Pubblicato in: Avvertenze ed effetti collaterali, Fiutando Libri!

…incontrare l’autrice, incontrare l’autore

L’incontro con l’autrice, l’incontro con l’autore è un momento importante per i giovani lettori. O almeno dovrebbe. Una festa, un tripudio, un confronto, una lezione, ognuno di noi che scrive di ragazzi e ragazze (oppure per la narrativa ragazzi/e) ha la sua modalità. Ogni scuola, festival, libreria o biblioteca ha la sua modalità.

Mi sono domandata cosa sia per me.

Nel 2008 ho messo piede a scuola per la prima volta come autrice con un libro della Raffaello (ancora a catalogo, grazie) e me lo ricordo benissimo. Da allora sono cambiate tante cose in me, come persona e come romanziera; un percorso pieno di domande, tentativi, delusioni, ricostruzioni; nulla è immobile, tutto deve diventare altro, è ovvio.

In 15 anni non sono certo diventata famosa, né sono diventata abbastanza brava e questo basterebbe a far desistere chiunque, ma non me, testarda e idealista, convinta creativa in eterno cammino. Folle e sciocca, insomma.

In quest’ottica mi sono messa in testa che ogni incontro deve avere un suo respiro, che se incontro lettrici e lettori lo faccio aprendo ogni volta una paretesi nuova, guardando chi ho davanti, mettendomi in relazione. Un gioco, una missione, una sperimentazione, uno sparigliare le carte una volta ancora per cercare e capire, perché nulla diventi routine, ma ogni parola abbia senso.

Non sono neanche un professionista, no. Dagli incontri esco sfinita, spesso molto soddisfatta perché ho dato e ricevuto, ha funzionato. A volte sono contrariata. Mi arrabbio per quel dominio dell’economia e della mercificazione del libro, il disinteresse puro, il tempo sprecato, l’inutilità. Scrivere è un mestiere, sì, ma creativo e andare nelle scuole non è come fare la presentazione di un libro per adulti, è altro. Di sicuro un privilegio, in un certo senso un lavoro a parte. Ma sei sempre tu. E libri e incontri vanno a braccetto. Dice, ma se se sei scrittrice non devi mica essere capace anche di parlare in pubblico, vero, ma le pagine non mentano sul proprio autore o autrice, a ben guardare, a voler vedere.

Questo per me è un anno fortunato, o forse sono io a essere cambiata, ancora. Ieri un altro incontro bello; dirigente, professoresse (di lettere e matematica insieme!)e ragazzi che mi avevano chiesto di orientare l’incontro nella direzione in cui lavoravano loro e io l’ho fatto. Grande scambio, due ore piene che mettono insieme i tasselli dell’educazione alla lettura, del diritto alla lettura, della bellezza dello stare insieme nelle storie e in una scritta da me in particolare.

Una cosa ben fatta.

Ho perso tanto tempo nella mia vita e mi dispiace, quello che mi rimane (spero tanto, poco non mi basta) voglio che sia ben vissuto, che regali e guadagni, voglio toccarlo, maneggiarlo con cura e saperlo ricordare. Ho bisogno di bellezza (in tanti ne abbiamo bisogno) e mi ci impegno.

Pubblicato in: Avvertenze ed effetti collaterali, Donne in corriera e madri da tartufo, Fiutando Libri!

L’ingannevolezza della buona volontà

Se chiamate un idraulico che ha studiato per corrispondenza ma con tanta buona volontà e poca attitudine, invece di riparare un guasto può forare un tubo e lasciarvi in un guaio peggiore di prima.

La buona volontà può far danni? A volte sì.

Però ci sono ambiti in cui la buona volontà la fa da padrona. E succede spesso per quei mestieri creativi o artistici che sembrano di scarsa utilità e quindi di scarsa dannosità, eppure il vuoto culturale è un danno.

Posto il fatto che io sento la necessità di un romanzo, una poesia, un’illustrazione tanto quanto di una banca per depositare i miei pochi risparmi e del paracetamolo per lenire i miei mal di testa (causati pure dai scarsi risparmi, ahimè), nel nostro Paese la cultura è troppo spesso affidata all’improvvisazione.

Una professoressa illuminata mi ha confidato come il dirigente, dopo che io per un anno avevo lavorato a scuola come esperta esterna, le avesse chiesto di arrangiarsi lei per quello successivo. “Come fare ormai lo sa, no?” Lei, da illuminata, si è rifiutata perché non è il suo lavoro e conosce la differenza tra competenza e approssimazione, ma non tutti rifiutano, lo so per certo e a volte anche per ragionevoli motivi.

Tanti si cimentano, adesso mi pare un vero e proprio bisogno adulto, nel creare gruppi di lettura per adolescenti. Un affare complicatissimo di cui pochi conoscono il valore. Non basta aver letto qualche libro, scegliere quello più in voga o dell’autore che ci sta più simpatico e poi reclutare il materiale umano (che giustamente fugge). Per proporre un solo libro bisogna averne letti cento, è condizione intellettualmente onesta e necessaria per poter dire a dei ragazzi e a delle ragazze: “leggetelo!”. Bisogna capire e sapere cos’è un gruppo di adolescenti, cosa significa fare gruppo, cosa si può offrire loro per farli appassionare ai libri e al mondo dei romanzi. Non basta proprio dire: leggi. Eppure questo nessuno pare saperlo, anche il vecchio buon esempio è in cantina sepolto dai vecchi ricordi. Pochi credono nella formazione e non parlo solo di singoli cittadini appassionati, ma anche di istituzioni (un comune che paghi un corso a una bibliotecaria perché si formi e poi lavori con i giovani lettori).

Nessuno vorrebbe in casa un idraulico non formato o in classe un insegnate non laureato, ma tutti sanno e possono scrivere, creare eventi e gruppi di lettura.

Siamo un Paese che si fonda sul volontariato, in fondo.

Si deve investire nella cultura a partire dalle piccole iniziative. Il mio è proprio un grido.

È giusto invitare un’autrice o un autore a scuola senza aver letto i suoi libri? O realizzare un evento e poi avere due persone in sala? Di chi è la responsabilità? Credetemi, capita a chiunque scriva romanzi per mestiere l’evento triste, ed è anche svilente vedere poi le foto di spalle di quei due o tre spettatori che ignari diventano pubblico dignitoso. È triste e soprattutto inutile, non aiuta a creare lettori, non cambia le cose nella testa/cuore/anima/vita delle persone come deve fare l’arte e la creatività; fa solo scena. È vuoto. È un’ occasione persa. Una finzione di cui ci accontentiamo. Se si rispetta un’autrice o un autore, prima di ingaggiarlo (pagarlo e spesarlo) si deve già sapere di avere un pubblico di base (le famose spalle coperte) che poi va allargato con la promozione, i comunicati stampa e con la scesa in campo degli uffici cultura e degli assessori che hanno creduto, avallato e pagato un progetto culturale.

La buona volontà non basta, ci vuole professionalità, si devono formare le persone che propongano la cultura e l’arte in tutte le sue forme, esattamente come si formano gli insegnati della scuola o i manager nelle aziende.

Abbiamo bisogno di bellezza e di romanzi che si mangino tutte le guerre, dobbiamo investire in questo, non in occasioni perse.

Sì, è un grido di allarme e di sofferenza, perché la bruttezza avanza e si maschera da vuoto culturale, mentre il disprezzo per la vita umana, animale e per la natura tutta cancella il nostro futuro.