha sentito, ma che mi ha trapassato il cervello. Io non muovevo un muscolo tenendo d’occhio quei tre, ma loro si sono ritirati e hanno riparato accanto al loro grosso umano. Si capiva che si sarebbero divertiti a farmi a pezzi, ma avevano rinunciato. Lui era la mano che li sfamava dopo ore di guardia o di lavoro tra le pecore o le mucche, chissà. I tre gli scodinzolavano attorno, c’era un patto tra loro: tu mi sfami, io ti obbedisco, ‘fanculo la libertà!

Un classico, ma lo ammetto, un patto è più bello di un guinzaglio.

Io sono rimasto immobile, con un’orecchia e mezza dritte e lo sguardo attento. La linea del mio corpo elegante non aveva nulla a che fare con quei tre, la mia intelligenza da blogger, la mia convivenza con una scrittrice facevano di me un animale diverso. Sono sempre un cane, ma vuoi mettere?

Alcuni di noi cani lavorano nelle fattorie, altri praticano sport e parecchi fanno da badanti nella case degli umani. Poi ci sono io che sto con la Umi e penso che patto o guinzaglio la vita sia sempre un compromesso e, ‘fanculo la libertà, io proteggo la Umi che degli umani non ci si può mai fidare.

Concludo con un consiglio letterario non occulto né disinteressato (se lei vende io mangio): l’ultimo libro della Umi: UN’ ESTATE DA CANI che purtroppo non è la mia autobiografia, ma è strepitoso ugualmente. Abbaio mio!

 

 

 

(Umi= Umana di Riferimento, in questo caso Giuliana Facchini, leggi anche Spieghiamoci… per capire meglio! nda)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Se i cani potessero parlare starebbero zitti

WP_20160609_14_59_29_Pro (2)Se i cani potessero parlare direbbero uno spartito di parolacce agli umani. Già, perché a me, ogni mattina tocca indovinare che musica tira.

Allora: il ritornello è sempre lo stesso.

La Umi si alza dal letto e ciondola fino alle scale, poi torna indietro perché ha scordato di prendere il telecomando per disattivare gli allarmi. (Come se io non bastassi: evviva la fiducia!) Facciamo colazione, lei scorre le notizie fb, io do un’annusata a chi è passato in giardino durante la notte: tabloid per entrambi.

Ma poi? Che musica sarà?

-Una ballata?

La più comune e tranquillizzante… La Umi s’infila un paio di pantaloni da trekking e una maglietta, si lava i denti, io mi do una scrollata alla pelliccia e usciamo. Tutto veloce e senza intoppi. Arrivo a pisciare sui siti sensibili a un orario accettabile aggiustando qualche tirata di guinzaglio alla Umi. Dopo si sta a casa: lei alla scrivania, io sotto.

-Una sinfonia per orchestra? 

La più incerta… La Umi va in bagno, si fa la doccia, si guarda allo specchio fa un po’ di smorfie, scuote il capo sconsolata. Sale su un quadrato di vetro con numeri rossi lampeggianti e dice una parolaccia (irripetibile). Poi si sistema i capelli e torna in camera, si veste, quindi:

– Variazione 1- tempo: Allegretto grazioso, la Umi dice: “Andiamo a prendere la nonna in macchina” e significa che devo trattenerla e piscerò sui siti sensibili per ultimo, svaccamento totale della giornata.

– Variazione 2 – tempo: Andante moderato, la Umi dice: “Giretto veloce che abbiamo un sacco di commissioni da fare” e significa che devo togliermi tutta la pipì in fretta dalla vescica perché negli uffici non c’è toilette per cani. Mi preparo a lunghe code spiaccicato su pavimenti scomodi, oppure mi toccherà stare seduto ore in camerini stretti mentre la Umi, che non è fornita di comoda pelliccia propria, prova pellicce sintetiche senza trovarne una che le piaccia.

– Variazione 3 -tempo: Calando grave, la Umi dice:”Vado a fare la s-p-e-s-a” e significa che devo fare pipì veloce trascinando un’umana depressa. La definizione di “Spesa” nel vocabolario della Umi: grave e indispensabile sacrificio che consiste nell’andare a caccia in una riserva artificiale di cibo per sfamare la prole.

-Un requiem?

Il più deprimente… La Umi non perde tempo, si veste con cura, si dipinge il viso con cura, sorride alle specchio. Non si pesa per evitare ogni malumore. Riempie una borsa di libri, molti suoi. La osservo andare e venire tra le stanze. Danza leggera tra mobili, letti, scrivanie, mi bacia sulla testa e dice: “Tu non puoi venire“. Starà via per parecchie ore. Sono già in cuccia nel mezzo del balletto: lei va a divertirsi senza di me. Scuole, librerie, biblioteche non vogliono cani e la Umi dice che io mi comporto male, ma non è vero. Discutiamo molto su questo punto ultimamente e soprattutto sulla comune accezione della parola “cane”.

– la Marcia di Radetzky di Johann Strauss padre? 

Quella che vorrei suonasse tutte le mattine. La Umi non perde tempo, si veste con cura ma non si trucca e né si pesa. Non dice nulla. Prende uno zaino, crocchette, acqua e qualche libro. Saltiamo in macchina con una deliziosa sensazione di festa: andiamo via insieme e basta routine. Mare, festival, montagna, non c’importa, ovunque staremo insieme. Ci fermiamo a fare pipì e lei beve il caffè, poi si parte. Nuove esperienze, nuovi amici da annusare, nuove avventure da vivere: Giuli&Brik!

Se i cani potessero parlare starebbero zitti.

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L’amico del giaguaro…

Sheep-dog, pecore, governo del gregge fanno parte del lavoro del Border Collie, eppure Brik li snobba. Lui adora assaggiare le praline di cacca di pecora e abbaiare alle galline del recinto vicino. Grida anche due abbai offensivi ai cavalli ma delle pecore se ne infischia.br

Questa è l’idea della Umi dopo varie lezioni di governo delle pecore affrontate insieme a Bryce, ma nella testa del giovane bricchetto, mentre sozzo e stanco riposa, passano ben altri pensieri…

“…Io mi domando: perché devo radunare quattro pecoroni spaventati? D’accordo sono un border e se mi portate in una fattoria nelle lande sconfinate e con un gregge di pecore da condurre all’ovile posso anche darmi da fare, ma io nel recinto con i pecoroni ci sto stretto. Poi quelle povere bestie sono stufe di far lezione al “cane” di turno. L’istruttore spiega alle persone cosa fare e queste eseguono, s’improvvisano pastori e i Istantanea 8 (12-02-2016 22-04)cani s’impegnano e alcuni tentano pure di mordere le pecore. I cani, quelli qualunque, mica lo sanno che in competizioni serie di sheep-dog mordere allo stinco la pecora o pinzarla (come diciamo noi in gergo tecnico) è una grave penalità. Possono essere anche squalificati per una pinzata! Non che voglia fare l’amico del giaguaro o riscrivere Tom e Jerry sovvertendo l’ordine naturale della cose, ma a me quelle testone lanose mi fanno pure pena: tutto il giorno a girare e rigirare come sceme nel recinto, a entrare e uscire dai “gate” rischiando lo stinco solo per divertire l’umano di turno! Noi border le pecore le governiamo con lo sguardo, sono i nostri occhi a dare i comandi… ma che Pastori Tedeschi vadano in polizia e lascino a noi il lavoro sporco! Le zampe s’insudiciano di fango, il pelo si gonfia e i nostri occhi magnetici intimano alle pecore ribelli di rientrare nel gruppo. Questo in Scozia o sui pascoli d’alpeggio, mica nel recinto del maneggioIstantanea 10 (12-02-2016 22-06) dietro casa. Lì si dà fastidio alle galline del pollaio, perché un border serio ha soprattutto l’indole del rompiscatole. E’ irriverente, potenzialmente mascalzone e estremamente intelligente da capire quando c’è un umano da coccolare. Con i cavalli, invece, noi border ci divertiamo sempre a dialogare, loro sono esseri dotati di grande empatia e ironia, quattro battute ce le scambiamo volentieri quando c’incontriamo. In quanto al pralinato, beh ognuno ha le sue debolezze e i suoi gusti. E poi è tutto cibo vegano, eh!”

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Come ti ammazzo la Umi…

La Umi mi preoccupa: ha la testa fra le nuvole. Qualche giorno fa si è buttata giù dal marciapiede. Mi sono fermato ad aspettarla perchè era finita lunga distesa per terra e ha dovuto rialzarsi. Ieri si è spiaccicata sulle strisce pedonali. Stavamo attraversando la strada e mentre una macchina si fermava per lasciarci passare, quella che veniva in senso opposto ha proseguito dritta.

WP_20151031_09_17_57_ProIo e la Umi abbiamo indietreggiato e mi sono innervosito non poco: imbecille di un automobilista non vedi che porto un’umana anziana al guinzaglio? Ti sembra corretto non fermati? Gli ho abbaiato. Avrei voluto correre dietro a quel pecorone di ferraglia bianca, avrei voluto strappargli gli pneumatici, masticarli bene bene e una volta ridotti a un chewing gum, appiccicarglieli tra il pelo. (… fa così schifo che devono tosarti per ripulirti, lo so per certo.)

La macchina successiva si è fermata e io ho proseguito fino al marciapiede e mi sono voltato: la Umi ha messo la zampa sinistra davanti a quella destra, poi ha spostato quella dietro avanti e si è annodata e sbilanciata e in un nanosecondo è finita lunga distesa neanche volesse nuotare a stile libero sulle strisce pedonali. I tizi al volante se la ridevano, ma io sono un cane e non rido. Meno male che la Umi, dato che non è provvista di pelliccia, è sempre imbottita con giacconi, sciarpe e scarponi e non si è fatta troppo male.

La Umi mi stava sgridando perché,  secondo lei, tiro al guinzaglio (gli umani se la prendono sempre con qualcuno per i propri errori e spessissimo noi cani ci andiamo di mezzo), quando si è fermata accanto a noi una pecora di ferraglia bianca con una ragazza carinissima dentro che le ha chiesto se si fosse fatta male. La Umi ha sorriso in modo rassicurante. Io ho abbaiato se potevamo adottarla quella ragazza dalla voce gentile.

Per tirare fuori la Umi dall’umore più nero basta una “gentilezza”. Pare che la “gentilezza” sia un dono molto prezioso e ricercato tra gli uomini, una cosa che in canino si traduce in dolci leccatine in punta di lingua e in gattese in un gorgoglio sommesso di prrr prrr chiamato fusa. Comunque la ragazza sarebbe piaciuta una sacco anche ai miei fratelli umani e soprattutto aveva fatto dimenticare alla Umi che mi stava incolpando per il suo tuffo imbarazzante. L’avrei adottata subito.

Abbiamo proseguito la nostra passeggiata e ho camminato al guinzaglio in modalità Beagle raffreddato (cioè: muto, sordo e cieco). Ero risentito, lo ammetto. Tirare IO quando andiamo al guinzaglio? Ma se la devo trascinare la Umi per quanto cammina lentamente!

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Sogni proibiti

E’ buio, hanno alupoppena finito di cenare. Chiacchierano tranquilli e si siedono sul divano davanti al televisore. Stanno decidendo che film vedere. Scivolo via dal mio nascondiglio dietro la poltrona. E’ il mio angolo privato, un posto dove m’intano quando non voglio essere disturbato. Nessuno si accorge di me, mi muovo cauto, le zampe appoggiano silenziose sul pavimento. Sono nero e invisibile come la notte. Raggiungo la preda. Sono sotto di lei. Nell’altra stanza non sospettano nulla, sono ignari e io sento il suo odore. E’ lì sdraiata, non può fiutarmi. Il lupo è pronto a scattare. La salivazione aumenta, lo stomaco brontola. Indietreggio e calcolo mentalmente il percorso: il cuscino sulla sedia soffocherà il rumore del balzo.

E’ questione di pochi secondi e sono su: è mia. E’ mia.

-Ho sete, vado in cucina a bere. Questa frase galleggia nell’aria come un avvertimento, poi l’interruttore scatta: un cerchio di luce m’investe.

Segue urlo ciclopico. pizza

Quando si dice la sfiga: ma proprio ora la Umi doveva avere sete? Avevano lasciato sul tavolo una fetta di pizza coi peperoni, la mia preferita e l’ho fatta fuori.

All’urlo si aggiunge uno sguardo severo al quale rispondo con aria innocente che tenta una spiegazione: – Ero certo che fosse stata lasciata lì per me!

-Scendi subito dal tavolo di cucina – ordina la Umi con voce dura.

-Ops! Non mi ero accorto di esserci sopra.WP_20151007_08_54_27_Pro

-Sparisci: ladro! – prosegue la pizzaiola indiavolata.

Assumo un’espressione contrita: orecchie abbassate e coda tra le zampe. Mi defilo in velocità e sparisco nel mio angolino.

Quante storie per una fetta di pizza. Toh! Ho un po’ di salsa di pomodoro sulla zampa: una delizia da leccare. Era la mia preferita, coi peperoni. Slurp.

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Sogno proibito del giovane Bricchetto

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Sì, viaggiare…

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Non so se mi piaccia viaggiare, ma so che non posso mollare la Umi. M’innervosisce visitare luoghi che non conosco, non riesco a sentirmi tranquillo e continuo a guardarmi le spalle. E’ un periodo così: voglio proteggere il mio branco ma non so se ce la faccio e questo mi disorienta. Devo ammettere che PsicoPit mi ha lasciato una bella cicatrice.

Comunque viaggiare ha i suoi lati positivi, specie se si accompagna la nonna. La Umi dice che lei soffre di glicemia alta ma nazionale, non so bene cosa voglia dire però la nonna ha un fiuto che fa invidia al mio. In prossimità di bellissime pasticcerie dice sempre che è stanca e ha bisogno di una sosta. Aggiunge che “il cane”, intende me, ha sete e io faccio il muso di uno che ha sete. – Non appena appoggi a terra la coda, in Francia, ti portano una ciotola d’acqua. Forse hanno paura che i loro cani muoiano disidratati, chissà se qualcuno li lascia in macchina al caldo anche lì? – Poi la nonna dice che “il cane” (sempre indicando me) ha fame e io faccio il muso di uno che ha fame, molta fame, sta morendo di fame. Rimedio un pezzo di dolce mentre alla Umi esce il fumo dalle orecchie e nei suoi occhi scorrono parole poco signorili.  La nonna sostiene che in vacanza le malattie vadano lasciate a casa per viaggiare leggeri. Che l’entusiasmo del viaggio brucia il colesterolo e gli zuccheri in eccesso, ma la Umi non è d’accordo. Medita per qualche istante e valuta a chi facciano peggio, tra me e la nonna, gli zuccheri della torta. Vince la nonna, quindi io rimedio la mia parte con soddisfazione.

Il momento migliore dalla vacanza, però, rimane quando al mattino io e la Umi sgusciamo fuori dalla stanza e scendiamo in paese. Camminiamo in silenzio, a noi piace il silenzio. Ci sediamo al tavolo di un caffè e lei beve una Noisette, come i francesi chiamano il caffè macchiato. Il barista è un uomo di una certa età, con tanti capelli bianchi e un sorriso accogliente. Ogni mattina ci presenta ai suoi clienti e ce n’è sempre qualcuno d’origine italiana. Poi passiamo nella piccola Boulangerie, panetteria, per laWP_20150828_07_26_54_Pro brioche. Io non devo rimanere fuori, entro e sono educato. La proprietaria, una donna gentile e dolce (ovvio), mi offre ogni mattina un biscotto a forma di cuore. Che è a forma di cuore lo ha detto la Umi, io so solo che è buono e sa di burro. Resto composto mentre la Umi chiacchiera e paga e, prima d’uscire, saluto con un colpo di coda e un sorriso canino.

L’ultimo giorno prima di ripartire, la Umi ha comprato una scatola e l’ha fatta riempire con tanti di quei biscotti e non solo a forma di cuore. Mi sono dolcemente illuso che fossero per me: uno ogni mattino, non aveva importanza la forma, in fondo. Invece la Umi ha aperto la scatola in Italia, quando la nonna non c’era, con i miei fratelli umani, assaggiandoli insieme a un tazza di tè e per me ha scartato un osso di pelle di bufalo.

Qualcuno ha a portata di zampa il numero di telefono verde?

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Ho fatto “il caso”

Ecco l’ultima trovata della Umi: poiché sono un po’ irrispettoso dei cani che incontriamo per strada, mi ha portato da un educatore cinofilo di grande esperienza. Lui è un formatore e insegna, quindi io ho fatto “il caso da esaminare” davanti ai suoi allievi. Solo alla Umi poteva venire in mente una cosa del genere.

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lezioni di anatomia del dottor Tulp (1632) – Rembrandt

Dopo un’ora e mezza di macchina siamo arrivati in un centro cinofilo, scendo e mi fanno entrare in un campo da agility: una figata pazzesca! Salti, tubi, erbetta rasata! C’era pure il mio conduttore abituale fornito di gioco-treccia, insomma un paradiso e io mi son dato da fare. C’erano anche una ventina di tipi che mi guardavano ma, vabbè, in fondo sono un figo: che guardino! Poi è arrivato l’educatore e ha chiesto alla Umi di PsycoPit e il morso e la Umi ha attaccato con lo storytelling.

WP_20150419_09_13_40_ProAdesso, io mi domando, avrò pure il diritto di non essere troppo fiducioso nei confronti dei miei simili? Dopo aver incontrato uno come PsycoPit che ti sbrana un orecchio senza motivo, lo sareste pure voi.

Comunque quell’umano parlava bene e a quanto pare diceva cose interessanti perché pure il mio conduttore s’è messo ad ascoltare. Ma scusa fratello: quando ci ricapita un campo da agility tutto nostro?  E quindi ho cominciato a rompere. Io protesto e la Umi si becca il predicozzo, perché i cani devono essere rispettosi del proprio umano.

Ma quando mai? Ma chi gliele mette in testa all’educatore ‘ste stupidaggini? La Umi è mia e me la gestisco io! Pussa via umano! Pensate che ero quasi riuscito a prendermi i pezzetti di cacio a prescindere dal fatto che meritassi una ricompensa o meno, stavo per educarla a distribuirmi cacio a volontà e adesso questo mi rovina tutto?

Poi mi hanno fatto passeggiare in parallelo a un grosso cane maschio, fulvo e lanoso, e io ovviamente non ho inveito contro di lui. Sì, l’ho fatto apposta perché mi piace destabilizzare gli umani, ma poi quello era un tipo simpatico: mi ci sarei fatto volentieri due corse e quattro abbai in compagnia! WP_20150524_16_29_27_Pro

Pazienza, con gli umani ci vuole pazienza. Tanto la Umi la gestisco lo stesso: gli mantengo due, tre fermi da manuale in agility, la sveglio al mattino con leccatine e pance all’aria, gli faccio gli “occhioni” e sarà pronta a essere rieducata lei da me! Quella stessa sera, per esempio: passeggiata senza predare le auto che passano sulla strada, nessun cacio a sbafo e tirare solo quanto basta… la Umi è tonata a casa basita, poveretta. Quasi quasi gli veniva il dubbio che non necessitavo di alcun educatore!

Sono terribile, “caso” mai vi venisse il dubbio.

Comunque, ben vengano coloro che educano gli umani a far rispettare i cani: PsycoPit gli orecchi non se li era sforbiciati da solo e il collare a strangolo di catena non l’aveva acquistato lui! “Attento all’uomo” recita un cartello nello studio della Umi e “Ho visto piangere gli animali” è il titolo di un libro scritto dal guardiacaccia Giancarlo Ferron. Meditate umani.

(…per sapere cosa successe con PsycoPit “L’orecchio del sabato sera“)

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Il potere delle storie (un altro punto di vista)

Alle volte la Umi si ferma a riflettere e guarda dentro e fuori di sé…

e IO cosa vedo?

Vedo una donna strampalata che crede ancora alle storie e vive in una strana casa con svariati umani, un border-blogger (me) e due gatti. Quello bianco, Indiana, più o meno amico mio, non avendo né la cattiveria dei randagi, né l’indole dell’assassino ottiene quello che vuole per sfinimento dell’avversario. Il Rosso, felinamente parlando, i topolini li porta ai vicini di cui usa l’abitazione, ma se di notte si ritrova fuori al freddo o sotto la pioggia, s’infila nella gattaiola (parola magica) e raggiunge il letto. Nel caso vi trovi Indiana cheIMG_6958 - Copia dorme, sale di soppiatto, individua un’area libera e si asciuga o semplicemente si scalda. Deve essere abile, perché se si sveglia l’altro, si passa alle armi bianche. Io di solito me la squaglio. Alle due o alle tre del mattino, nel silenzio della notte, si accendono zuffe con spargimento di ciuffi di pelo, miagolii da casa degli orrori e nel peggiore dei casi anche gatti volanti.

 

La Umi istallò la gattaiola, la simpatica bascula che dà autonomia ai felini di casa, come inno alla libera circolazione, come esercizio di democrazia animalista, non immaginava il disturbo della quiete notturna e neanche l’aurea magica che essa possiede. Già, perché il mio giardino è diventato la stazione londinese King’s Cross per i gatti della zona. In molti hanno seguito Indiana fino alla sua porta di casa per poi vederlo passarci attraverso. La gattaiola è il binario 9 e ¾. L’ultimo a rimanere folgorato è stato un randagio con la coda mozza. Ci si è piazzato davanti, miagolava e gorgogliava senza comprendere dove fosse finito il gatto (Indiana) che aveva seguito. L’unica cosa che non capisco opsè come sia passato il Rosso (non Ron, il gatto), che, diciamocelo, è molto babbano e tanto poco aquila. C’è da giurarci che ci sia lo zampino della Umi, che in qualità di creatrice di storie, sa spiegare le cose ai gatti. E’ pur vero che l’Anello venne affidato a un piccolo Hobbit, ma il Rosso non è paragonabile neanche a Frodo, questo è sicuro. Comunque, in casa siamo al completo in quanto a bestiario, mi eleggo guardiano del Varco e mantengo segreto il passaggio.

Aiuto! Mi sto impantanando nelle storie! Necessito al più presto di giro di agility o abbaiata a naso a naso con cane adulto privo di fantasia.

 P.S. Nella foto in basso a destra Brik e Dalì (detto il Rosso) da cuccioli, quando il primo riusciva a passare nella gattaiola e il secondo imparava a farlo!

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La scopa della Befana

No, dico, guardate come mi hanno conciato! OLYMPUS DIGITAL CAMERA

(Avete presente con chi mi tocca vivere?!?)

E Poi hanno tirato fuorOLYMPUS DIGITAL CAMERAi la storia della scopa.

Quando i mie fratelli umani erano ancora dei cuccioli, la Umi li svegliò la mattina del 6 gennaio e loro trovarono le calze piene di dolci appese sotto il camino e, lì accanto, quella scopa. Non l’avevano mai vista prima. Pare che la Befana ne cavalchi una simile e la Umi instaurò il ragionevole dubbio che l’avesse lasciata lì proprio la famosa vecchina. (Avete presente, AVETE PRESENTE con chi mi tocca vivere?!?) I miei fratelli tentarono di cavalcarla, a turno o insieme, ma quello stupido arnese… nulla da fare: non si alzava in volo! I bambini ne dedussero che la Befana l’avesse abbandonata proprio perché scarica, ma decisero di conservarla ugualmente con cura e la Umi fu assolutamente d’accordo.

Ecco, quella scopa èOLYMPUS DIGITAL CAMERA ancora qui e i miei fratelli, non più cuccioli ormai, stamattina l’hanno recuperata e io ovviamente mi sono unito al gioco: la stano, la mordo, la distruggo la scopa della Befana!

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To be, or not to be: that is the question…

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to be, or not to be…

Collare-cono o non collare-cono, questo è il problema: se sia più nobile sopportar gli oltraggi, le pomate e l’acqua ossigenata dell’iniqua fortuna o prender l’armi contro la Umi e combattendo disperderla. Border e Bardo condividono le consonanti. Entrambi inglesi, noi, entrambi poeti, noi. Chissà se anche lui invece d’andar dal vet andava dal chirurgo estetico come me?

 

E sì, perché in questa questione del mio orecchio masticato dal pitbull la Umi sta facendo “Molto rumore per nulla”. E io da Stratford-upon-Adige ne ho abbastanza. Se non sto attento potrebbe aprirsi il buco sull’orecchio? D’accordo: metterò l’orecchino. Come faceva Will o il corsaro Drake o, se volete, come i marinai sopravvissuti al passaggio di Capo Horn dove gli oceani si danno battaglia. Io ho doppiato il Capo della buona-speranza-che-mi-lascino-in-pace e fa lo stesso.

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…that is the question

E, come se la mia vita fosse una tragedia scespiriana, vige pure il divieto di grattarsi. La Umi ha emanato un editto: “Qualunque cane (…perché siamo in tanti!) si gratti verrà punito con un urlaccio” che perfora il timpano ma salva il padiglione auricolare. Nei momenti senza collare elisabettiano devo approfittare per darmi anche una ripulita, essendo un border mi lustro il pelo. Non puzzo, io, e poi i gioielli di famiglia vanno ben tenuti. Nessun grande stratega ha mai vinto una battaglia se l’artiglieria non era sciolinata a dovere e le palle di cannone non erano ben lustre.

dormiamoci su...
meglio dormirci su…

Dalla tragedia alla commedia come nel Globe di Will, per la via, io e la Umi, incontriamo un tale che s’informa se son maschio. (Che domanda!) La  sua cagnolina non l’avevo neanche vista, perché quello si porta appresso al guinzaglio un cappottino a quadri rosa e neri e non si capisce cosa ci sia sotto. Si ferma impalato e gesticola e fa discorsi stravaganti alla Umi, lei annuisce paziente e io smanio impaziente, e lei continua a sorridere con aria un po’ ebete… il tale, Capo Horn l’ha doppiato a testa in giù, due volte, e ci ha lasciato pure qualche rotella.

 

Mi domando: dobbiamo per forza essere gentili con tutti i matti che incontriamo? Quello, sotto al cappottino rosa, c’ha una papera di plastica con le sue rotelle, ve lo dico io.

Let’s go My Lady, please …insomma, Umi, soprassediamo?!

English Version To be or not to be: That is the question…

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l’orecchio del sabato sera

OLYMPUS DIGITAL CAMERASì, abbiamo passato un brutto sabato sera, ma non facciamola tanto lunga! L’orecchio morto che cadeva pendulo da un lato? Era una ferita di guerra, mi rendeva più affascinante! La Umi diceva che era antiestetico, ma solo gli umani si preoccupano dell’estetica. La Umi diceva pure che la ferita rischiava la necrosi e avrei potuto ammalarmi seriamente e morire. D’accordo, sono un quadrupede fortunato, mi hanno convinto e operato. Anche lì, però, vebbè, il viaggetto alla Beatles (detto comunemente anestesia) non è stato male, ma adesso basta fasciature e medicine e questo maledetto paralume che s’inchioda ovunque! Sopporto solo, per amore della Umi. Mi faccio medicare, ma mi morderei una zampa mentre, tre volte al giorno, pulisce le ferite e ci mette la crema antibiotica. Mi dà un fastidio cane (!) ma rimango immobile e al massimo lecco la mano della Umi, così per farla andare piano, per prendermi respiro, per ringraziarla perché so che insieme alla pomata spalma preoccupazione e affetto ben mescolati. Poi, la Umi, tutta contenta dice “Fatto! La ferita è bellissima!” Certo, io sono tutto bello, ferite comprese.

In conclusione devo stare tranquillo e fare passeggiate vigilate perché con una grattata di zampa potrei distruggere il lavoro del vet. Queste passeggiate tranquille sono diventate un incubo. Mi conoscono tutti, ma qualcuno (sfortunato, povero lui, un senza-facebook) non conosce ancora i particolari di quel sabato sera e allora ricomincia la cronaca dettagliata e sofferta dei fatti!

(Smosciamento ineluttabile di coda e orecchio sanoOLYMPUS DIGITAL CAMERA.) Senza contare gli aggiornamenti medici e le dissertazioni varie sulla questione se il compagno umano dell’assalitore fosse italiano o no e sul perché un pitbull “psico” girasse libero. Ci mettiamo una vita a fare il “mio”giro tranquillo e se abbaio di protesta mi tocca fare il “lie down”, si, sdraiato e fermo come farei con le pecore prima di radunare il gregge. Umiliante, in questo caso potrei radunare solo oche, dove l’oca più agguerrita è sempre la Umi. Si è presa una paura enorme e mi toccherà proteggerla e tranquillizzarla a vita. D’accordo è stata uno scontro duro e se me lo avessero lasciato tra le zampe, il pitbull non sarebbe tornato a casa intero, anche se io, probabilmente, ci avrei lasciato la pelliccia. C’è sgomento perché i due, cane e padrone (sì, padrone in questo caso), sono scappati a fari spenti, nella notte e rimangono un pericolo. Dicono che l’uomo in questione sia un vigliacco. Può essere. Tra gli uomini capita che ci siano dei vigliacchi, noi cani lo sappiamo bene perché le bestie siamo noi.

Bry

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pioggia e fuoco

Piove. Sono appena tornato umido di pioggia. Sono stato asciugato e frizionato a dovere. Me ne sto sdraiato sul tappeto davanti al fuoco acceso nel caminetto. Sento la Umi darsi da fare in cucina, ma non mi alzo tanto lei in cucina, dicono i miei fratelli, fa il Piccolo Chimico.

Rimango a guardare IMG_6568 - Copiail fuoco. La pioggia mi ricorda qualcosa, qualcosa che non so, ma che c’è dentro di me, da qualche parte. Non m’infastidisce avere il pelo bagnato, il sottopelo mi tiene caldo e asciutto. Mi piace correre sotto la pioggia, mi rende elettrico. Se chiudo gli occhi pizzicati dal calore delle fiamme, m’immagino al lavoro, sulle fredde colline dei mie avi canini, sento il fischio del pastore e il fango che m’inzuppa le zampe mentre raduno le pecore grosse e nervose.  L’energia del mio corpo giovane esplode nel lavoro di controllo e raduno e s’impone al freddo, al pericolo, al terreno pietroso che mi gratta i polpastrelli delle zampe.

Apro gli occhi sul mio branco. Il branco che amo come solo i cani sanno amare. Il mio fratello umano che ogni mattina sveglio a forza di nasate umide e che spingo fuori dalla porta e seguo con lo sguardo finchè non lascia il vialetto di casa. (…mica per niente, ma se perde l’autobus poi mi tocca “trattenerla” finché lo accompagniamo a scuola in città). Per svegliare l’altro fratello, invece, devo saltagli sopra con tutte e quattro le zampe, ma quanto dormono gli umani? Poi c’è la Umi. Quanta pazienza con lei. Si ferma a parlare con una coppia di anziani: lei con il bastone e il cane senza, ma sono certo farebbe comodo anche a lui. La Umi s’intenerisce e ogni volta quasi si commuove: il cane era del marito morto un bel po’ d’anni fa. Venne a prenderlo l’ambulanza e da allora il cane non sopporta più il suono della sirena. Il vecchio in ospedale prima di morire si preoccupava del cane e da allora la moglie se lo tiene sempre accanto come fosse il marito. Vita, Vecchiaia e Morte: va così Umi, finiscila di commuoverti ogni volta. Chiudo gli occhi e lascio che il calore del fuoco mi scaldi il pelo e le ossa, l’odore della pioggia ce l’ho nelle narici. Potrei essere altrove, lì dove la mia natura vorrebbe, ma sono qui e qui sono utile.

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…prendere con eleganza

( English Version: The-importance-of-stealing-smartly )

Dunque, io sono un border collie. Un cane da gregge. Raduno le pecore sulle lande scozzesi, corro con la coOLYMPUS DIGITAL CAMERAda bassa, il corpo proteso in avanti e gli occhi attenti. Nulla mi sfugge e al fischio del pastore parto come una saetta. Questo dicono di me e questo c’è scritto nel mio DNA. Non tutti i border collie lavorano in Scozia con le pecore, alcuni di noi sono atleti eccellenti o volontari nella Protezione Civile, nel Regno Unito ma anche in altre nazioni.

A me è toccata la Umi.

Non sarà proprio una calamità naturale ma è un bell’impegno e mi tocca fare anche la parte del cane da guardia (che per un border è avvilente). La Umi è un’attaccabrighe. Al parco se un umano disattento lascia che il suo quadrupede sporchi, lei attacca come un rottweiler. E non se la prende mai coi padroni dei cani piccoli, m’è toccato vedermela con un pastore tedesco a pelo lungo. Vebbè, comunque m’è bastato abbaiargli che gli staccavo la pelliccia a morsi e sputavo i peli intrecciati come il cappello di Davy Crockett e quello s’è messo calmo. I cani non sono border.  Poi devo procacciarmi il cibo e quindi lasciare che il mio fratello umano mi insegni dei tricks (cioè dei giochini scemi)… sto imparando “sbam”: sdraiarmi di colpo come se fossi morto. Calcolo di farmi fuori un paio di buste di wurstel, che lui usa a tocchetti come rinforzo positivo, prima di concedergli uno “sbam” perfetto. Comunque, in materia di cibo bisogna affidarsi alla nonna che sarà pure un’anguilla filogatta, ma è molto saggia. Mentre la Umi preparava il formaggio sul tagliere per guarnire la pizza io lo fiutavo. Lo fiutavo e sbavavo. Che ci posso fare se sono un pecoraio? Per un grosso pezzo di caciotta farei uno “sbam” al primo colpo. Insomma fiutavo il caprino sardo che era a un centimetro dal mio naso al limite della tavola e la OLYMPUS DIGITAL CAMERAUmi ha detto: “ E’ un bravo cane non lo ruberebbe mai” (illusa, tsè) e la nonna ha replicato: “Lui è un cane di famiglia (sì,certo che lo sono), non pensa di rubarlo ma di prenderlo e basta (non sono un ladro, eh). Mettiti nella sua testa di border (mah, difficile elevarsi a tanto): il cibo è del branco, come tuo figlio apre il frigo per prendersi una coke, lui si prenderebbe il formaggio.” Ecco: la amo anche se è filogatta. Io non ho i pollici opponibili per afferrare la maniglia del frigo ma la mandibola opponibile per il cacio ce l’ho e non è rubare ma prendere con eleganza!

 

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Vive la République!

Del mio branco fa parte anche la nonna, 1/2 francese e 1/2 romana, che arriva trotterellando allegra ogni mattina. Con i miei fratelli umani fondai il movimento Cinque Zampe per la protezione dei diritti del cane domestico e la Umi andò subito in minoranza facendo crollare ogni opposizione, ma la nonna è una frangia estremista di resistenza. Lei usa l’arma del giornale arrotolato con la quale mi minaccia quando mi avvoltolo sul tappeto del salotto per grattarmi. Tsè, dovrei fingermi spaventato come se non sapessi che un giornale si riduce a coriandoli in un baleno? Ingenua come una figlia dei fiori!

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La nonna legge sempre con un gatto in braccio e per lei i gatti hanno sempre ragione ed io ho sempre torto. Non posso salire sul letto, i gatti sì; non posso sedermi sul divano, i gatti possono dormirci acciambellati per ore e possono anche usarmi come cuscino, ma io non posso giocare con loro: li spavento! Quando mi scappa è una guerra: “no sulle ortensie, no sul lato rock-garden, no sulla salvia!” grida la nonna e mi tocca saltellare a tre zampe fino all’oleandro, ma… i gatti la fanno ovunque perchè loro segnano il territorio, delimitano il perimetro del nostro giardino per tenerne fuori i felini della zona, cioè pisciano dappertutto.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA La nonna è un’anguilla e se viene con noi al mercato, sguscia e scivola tra i banchi come un’anguilla e mi tocca diventar matto per ritrovarla, dare l’allarme “nonna dispersa” e trascinare la Umi sulle sue tracce.

Eppure… eppure la nonna è corruttibile. Crede di riuscire ad aprire la scatola dei biscotti senza che io la senta. La colgo sempre con le mani sul bottino e allora compio, insaziabile, la mia vendetta: la guardo, la fisso seguendo il moto dolce dei frollini senza zucchero che lei intinge nel tè. (Sono un border collie quindi controllo le pecore con lo sguardo e come da DNA sono maestro nell’ipnosi) I miei occhi la colpevolizzano, la fanno sentire una grassa umana che affama un triste cane sull’orlo della denutrizione. E poiché sono un grande artista, lascio scendere a terra, con l’abilità del ragno che tesse, un filo di bava. Allora lei immancabilmente cede e con senso di colpa misto a disgusto, mi allunga un frollino. Non dovremmo mangiare i biscotti, io perché sono allergico ai cereali e lei perché ha un pessimo rapporto con il suo indice glicemico, ma nessuno di noi due farà mai la spia alla Umi.

Infine, la nonna si arrabbia con la Umi e la rimprovera per l’anarchia che regna nel nostro branco. Non è vera anarchia, in realtà comandano i gatti, ma  quest’ultima considerazione lo tengo per me. Vive la République!

Brik

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… acqua alle corde!

Stamattina il mio fratello umano ha perso di nuovo l’autobus per andare a scuola, la Umi e io, che stavamo uscendo per la nostra solita tranquilla passeggiata, ci siamo catapultati in macchina per recuperarlo e accompagnarlo. Ma a me scappava… vabbè, mi sono detto, la trattengo.

Non amo i viaggi in macchina però ormai mi ci sono abituato e quando si va in città guardo fuori dal finestrino. Mio fratello aveva messo la musica che piace alla Umi per farle passare il nervoso, lui usa Billy Joel come io uso il mio sorriso canino e la scodinzolata allegra per farmi perdonare. OLYMPUS DIGITAL CAMERACi siamo fermati e ho visto un’umana stranamente vestita. Aveva la faccia nera come corteccia d’albero, l’espressione storta, due paia di pantaloni uno sull’altro e zoppicava. Ha teso la mano verso di me e io ho dato una leccata al vetro del finestrino, mah.

Intanto mi scappava, ma alla fermata successiva c’era un’altra umana. Era alta, con delle alza-zampe posteriori lucide e dal tacco altissimo. Sopra il corpo senza pelliccia portava giacca e gonna rossa (noi border memorizziamo fino a mille vocaboli: è scientificamente provato) e aveva i capelli neri, ma così neri e lucidi che, secondo me, pure a lei sulle crocchette mettono Olio di Salmone purissimo. Poi aveva due frisbee scuri sugli occhi, tanto larghi che le coprivano mezzo muso. A me in funivia hanno messo la museruola e credo che quei frisbee siano, per gli umani, un po’ la stessa cosa.Foto0181Infine arrivati a scuola c’erano tanti giovani esemplari di adulto umano: teneri, tutti uguali che sapevano di latte ma anche di sigaretta.Son strani gli umani senza pelliccia che si travestono come vogliono e comunque mi scappava.

La mia Umi va sempre in giro con un vecchio paio di pantaloni da trekking, maglietta e scarpe da ginnastica, poi, adesso con i capelli corti dicono assomigli a un carciofino (Cosa sarà un carciofino? Questo vocabolo mi manca.) Ma la Umi sa di buono e un po’ di mamma e così mi piace! Maledetta musica, accidenti al giovane umano di casa: anch’io mi sto rammollendo! Ehi fratello, metti su gli AC/DC la prossima volta altrimenti perdo mordente! 

Intanto siamo arrivati al parco: apro le paratie, acqua alle corde, allago il mondo!

Brik

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sono scivolato sul profumo di banana

Scivolo, sguscio ma le unghie delle zampe non hanno presa sulla ceramica. Le orecchie sono appiattite all’indietro che sembra non le abbia per niente e il mio sguardo è perso nel vuoto: so che non riuscirò a scappare eppure ci provo. Cercano di blandirmi con parole dolci ma non hanno nessuna intenzione di mollarmi. Mi alzo sulle zampe posteriori arrampicandomi con quelle anteriori sull’umana che mi bracca. Quella lancia un urlo e riesco a evadere, l’altro traditore perde l’equilibrio e finisce a terra e io sono libero ma non del tutto perché la porta è chiusa. Qualcuno mi agguanta per la collottola e mi sbatte di nuovo dentro.

Mi sveglio: sono nella mia cuccia e la doccia me l’hanno già fatta ieri, quello di oggi era solo un incubo. Ecchecavolo!!! … se avessi amato l’acqua nascevo foca no?

 

puzza

La Umi lava qualunque cosa le capiti sottomano in questo periodo e le sono capitato io! Però ho lasciato un servizietto nel bagno: nella fuga ho sparso sapone per cani alla banana (ALLA BANANA? MA SI PUO’?) ovunque e ovunque ho lasciato peli e pozze d’acqua. Ci penserà due volte prima di lavarmi ancora, la fetente con la mania del pelo profumato. Chi mi ha tradito davvero è il fratello umano: da lui non me lo sarei aspettato! Adesso te li scordi i tuoi giochini: sotto, otto, sali, gira… ti arrangi e la prossima volta ti prendi una scimmia che con la banana ci sta pure bene!     Brik

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Dopo-bagno!

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Ti presento i gatti di casa? Parliamone!

noiCosa fai quando un gatto sceglie la tua zampa come cuscino? E cosa fai quando un gatto decide che gli piaci nonostante tu sia un cane? Ecco, con certi felini è inutile discutere: tu stai fermo come una sfinge e lui si alza delicatamente sulle zampe posteriori e strofina la sua testolina sotto il tuo mento facendo le fusa. E’ imbarazzante, lo garantisco, ma è anche lapalissiano (sono un cane colto) che di fronte a tanta ostentata fiducia non si possa reagire con atteggiamento aggressivo. E’ una specie di protesta pacifista messa in atto dal mio coinquilino felino per lo scardinamento dei luoghi comuni in cui cani e gatti sono acerrimi nemici, un ostentato stand-up di struscio e fusa per il ribaltamento delle vecchie superate leggende. Forse un cane stupido potrebbe fraintendere ma non un border intelligente, sensibile e di buonsenso. Rimango immobile, alle volte appiattisco le orecchie all’indietro per l’imbarazzo ma di solito non faccio nulla. Lo chiamano autocontrollo e ogni tanto mio fratello umano mi fa un giochino nel quale devo rimanere immobile davanti a un succulento bocconcino fino a quando lui non mi dà il permesso di papparmelo. Lo fa per insegnarmi a resiste all’impulso primario di mangiare, nel caso volessi-ma-non-dovessi ingoiare un eventuale boccone avvelenato: sì, ciao, buonanotte! Il mio autocontrollo lo esercito con il gatto di casa che ha deciso unilateralmnoi1ente di essermi amico del cuore. Ho un dignità da difendere, ma non posso sbranarlo: questo, per me, si chiama autocontrollo! E poi la Umi non la prederebbe bene se addentassi quella palla di pelo pacifista. Quando il gatto di casa (pacifista-non-vegano) cattura una lucertola o un uccellino la Umi fa un putiferio per liberarlo dai suoi artigli. Che sarà mai una lucertola in meno in giardino? Ma lei no, ingaggia una lotta con il felino per requisire la preda e quello, scemo, spesso fa pure la fatica di portarsela dentro casa. Insomma la Uni della catena alimentare se ne infischia e quindi è meglio soprassedere, che può anche tornar utile una leccata alla ciotola altrui ogni tanto (la Umi non lo sa ma io ci arrivo). Quindi personalmente i luoghi comuni mi stanno benissimo, ma di natura sono un buono e quindi mi adeguo, tant’è che di felini in casa ce ne sono due: uno mi ama e l’altro è fesso. Da cuccioli giocavamo a inseguirci con il fesso, adesso m’ignora com’è giusto che sia o al massimo mi lancia addosso un miagolio lamentoso che vuol dire lasciami in pace. E chi ti tocca? Se devo battermi per qualcosa sarà sempre e solo per la ciotola, la pallina e lo sfruttamento dei divani… nell’ordine di priorità!

Bry

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Ti presento la Umi!

Dicono che i cani si affezionino soprattutto a un componente della propria famiglia, non è il mio caso, io sono multi-umano. Forse ho ancora una piccola preferenza per un certo umano che avevo addestrato alla perfezione: lanciava la pallina esattamente come gli avevo insegnato, non sbagliavamo un colpo!

Comunque, io mi sento molto autonomo come tutti i border e non disdegno neanche un giro di agility con conduttrici carine e brave perché diciamocelo la Umi, la mia attuale conduttrice, è un po’ imbranata: non corre velocemente e sbaglia tubomano o piede! Esco da un tubo a velocità supersonica, coda bassa, orecchie attente pronto ad affrontare l’ostacolo previsto, pronto a volare fino al prossimo tubo e mi trovo la Umi che indica un salto, poi ci ripensa e mi da uno short, ma no era un out… cosa cavolo deve far un povero border preparato a recepire il comando in un nano secondo quando si trova una conduttrice che gli legge un trattato sulle indicazioni stradali negli sport cinofili? Cosa faccio? Mi fermo e mi do una leccata di zampa? Prendo una lappata d’acqua e improvviso un bidet?

Vabbè però la Umi è la Umi! La Umi è dolce, lei è una libera sognatrice con una lieve propensione ball-breaking. Sì perché è fissata che mi deve educare (illusa). Per esempio sui campi di agility non vuole che si abbai agli altri cani che lavorano tra gli ostacoli cose del tipo: faccio-io faccio-io, toglietevi, lasciatemi entrare che sono più bravo!

La Umi scrive per ragazzi perché non potrebbe fare altro: ama l’avventura, i pirati, i boschi, i cani e i gatti. La Umi fa le vocine e fa parlare me, i felini di casa e, unIMG_6632a volta, ha perfino dato voce a un millepiedi. La Umi era la gioia dei suoi cuccioli; loro sono cresciuti, io sono cresciuto ma lei è rimasta come era. E’ per questo che sto con lei e sono la sua ombra. I cani, quando possono, stanno dove c’è bisogno di loro e infatti qualcuno deve pur tenere la Umi  con i piedi per terra! Certe volte lei è un po’ triste e l’unica cosa che ha voglia di fare è camminare. Sia chiaro, scarpinare le piace ovunque e comunque: con il sole, con la neve, con la pioggia o con il vento! Capita raramente, ma capita, che camminiamo per ore uniti da un guinzaglio lungo e mollo ma ognuno di noi sta coi propri pensieri. Io annuso, studio, marco il territorio mi occupo delle mie faccende di cane e lei procede puntando gli occhi a terra, ma non guarda dove mette i piedi. Quando ci fermiamo la invito a giocare: m’inchino, scodinzolo, abbaio allegro, ma lei niente e allora lascio stare, tanto so che è questione di poco e poi torniamo a essere felici!

Voglio rassicurare tutti per quanto riguarda l’agility: non tutto è perduto! Tanto si può dire della Umi ma non che sia una dall’autostima altissima, sa di essere una schiappa e si adopera al meglio per porvi rimedio. Il mio rimedio migliore si chiamerebbe “fratello”, non dico altro, ma insieme siamo gran fighi: praticamente una Ferrari con John Lennon al volante!

Bry

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Ti presento i miei…

I miei fratelli umani sono molto diversi tra loro. Con il grande ci si scatena, lui è forte e con lui si gioca, si gioca per davvero: lanci di palline, tiro alla fune, corse… torni a casa che hai le zampe a pezzi e i polpastrelli consumanti. Dai tutto ed è una bella sensazione. Lui ci mette passione nei giochi ma peFoto0306r lui tutto è passione: è felicissimo oppure è scocciatissimo… è sempre “issimo”. Cambia umore facilmente e questo m’intimidisce un po’. Noi cani siamo intimoriti dagli umani quando fiutiamo incertezza. Forse è una specie d’istinto di conservazione innato, il nostro. La mia famiglia non mi farebbe mai del male, ma quando alzano la voce e sento l’umore scuro, qualcosa mi stringe lo stomaco, abbasso le orecchie e la coda mi scivola in mezzo alle gambe.

Certe persone dicono che bisogna stare attenti ai cani perché non si sa mai cosa passi loro per la testa, ecco noi bestie pensiamo la stessa cosa degli umani.

L’altro fratello, il più giovane, inventa per me dei giochini: “rotola”, “gira”, “passa sotto”, “sali sopra”, “dai zampa”, “fermo Brik con un brick di succo di frutta sulla testa”! E poi suona il pianoforte e quando lui suona io mi siedo sotto la sua sedia e le vibrazioni mi arrivano dal pavimento e si diffoOLYMPUS DIGITAL CAMERAndono in tutto il mio corpo. Appoggio a terra anche il muso ed è un massaggio musicale di vibrazioni e note, una sensazione piacevole. Lui suona e la sua mente vola via e anch’io mi lascio andare a un sonno leggero, muovendo le zampe mentre corro sui pascoli scozzesi, mentre l’erba umida dei miei sogni mi accarezza il corpo e mi ritrovo un giovane lupo selvaggio e libero.

Bry

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Sono un cane fortunato

OSSSono nato in una bella casa in un bosco e stavo in un box con otto fratelli di latte rossi, bianchi e maculati di tanti colori. La mia umana di riferimento, che per semplicità da adesso in poi chiamerò “Umi”, venne a prendermi un giorno d’autunno inoltrato (la sua stagione preferita) quando per terra nel bosco c’era un pavimento di foglie rosse e gialle. Aveva piovuto, le foglie erano lucide come fossero state trattate con la cera e i pochi raggi di sole le accendevano di riflessi caldi, luminosi e odorosi. Filari di vite e alberi sempreverdi riempivano le colline e il paesaggio, mentre in braccio alla Umi guardavo fuori dal finestrino della nostra auto. Non avevo paura, ma lasciare i miei fratelli e l’umana che mi aveva aiutato a nascere, un po’ m’intimoriva. Ero pieno di fiducia negli umani come tutti noi cani quando nasciamo tra loro, tra voi.

Arrivato nella mia nuova casa incontrai due gatti grossi più di me, ci annusammo con cautela e loro miagolarono qualcosa del tipo: ne è arrivato un altro! Poi conobbi i miei due matti fratelli bipedi e giocai a morsi e a tirare la corda e loro mi piacquero tantissimo subito!

Gli umani sono fissati con l’igiene della tana e mettono una specie di tappeto assorbente dove devi sporcare. Ogni volta che la fai lì, ti danno un croccantino per premio. Dosando bene le pipì e le cacche si fanno delle gran panciate.

L’umana che mi ha fatto nascere si era raccomandata di non farmi salire e scendere le scale per una questione di ossa e la Umi costruì, allora, un cancello di legno: un bellissimo lavoro artigianale! Quando lei e i fratelli lo posizionarono davanti alla scala della nostra casa (che io non dovevo assolutamente salire) lo ammirammo tutti molto soddisfatti. Poi quando con abilità passai tra le sbarre per ben guardarlo dall’alto dei gradini, tutti si sedettero per terra avviliti e ancora oggi me ne domando il perché. Parlavano di misure sbagliate, ma non lo erano affatto: il legno era morbido al punto giusto per farsi i denti! Quindi la Umi inventò l’ascensore umano, cioè per scendere e salire prendevo il primo umano che passava e beccavo pure un croccantino. Quando si dice la comodità, eh.

La Umi sulle prime non mi lasciva montare sui divani (poi crescendo e con i giusti appoggi ho risolto questa incresciosa questione), allora, siccome pensava che volessi montarci solo per starle vicina (dolcissima lei) veniva a sedersi con me sul mio cuscinone-cuccia. La cosa non mi era sgradita, era bello appiccicarsi addosso a lei mentre lavorava. Si appoggiava il PC portatile sulle ginocchia e scriveva e rideva e diceva “il mio prossimo romanzo sarà scritto da cani”. Non la considerai un’offesa e così ce ne restavamo ore lì, tutti e due in cuccia, io a dormire o masticare l’osso e lei a “scrivere ad alta voce”. Cosa vuol dire? …Alla prossima!

Bry

Pubblicato in: Pensieri canini

Benvenuti nel mio blog!

appena arrivatoLa mia umana di riferimento ha deciso di raccogliere i miei pensieri e le mie avventure su questo blog. Sono un Border Collie, un cane da pastore, un attento predatore, selvaggio e affascinate,  ma la mia umana non ha pecore e non vive in una fattoria, pare sia una specie di scrittrice e mi trascina continuamente in biblioteche, librerie e festival letterari. E’ una vita strana la mia, forse addirittura scandalosa per uno della mia razza, eppure ho deciso di occuparmi di questa umana e di starle vicino. Lei non è poi tanto male, ci tiene a me e si sa che noi cani siamo compagni fedeli.

Bry