Libri insieme di Chiara Faggiolani mi è piaciuto, soprattutto per il modo chiaro e sincero con cui è scritto. Nelle prime pagine incontro qualcosa che ritrovo sulle labbra di una giovane lettrice.
“L’intelligenza individuale è spesso sopravvalutata; il modo migliore per imparare e crescere è pensare insieme agli altri.” Libri insieme, Faggiolani
“In fondo la bellezza dei gruppi di lettura sta proprio qui: nello scoprire che gli adolescenti tra le pagine cercano solo sé stessi, e che nel cercare insieme trovi di più.” Elisa, Leggere Teen
Io che amo solo un paio di saggi di Chambers e Andruetto (Per una letteratura senza aggettivi, è la mia bussola), ci ritrovo come lettrice e autrice un pensiero che è anche mio, ma mi pareva fosse ingenuo, la solita stranezza di cui sono cifra.
Il credere davvero nel potere delle storie e dei romanzi e nelle comunità di lettori e lettrici.
D’altro canto, se come me li scrivi i romanzi, sai anche che ci si mette in gioco parecchio. Nonostante la questione economica, proprio per la questione economica. Se non posso mantenermi con le mie poesie, romanzi, illustrazioni, musica posso davvero dedicargli tutto/a me stesso o me stessa? Poi c’è il mercato editoriale come catena di montaggio, da cui provi a non farti ingaggiare. Insomma, si fatica a non morire di fame e restare storia onesta. Quindi la ulteriore fatica dei mestieri nuovi, come il mio lavoro con i gruppi di lettura adolescente per cui chiedo compenso, perché dietro ci sono ore di lettura e preparazione che hanno un valore. E il ruolo fondamentale delle biblioteche di pubblica lettura e delle librerie indipendenti nella vita di tutti e in quella di chi scrive. Questione complicata, la mia, alla cui base c’è, sì, il diritto alla sopravvivenza con il proprio lavoro, ma anche la relazione etica con questo e con la comunità dei lettori, che è comunità umana e non fruitrice indifferente o altra cosa.
Non credo che l’economia mondiale si interessi ai lettori e alle lettrici di romanzi e ai romanzieri/e, ma seppure striscianti esistono, resistono, contagiano segno che proprio non se ne può fare a meno (Libri insieme lo racconta bene).
Non è questione di fotoromanzo, libro brevissimo, upgrade cartaceo dei booktoker o romance come se non ci fosse un domani, tutto si fa bene o meno bene a prescindere, tutto ci sta, ma è così che formiamo lettori? Questo il dubbio. Perché quelli servono, a noi che scriviamo e pubblichiamo libri.
Una bravissima educatrice mi ha insegnato che gli adolescenti non vanno inseguiti ma affascinati e invece tanti mi paiono gli inseguimenti.
Opinione mia, per carità.
Resto convinta che la lettura tra i giovani oggi si salvi solo con tanta buona letteratura e seri gruppi di lettura a scuola-in biblio-in libreria, dove vi pare. E anche con i buoni festival che coinvolgono tra gli organizzatori ragazzi e ragazze.
Ed è solo una goccia di salvezza perché è vero che non esiste pensiero e sostegno istituzionale o educazione alla lettura. Un deserto.
Ma provocare i lettori adolescenti con l’ottima letteratura del romanzo che scuote, fa discutere e sveglia, quello acchiappa. Io ci credo. Sembra assurdo eppure essere sfidanti tra gli adolescenti può essere più efficace di quanto si creda. Almeno per la mia esperienza.
Non si acchiappano tutti, certo, ma è un inizio solido con il quale guardare lungo.
Temo che siamo nella condizione di dover piantare un seme oggi con la consapevolezza che noi non vedremo i frutti dell’albero di domani. Mi sa che non c’è scelta.
Poi, spazio di pensiero e di azione a ognuno, in ogni categoria della filiera del libro, io stessa faccio quello in cui credo, perché non dovrebbero gli altri?
Aggiungo, ancora, che sui romance (quello specifico tipo di romance) di cui le ragazzine giovanissime sono affamate ho seri dubbi e li ho già espressi.
Mi hanno già dato della vecchia, non fa niente, vale quanto dire a una donna ma fattela una risata dopo aver espresso un commento sessista. Facile liquidarmi così.
Mi sono capitate giovani lettrici che non riescono a leggere altro e più soffrono e piangono e più va bene. Mi è capitato di incontrare delle ragazzine che chiamano i loro fidanzatini o aspiranti tali “il mio malessere“.
Lasciamo perdere la scrittura, pensiamo ai contenuti.
Si fanno cortei contro la violenza sulle donne e poi le dodicenni crescono così? Cacciamo gli stereotipi fuori dalla porta e rientrano dalla finestra.
Non lo so. Se le ragazzine fossero tutte lettrici forti e onnivore sarei tranquilla. Ma non siamo un paese di lettori e lettrici. Oggi nel 2025 abbiamo bisogno di un proliferare sconfinato di questo genere di storie che creano una vera dipendenza nelle lettrici giovanissime che leggono SOLO quelle? Mi pare una regressione, un inseguire la vendita dimenticandoci di un pensiero culturale che si forma e radicalizza attraverso il romanzo. Il romanzo è un mezzo potente, non dimentichiamolo, la storia diventa nostra, la nostra.
O forse ci fa comodo così? Le future donne le vogliamo comunque ancelle? La responsabilità è di chi pubblica? Continuiamo a inseguire la vendita per sopravvivere senza pensare al futuro? Perché di questo parliamo. Il discorso è lungo e complesso, lo so.
Leggere di tutto per una giovane lettrice onnivora va benissimo, leggere quello che piace per un’adulta è sacrosanto, ma veder leggere così le dodicenni (solo femmine) il romanzo dal pensiero unico mi lascia un sacco di dubbi e forse di preoccupazioni.
Comunque, speranza ne ho tanta, se scrivo di ragazzi e ragazze e coordino un gdl di13/17enni affamate/i di letture belle e complesse, non posso non averla.
E dubbi pure tanti.
Quello che conta…
Dietro a ogni professione, azione o pensiero c’è la persona, così dietro a ogni lettore o lettrice. Dietro a quello che facciamo ci siamo noi e dipende molto da come ci stiamo, dietro.
Il gdl che coordino è una piccola parte del mio lavoro che è incentrato soprattutto sulla scrittura di romanzi, ma sono sempre io, una.
Prima dell’intervista di domenica 15 al festival ho fatto una proposta, quelle/o di Leggere Ribelle (il gdl di adolescenti che coordino) hanno controproposto smantellando la mia idea. Ancora una volta a un componente LR è stata fatta una proposta e ha risposto: certo, volentieri, ne parlo con Giuliana. Capitemi bene, io sono un passaggio, rappresento il gruppo, lo accudisco per tutto quel che posso, non ho potere e non ne voglio. Stare insieme è una modalità che diventa naturale se la si pratica bene e anche quando siamo chiamati in causa come singoli restiamo gruppo, seppur con le nostre particolarità.
La famiglia umana cui tutti apparteniamo è il luogo da cui partire anche per costruire un gruppo di lettura. È il come che cambia le cose, il come che semina futuro.
Troppo facile predicare inclusione e poi nella vita escludere. Lasciare fuori. Sdoppiarsi. Leggere bene per poi dimenticare. Tutte pratiche abusate. Ma niente è soltanto un lavoro. Niente è solamente lettura.
Non finisce tutto col vendere e comprare libri o esercitare una qualsiasi professione, bisogna saper starci dietro come persone.
Allora, mi è piaciuto quanto detto tempo fa da Wu Ming 1, mi ci ritrovo, ma capisco la fatica di ballare al ritmo dei contesti ormai stereotipati, sempre gli stessi, a volte consapevolmente inutili. D’altronde la lettura e la scrittura di romanzi, come tutte le arti, sono considerate superflue, sicuramente non essenziali.
Si parla di pubblicazione di libri ma siamo tanti e diversi. Credo che i romanzi siano dei lettori non di chi li scrive, che io non sia psicologa o guru, che non sia interessante ma possa interessarmi. A me piacciono le relazioni con le persone, quello che danno e quello che cerco di dare per me conta, è cosa viva, vitale. Tutto a vari livelli: profondo, meno profondo, allegro andante.
Non sono così famosa ma riesco ancora a esserci e, per fortuna o per casualità, ho quasi sempre avuto esperienza di persone belle. Scrivo per ragazzi e ragazze.
Però. È un circo, una giostra. Ci sta. Ho saputo che un libraio sul mio territorio non vende i miei romanzi perché ha accordi commerciali che lo portano altrove. Ho fatto incontri dove vivo che per me erano una festa e non è venuto quasi nessuno, non me lo aspettavo. Sono evidentemente esclusa da alcuni contesti. Più di uno. Me ne chiedono spesso il perché e non so che rispondere. Che fare, allora? Ci posso anche restare male perché io con questo mestiere ci campo (anche se in stile francescano) e poi?
Allora mi sono rimessa a studiare, università pubblica, in presenza quando posso, metà tempo. Scrivo, mi devo nutrire se voglio scrivere buone storie e farlo bene. Le paludi della banalità non sono affascinanti, sono pochezza. Dovevo volgere lo sguardo altrove. Conoscendo ancora, anche l’oscurità suggerisce e, in luoghi nuovi, amando me stessa e gli altri resto vitale. Rincorro il romanzo perfetto che non riuscirò mai a scrivere, la mia bussola punta lì. E il mio meglio è nelle mie storie, anche se può non essere un granché. Chi mi pubblica sa. Chi legge se vuole decide.
Sono vecchia, le ferite si rimarginano, e in un mondo che sa essere brutto ho scelto la mia strada di fare bene e per bene insieme a chi incontro. Finché ho tempo faccio così. Tutto il resto va da sé e un buon analista non guasta mai.