Quando hanno operato Bryce, il nostro vicino di cuccia era un cane da caccia molto abbattuto. Bryce era ancora addormentato, quello pareva non avere la forza di muoversi e io e l’altro umano ci siamo scambiati le rispettive preoccupazioni. Mentre l’uomo parlava capii che era un cacciatore e sulle prime, d’istinto, avrei voluto prendere le distanze o dirgliene quattro, ma poi lasciai stare: era così preoccupato e avvilito che non ne ebbi il coraggio. Mi raccontava di quanto fosse bravo il suo cane e di come l’altro, che aveva prima di lui, fosse morto giovanissimo di una brutta malattia. Portava un gilet da cacciatore, aveva un modo di fare un po’ rozzo e quel pudore da uomo fatto che non vorrebbe lasciarsi andare.
Quando sono andata con Bry al controllo, l’ho incontrato di nuovo. Era esultante “Guardi!” mi ha detto indicando il suo bellissimo setter che scodinzolava energico. “Il vet ha capito cosa aveva e lui sta rispondendo bene alle cure!” Mi sono congratulata, felice per loro. Quell’uomo era un nemico per me, un cacciatore, uno che impallina uccelli e lepri e mi fa ribollire il sangue, eppure davanti a tanta felicità, a tanta empatia tra compagni non ho potuto che sorridere. Ci sono battaglie e altre battaglie e la vita ogni tanto scombina idee e circostanze.
Che bel pezzo! ❤
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Grazie!
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Bellissimo Giuliana, come ti capisco! Che sensazione di assurdità sentirsi tanto vicini e tanto distanti allo stesso tempo. Eppure…
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Grazie x il “bellissimo”! Già, basta pensarci un po’su e ci si ritrova spesso in crisi… 🙂
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