There are writers, journalists, historians and philosophers but only a few are able to tell a story. Were they writers or not, I'm inspired by them.
Non esistono libri corti o libri troppo lunghi per ragazzi, non esistono libri per ragazzi, non esistono ragazzi che non leggano volentieri una buona storia scritta senza il proposito di costruire un libro lungo, corto o per ragazzi.
"Lei scrive per vivere o vive per scrivere?" domanda di Ines, seconda media, San Giovanni Lupatoto Verona
Fancy is that thin thread binding reality and imagination.
Voler insegnare qualcosa ai ragazzi con un libro è come fare la predica a un figlio: un po’ inutile. Nella migliore delle ipotesi capiranno il concetto e lo annoteranno nella lista delle cose che non li interessano (per essere gentili). I giovani lettori imparano il valore dei libri solo quando le storie hanno vita propria e nessun secondo fine.
Dovrei scrivere e invece leggo. Non credo negli scrittori che non leggono (mi dicono che ce ne siano) e non credo negli scrittori che non hanno profonda fiducia nei loro lettori ideali o di riferimento.
Ecco in queste due cose proprio non ci credo.
«Bisogna ricordare che scrivere non equivale a pubblicare, che il futuro di ciò che si scrive è sempre insicuro e incerto, che non sappiamo mai che ne sarà di quello che scriviamo e che per uno scrittore questa incertezza è necessaria.» di Per una letteratura senza aggettivi di M.T. Andruetto.
«Penso che soprattutto la letteratura giovanile sia una letteratura familiare, qualcosa che permette scambi di opinione in famiglia e tra generazioni diverse, un po’ come il film per ogni tipo di pubblico o il telefilm in prima serata. Inoltre, nei miei romanzi, cerco di togliere i recinti esistenti in questa nostra società in cui si mettono, ben separati, i bambini a scuola, i vecchi tra i rottami e gli adulti al lavoro. Io cerco di farli vivere e parlare tutti insieme. Sento una particolare tenerezza per tre età della vita altamente metafisiche che hanno bisogno di questa specie di compensazioni umoristiche: i bambini da 3 a 5 anni, che domandano ai genitori, specialmente la notte, “Perché viviamo se dobbiamo morire?”; gli adolescenti tra i 12 e i 30 anni, che si domandano a che serve vivere se nessuno si accorge che siamo al mondo; le persone di 80 anni e passa, a cui piacerebbe tanto sapere se la morte è un altro modo di essere vivi. Ecco perché nei miei romanzi si trovano bambini come Venise, adolescenti come Bart, Siméon, Kléber, vecchi come il signor Villededieu. È la famiglia umana in cui credo.»
Un pensiero riguardo “Una ciotola di emozioni forti… è solo Letteratura!”