Leggo tanti post sul rientro di oggi, 14 settembre 2020, a scuola. Credo siano più preoccupati gli adulti (e hanno i loro buoni motivi) dei ragazzi (e anche loro hanno i loro motivi per esser meno in ansia). Io rientro dal FestivaLetteratura di Mantova che per tantissimi anni mi ha vista ospite come lettrice e ora anche come scrittrice di romanzi per ragazzi e lettrice di romanzi per ragazzi. Sono un animale da festival. Mi piace passare da un evento all’altro e trovarmi una posizione decentrata per ascoltare; memorizzo, dimentico, segno su un quadernetto, lo sento far parte della vita e quindi del mio lavoro creativo. In questi giorni ho condiviso molto di me sui social, per condividere il mio entusiasmo, i lettori a volte sono così. Questo festival, come anche MdL, ha una grande forza alla sua base che sono i ragazzi volontari. Mio figlio ne ha fatto parte (e anche l’altro figlio) e crescendo ha continuato a collaborare con i “suoi” festival. Così ho imparato a riconoscere la sua stanchezza, ma anche il grande apprezzamento per quello che fa. A leggere post e “storie” scambiate fatte di nuove amicizie, di fatica e allegria condivise. A Mantova nel 2020 i giovani volontari coscienziosi igienizzavano, avvisavano, prendevano la temperatura. E allora mi viene in mente la vicenda dolorosa di quel ragazzo che per far da paciere c’è morto. Mi viene in mente che i social media erano/sono, come sempre capita, inondati dalle foto degli assassini. Di ragazzi come quello che non c’è più, ce ne sono tanti: allegri, sempre pronti ad abbracciare un’amica un po’ triste, a fare quattro tiri al pallone, a farsi avanti coi professori per perorare una causa, a farsi voler bene da tutti senza essere speciali. Ce ne sono ma noi non li vediamo. Vediamo il brutto invece di riempire la nostra vita del bello. Forse ci piacciono più i cattivi dei buoni? La cultura dei finti buoni ci ha talmente saturato che abbiamo finito per appassionarci ai veri cattivi? Speculare sul brutto ci appare ormai normale? Io scrivo di ragazzi perché basta osservarli per innamorarsi della loro gioia di vivere, dei loro sogni di finto disincanto, della loro voglia di fare ma con calma. Forse dovremmo tutti provare a cercare e a ricominciare proprio dalla bellezza pratica e diffusa dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani adulti, anche se siamo vecchi e non saggi. Magari un po’ ci costa fatica perché loro sono svegli, lesti e navigano a vista, ma non dobbiamo inseguirli, solo starli a guardare e riflettere.
Ho partecipato con un mio breve contributo all’Alamanacco del festival
Leggo i tuoi romanzi e ti dirò chi sei. No, non è così. Almeno non sempre. Per me sì, però, è vero.
Foto artistica dell’autrice, di Ste. (Mancano solo il cappello per le offerte e il cane perché sia fedele all’originale 😉 )
La voce di un autore è il suo libro. Non tutti gli autori riescono ad avere dei bei momenti d’incontro con i lettori. Sono scrittori, mica oratori. Per me l’Incontro con l’autore nelle scuole, librerie o biblioteche è un momento importante di dialogo con i giovani lettori. Eppure a volte non sono riuscita a regalare agli studenti la parte migliore di me . Però so di averlo fatto nei miei libri sempre e onestamente.
Se non è solo mestiere parlare con i ragazzi, ma anche passione per i libri e per le storie, non può andare sempre alla stessa maniera.
Strano? Le emozioni non sono una scienza esatta!
E ancora: una storia nasce spontaneamente e certamente fissa nel tempo un pezzo di me. Scrittura e vita si mescolano, eppure non c’è nulla di autobiografico.
Ancora più strano?
Mi ritrovo ad ascoltare, emozionata, io per prima quella storia che arriva chissà da dove e che mi racconto da sola. Scriverla, per me, significa prenderne le distanze per provare a regalarla al lettore. Più facile a farsi che a dirsi. Infatti il difficile non è scrivere ma disciplinare quello che ho scritto. Trovare un senso, una direzione, un perché vale la pena condividerlo con i lettori. Insomma capire se è davvero una buona storia quella che ho scritto.
Il protagonista di Se la tua colpa è di essere bella è Valerio, un ragazzo di 16 anni. Pensa in prima persona, nel presente e scrive poesie d’amore (il titolo del libro è il titolo di una sua poesia). Nessuno potrebbe essere più diverso da me.
Parte di questa storia nasce dopo molti Incontri con l’autore per un libro: Chiamarlo amore non si può, una raccolta di racconti di cui uno mio. L’argomento è: la violenza sulle donne. Gli studenti quando sono invitata in una scuola si aspettano che faccia loro il predicozzo preparato per l’occasione a corredo del libro e cercano di non farsi coinvolgere in diretta. Lavorano a lungo dietro le quinte sul tema, con campagne pubblicitarie, video, cartelloni, ma in quel momento spesso tacciono. E taccio anch’io che i predicozzi non li faccio, preferisco leggere ad alta voce i racconti.
Eppure le mezze domande, i silenzi, le risatine, i cellulari smanettati di nascosto parlano. Gli occhi attenti parlano e io so ascoltare. In questo libro ci sono anche quei pensieri captati e a volte espressi timidamente a metà. Quegli accenni sinceri di discussione che escono dalle righe, che fanno la spia.
Sanno pensare i nostri ragazzi e assorbono la potenza costruttiva delle buone storie. Niente prediche ma romanzi, storie narrate in cui trovare spazio per poter pensare. Leggere lascia il tempo per pensare e immaginare. Quasi lo impone.
La mia necessità era far parlare Valerio. Pur essendo io lontanissima da Valerio, lo conosco bene. Perché è diverso da me posso raccontarlo onestamente, senza confondermi con lui. Anche Lavinia, se sono riuscita a farla vivere tra le pagine di questo mio romanzo, ha una bella voce, chiara, importante. Ne ho incontrate di Lavinia! E infine Carlos, forse quello più difficile, dall’animo complicato perché sono quasi certa incarni un bisogno segreto e innato e spesso negato di ogni adolescente: quello di avere degli ideali. Molto difficile.
«Lavinia è alta quasi quanto me. Ha i capelli lunghi, tra i quali spunta sempre qualche fiore vistoso».
Come sempre nei miei libri non c’è un tema solo, se per forza, per necessità editoriali, dobbiamo trovarlo il tema del romanzo. In realtà la storia di questo poetic guy ruota attorno alla parola ingenuità riportata dalla curatrice anche in quarta di copertina (e di cui tacceranno sicuramente l’autrice). Ingenuità = Quello che fanno di buono i ragazzi lo fanno perché non ancora provati dalla durezza della vita. E noi adulti spesso ce ne stiamo arroccati dietro la paura che la loro ingenuità valga più delle nostre tremolanti convinzioni. La loro ingenuità può costruire un mondo migliore di quello che hanno trovato. È una legge di natura. Questo è il pensiero di fondo attorno al quale è nato il libro. Un pensiero sempre fuori moda. I giovani d’oggi, quelli che si citano con tono critico e scuotendo il capo, ci sono sempre stati anche se a ogni generazione piace credere il contrario. #nonsolobulli #giovanimpegnati #braviragazzi #ragazzicheleggono
Questa mio romanzo è un’avventura lieve e impalpabile che si srotola tra le pagine come l’imprevedibilità della vita, tra durezza e dolcezza imperfette, fresca e delicata perché racconta la vita di tre adolescenti. Anime e corpi giovani, pronti ad affrontare il futuro con coraggio, arrogandosi il diritto di esserci e di avere una voce. Per fortuna.
Le poesie di Valerio sono scritte da Roberta Lipparini, alla quale va la mia affettuosa amicizia, la mia eterna gratitudine e la mia grande ammirazione. Grazie Roby.
Bugi e Roberta (Roberta è quella a destra nella foto 🙂 )
Se la tua colpa è di essere bella (cliccate sul titolo per leggere le specifiche del libro sul sito dell’Editore Feltrinelli) lo trovate dal 10 maggio 2018 nelle vostre librerie di fiducia, a La Feltrinelli o negli store online, in cartaceo o in e-book.
(Ricordate che sostenere con gli acquisti una Libreria Indipendente è come sostenere una preziosa specie in via d’estinzione. Evviva il World WildBookFound!)
Grazie per essere arrivati fin qui!
Buona lettura e fatemi sapere… per voi lettori ci sono sempre!