Sono cresciuta con i libri “per ragazzi” di una volta e spesso i giovani protagonisti avevano un cane. Era un classico. Sono cresciuta con questo mito ma non potevo tenere un cane. Leggevo di Buck e di Elsa e nutrivo tutti i gatti del quartiere ma non avevo un cane. Al giorno d’oggi questo mito è svanito, ci sono molti gatti o cani nelle famiglie, ma i miti dei ragazzi sono altri. Lasciamo ai figli poche responsabilità, loro si adeguano e quindi si perde qualcosa, perché la relazione responsabile con un cane, ma anche con un gatto, aiuta a crescere. Io ho imparato a prendermi cura di un gatto prima che di un figlio e anche la morte di un animale, che quasi sempre sopraggiunge prima della nostra, fa crescere. Se la letteratura è catartica e aiuta un ragazzo a vivere le situazioni difficili nel mondo dell’immaginazione, la convivenza con un animale lo mette alla prova nella vita reale. Certo, oggi la vita è diversa rispetto a un tempo: difficilmente un ragazzino se ne può andare a zonzo in campagna con il proprio cane alle calcagna, tanti vivono in città e molti sono strangolati dagli impegni fin dalla più tenera età. Già. Curiosità e desiderio di entrare in sintonia con un cane come Bryce mi hanno spinta da subito a cercare di conoscerlo meglio. Da romantica sognatrice leggo nei suoi occhi quell’ innato bisogno di essere border, di essere pastore, di essere libero e indipendente. Bryce è un cane da lavoro, io l’ho voluto e lui si accontenta. La sua testa lavora com’è giusto che sia, si adegua ad assistere agli incontri con l’autore, a viaggiare in auto per ore, a seguirmi nei mercati. E’ un border, può tutto. Cerco di compensarlo con lunghe camminate, appena posso lo porto in montagna a correre e sgranocchiare bastoni, ma so che non può bastare. Sono approdata all’agility e questa disciplina non mi dispiace. Per esempio dopo un giro sbagliato tra gli ostacoli, l’istruttrice dice: “premia il cane, gioca con lui, tu hai sbagliato, non lui!” Ecco la prima grande lezione dell’agility: il cane è un compagno non uno strumento! Lui non sa nulla di competizioni ed è questa delicata-diversa-prospettiva la discriminante fondamentale. Come la mia prima lezione di barca a vela (secoli fa!) fu quella di ribaltare e poi rimettere dritta la barca, lezione utile per sopravvivere in mare, così la prima lezione in agility è quella di rispettare il cane per una sopravvivenza felice! E imparare a rispettare l’altro è un ottimo esercizio per chiunque. In agility bisogna mettersi all’altezza del proprio cane, capirlo e la posizione delle spalle e dei piedi sono indispensabili per comunicare con lui. Movimento del proprio corpo all’aria aperta e relazione con un altro essere vivente ecco perché consiglierei l’agility ai ragazzini, almeno a quelli che oggi non hanno un pezzo di campagna per gironzolare con il loro cane!
Giuli