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Un libro dedicato a un cane…

Io e te, te e io.

Sei un cane da lavoro, fai il cane di famiglia.

Ti adatti a ogni cambiamento e mi saluti sempre al mattino saltando sul letto pieno di allegria. Non conosci il domani e vivi il presente sempre con la stessa gioia.

Non sei un cane facile. Ti ho dedicato Huck perché so che saresti potuto essere così e forse già lo sei e per questo non sei facile.

Sono solo cani, vero, ma posso educarci ad ascoltare, ci insegnano a decifrare quello che nessuno ci dice, sono una palestra per vivere con senso.

Gli animali ci rendono più umani.

A Bryce ho dedicato I segreti di Huck, Mimebù Edizioni, un romanzo che nasce con lui, ma che fatica a essere letto, a essere visto. Forse è colpa dell’autrice, non certo del cane.

Te e io, io e te.

Camminiamo insieme.

I segreti di Huck

I segreti di Huck – Come nascono le storie

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I segreti di Huck… come nascono le storie

Alex, Irene e Martina tre vite imperfette e per questo piene d’umanità. Famiglie complete e incomplete, legami difficili se guardati dal basso di quei sedici anni così arrabbiati, tanto pieni di sogni da inseguire, ben attenti a mantenere un privato in cui non far entrare nessun adulto. E Huck che la sua vita la vive e basta.

Tra i miei romanzi poteva non essercene uno dedicato a un border collie? Che ne raccontasse le avventure di sei anni di vita? Che narrasse del rapporto tra cane e uomo?

Fa da sfondo a questa storia quel legame speciale che da secoli ci lega alla natura e a un compagno a quattro zampe.  Ne è il motore, ne è il cuore.

Perché?

Perché il legame con un cane, oggi che loro sono quasi sempre animali da compagnia e non animali da lavoro, può ancora essere speciale. Troppo spesso un cane è solo utile a colmare il nostro bisogno di affetto; troppo spesso non ci sediamo a terra con lui e non ci guardiamo occhi negli occhi. Un cane, e per me in particolare un certo border collie, è un animale fiero ed elegante. Conoscerlo e rispettarlo significa iniziare una relazione vera e dignitosa per entrambi. Non peluche a cui mettere il cappotto e da ingozzare di cibo, ma compagni di vita con cui cercare scambi e complicità.

Possiamo comunicare non solo verbalmente rompendo la barriera della specie. Capirsi con un cane, vuol dire passare attraverso un portale che può aprirci nuove prospettive. Esercitare l’empatia ci fa benissimo e intuire le esigenze, i bisogni e gli avvertimenti che un cane ci dà senza usare la parola, è una pratica eccellente per crescere come persone. Per me è stato così.

In questo romanzo viene narrata la vita di Huck che si scopre poco a poco. Ma vengono anche narrate le storie di tre ragazzi e queste quattro vite s’intrecciano, interagiscono, si spiegano l’una con l’altra. È un romanzo di costruzione dove si costruisce una relazione che prenderà il nome di amicizia senza limiti di specie, ma bisognerà aspettare l’ultimo capitolo per leggerne l’inizio.

Si cuciono giorni del passato al presente per tre adolescenti ribelli e un cane. È un romanzo pieno di vita e per questo parla anche di morte.

Tutto è nato quando un’amica mi ha raccontato la storia di un suo cane, quelle parole le ho fatte mie e hanno girato nella mia testa per giorni. E da loro sono partita per costruire questa storia, le ho trasformate e ricomposte ma sono sempre fedeli a quel cenno iniziale che ha scatenato l’immaginazione. Resta tra le pagine solo una frase della mia amica, tra virgolette, nascosta in un personaggio, ma sua. So che da lì è partito tutto.

Come nascono le storie?

A volte solo da una frase che con 30 parole scatena un romanzo intero, apre un mondo di personaggi, di paesaggi, di suoni e di suggestioni che l’autrice qui presente non ha potuto lasciar scivolare via, ma ha dovuto fissare tra le pagine.

Questo romanzo non poteva non essere un omaggio al mio Bryce e a tutti i cani e i gatti della mia vita; loro mi hanno insegnato a capire gli uomini e le donne e mi hanno spiegato che negli occhi di un cane da compagnia o in quelli di un border da divano, se si è capaci, si può leggere il passato di animali selvaggi e coraggiosi. Loro scelgono di esserci fedeli, possiamo rendergli l’onore rispettandoli e con loro rispettare tutti gli esseri viventi che abitano il nostro pianeta.

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Io (Brik), il burro e la carota

Non è che solo perché sei un cane non conosci la differenza tra le azioni che fai e che gli umani fanno.

Pane, burro e marmellata è la colazione della mia umana di riferimento (Umi per semplicità). Per me basterebbe il burro. Conosco bene la differenza tra quello di pianura e quello di montagna. Il primo è dolce, equilibrato, fine; il secondo denso e deciso. Lo preferisco: ha un odore intenso con il sapore (ma anche il sapere) persistente dell’erba e il colore paglierino del fieno. Comunque, di solito, mi accontento.

Conosco la differenza tra l’apertura della scatola dei biscotti e il tonfo secco della custodia porta-burro. E quindi so chi fa colazione, anche se non mi formalizzo. Non deludo nessuno. So anche la differenza tra lasciarsi sfuggire e offrire. Stabilito che, come da contratto (ius primae ientaculi), chi fa colazione con pane, burro e marmellata mi deve un ricciolo del panetto bianco: se nell’offrirmelo cade a terra, me ne spetta un secondo. Ti è caduto, non me lo hai dato. E tutto ciò che è commestibile sul tavolo è tuo, sotto è mio.

Se lo depositi nella mia ciotola, mi va bene. Resta più rapido, forse brutale ma decisamente soddisfacente, indirizzarlo verso di me con un movimento secco del polso mentre ci guardiamo negli occhi. Lo prendo al volo e ci lasci anche l’odore delle dita, che mi piace perché sa di noi.

Sono un cane e anche se non parlo ma abbaio, sento quello che pensi, provi e neanche tu sai. Quindi non offendermi, per favore. Nel caso tu fallisca la prima consegna, molla il secondo ricciolo di burro senza farti pregare o mostrarti poco elegante nel richiedere, ogni volta, di essere da me sollecitata. 

E la carota?

Beh, quella è un’altra storia.

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Lettera aperta di scuse del cane coautore alla sua umana di riferimento

Sì umana, sono pentito. Ti ho leccato la mano e ho scodinzolato timidamente, non hai visto?

Posso spiegarti, però, non è come sembra.

Cerca di capirmi,  è una legge di natura, i giovani vogliono stare con i giovani e io con i giovani adulti di casa nostra mi ci trovo proprio bene. A causa di questa storia del virus contagioso… che c’avete solo VOI umani e noi bestie no, anzi forse ce l’avevamo e ve l’abbiamo scaricato perché VOI non la smettete di mangiarci…

(E datevi una calmata umani ingordi, che noi mangiamo solo quando abbiamo fame e uccidiamo anche solo in quel caso, mica a caso o per sport come voi).  

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Per colpa di questo virus, dicevo, c’erano tre young adult tutti per me a casa nostra e abbiamo guardato la tivù insieme fino a tardi, ho dormito a turno con tutti loro e fatto colazione a turno con tutti loro (io ho fatto tutti i turni coscienziosamente) e poi abbiamo tirato corda e palla e anche se ho dovuto vederli giocare con dei listelli di legno che non potevo rosicchiare, non fa niente.

(Loro dicevano che stavano costruendo una cassa da orto – o da morto non ho capito bene – per il balcone – chi sarebbe morto sul balcone? – perché in giardino non si può coltivare che è solo mio e dei gatti, MA non ci ho creduto – anche se confermo che il giardino è solo mio e non dei gatti).

Ecco, in mezzo a questa meraviglia di fratellanza mi sono addormentato con quelli della mansarda e mi sono dimenticato di venire a dormire in camera tua. Così, la mattina, ti sei svegliata da sola.

Immagino lo spavento. Il vuoto. Lo sconcerto. 

Capisco di averti ferito. In otto anni di vita ti sei sempre svegliata con le mie tenere testate, qualche leccatina delicata e a volte ti ho anche offerto il mio petto da grattare.

Conoscendo come sei ansiosa, immagino che tu non vedendomi abbia pensato che mi fosse successo qualcosa; eri certa che nulla mi avrebbe tenuto lontano da te e quindi forse giacevo stecchito sulla poltrona del salotto o chiuso fuori in giardino come un povero randagio o uno stupido cane da guardia.

Ho sentito la tua voce tremula in corridoio che mi chiamava e mi sono svegliato di soprassalto; mi sono catapultato giù dalla scala a chiocciola ma ormai era troppo tardi. Quando mi hai visto arrivare hai capito che stavo benissimo. Eri forse un po’ sollevata, ma anche rattristata. Mi sono subito sentito in colpa, te ne sei accorta?

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Però anche tu quando vai nelle scuole o nelle biblioteche a parlare dei tuoi libri e stai fuori più giorni non mi porti con te e non ti svegli con me e allora, per una vola, fai finta che, quale autore cane di un blog, sono stato invitato a fare un workshop per autori cani e sono rimasto a dormire fuori. Che ne dici? Può andare?

Sentitamente sempre tuo,

o quasi sempre solo tuo,

Brik

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Pubblicato in: Pensieri canini

Zuffa di sera, bel tempo si spera

Grosso meticcio a ore nove, Rottweiler a dritta e alle spalle un Labrador. Ad agosto stare in campeggio per noi cani non è uno scherzo. Gli umani non capiscono niente, ci mancano di rispetto. Il nostro naso è tormentato da infiniti messaggi odorosi diversi, il nostro istinto vorrebbe mettere ordine: stabilire gerarchie, allontanare i provocatori, identificare i reietti ma non è possibile. Infiniti guinzagli ci inchiodano in un quadrato di terra, senza neanche una recinzione a dare un senso alle nostre frustrazioni. Mi domando se sia questa la domesticazione…

Giorni fa, in val di Fiemme, abbiamo incontrato tre simil-border liberi nei campi lungo la strada. Mi hanno individuato da lontano e mi sono venuti incontro. Erano tipi montanari, tutto muscoli e lotta per la sopravvivenza. Zuffa di sera bel tempo si spera, mi sono detto. Poi mi sono ricordato di essere al guinzaglio e che dall’altro capo mi trascinavo la Umi* che è una che raccoglie le deiezioni e sfila orgogliosa davanti ai forestali nel bosco con me al piede. Niente zuffa, mi sono detto, buttarla a terra con uno strattone mi dispiaceva. Allora ho sentito la Umi dire: Richiamate i cani, per favore.

Lei chiede sempre per favore. Come se qualcuno facesse mai un favore a qualcun’altro che non sia se stesso. Lei è così. La trattano male e si avvilisce: non riesce a capire le cattiverie. Non ci arriva. E’ scema.

I cani da pastore mi hanno guardato e io ho bloccato la coda ritta in alto, ferma come una mezzaluna dal pennacchio bianco:  sarò pure al guinzaglio ma non ho la museruola ragazzi, intendevo dire a chiara coda. Il contadino, il capo di quei tre rozzi, era grosso, indossava una giacca vecchia e un cappello calato fin sugli occhi. Quello che della sua pelle si vedeva era del colore della corteccia degli alberi, scuro e rugoso. Ha fatto un sibilo che la Umi non ha sentito, ma che mi ha trapassato il cervello. Io non muovevo un muscolo tenendo d’occhio quei tre, ma loro si sono ritirati e hanno riparato accanto al loro grosso umano. Si capiva che si sarebbero divertiti a farmi a pezzi, ma avevano rinunciato. Lui era la mano che li sfamava dopo ore di guardia o di lavoro tra le pecore o le mucche, chissà. I tre gli scodinzolavano attorno, c’era un patto tra loro: tu mi sfami, io ti obbedisco, ‘fanculo la libertà!

Un classico, ma lo ammetto, un patto è più bello di un guinzaglio.

Io sono rimasto immobile, con un’orecchia e mezza dritte e lo sguardo attento. La linea del mio corpo elegante non aveva nulla a che fare con quei tre, la mia intelligenza da blogger, la mia convivenza con una scrittrice facevano di me un animale diverso. Sono sempre un cane, ma vuoi mettere?

Alcuni di noi cani lavorano nelle fattorie, altri praticano sport e parecchi fanno da badanti nella case degli umani. Poi ci sono io che sto con la Umi e penso che patto o guinzaglio la vita sia sempre un compromesso e, ‘fanculo la libertà, io proteggo la Umi che degli umani non ci si può mai fidare.

Concludo con un consiglio letterario non occulto né disinteressato (se lei vende io mangio): l’ultimo libro della Umi: UN’ ESTATE DA CANI che purtroppo non è la mia autobiografia, ma è strepitoso ugualmente. Abbaio mio!

 

 

 

(Umi= Umana di Riferimento, in questo caso Giuliana Facchini, leggi anche Spieghiamoci… per capire meglio! nda)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato in: Come nascono le mie storie, Fiutando Libri!

Un’estate da cani… come nascono le storie!

Questa storia è un racconto scritto in prima persona da Ginevra. Lei non è una scrittrice e non si tratta di un diario. No. Questa storia nasce per raccontare che scrivere può essere utile. Enigmatica?

Chi ha letto Io e te sull’isola che non c’è, sa che Lucia scrive una storia dove succedono cose terribili alla sua odiata nemica. Su un foglio bianco tutto può accadere e così Lucia sfoga la sua rabbia e il suo odio. Ginevra scrive per un altro motivo. Un motivo ben preciso. Trovo affascinante poter fermare sulla carta le emozioni senza dover necessariamente essere scrittori. E’ una fotografia del nostro stato d’animo. Rileggere quelle righe anni dopo, come guardare una foto, ci racconterà chi eravamo.

Un ragazzo una volta mi chiese se la sua vita sarebbe diventata come quelle dai suoi genitori: andare a lavorare, fare figli e pagare le bollette. Io gli parlai di sogni.

In questa storia si parla di sogni. Sì, quelli che ognuno di noi ha; non esistono uomini o donne senza sogni. Alcuni credono che i loro sogni siano andati distrutti, altri pensano di non averne perché li hanno dimenticati. Quello che ci piacerebbe realizzare della nostra vita è il motore che ci anima, certi motori borbottano, altri ronfano e alcuni di noi sono sordi, ma il motore batte e pulsa volendo o non volendo.

I sogni sono la linfa vitale di cui si nutrono i ragazzi, ma alle volte gli adulti ce la mettono tutta per disilluderli, di questo racconta Un’estate da cani, di chi non vuole rinunciare al proprio sogno.

“Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso” diceva Nelson Mandela.

“Cosa vuoi diventare da grande? Felice” Risponde Thomas ne Il libro di tutte le cose di G. Kuijer

Ecco, chissà, forse vincere vuol dire trovare la propria felicità.

Orchidea è una bellissima Levriera che Loredana e la sua famiglia hanno adottato raccontandomi poi la sua storia.

Si parla anche di cani, sì ancora. Degli ultimi, quelli di cui proprio non importa a nessuno. Ci sono persone che si occupano di loro e mi pare bellissimo. Certo ci sono ingiustizie ben peggiori, ma sono convinta che di amore ce ne sia per tutti. Anche per gli animali e l’ambiente e senza far torto a nessuno. Io sono per includere e non escludere.

Infine, in questa storia, c’è un’omaggio a mia madre da sempre incallita giallista. Dei suoi racconti mi nutro io, che i gialli non li amo. Mi accompagnano da sempre nomi come Christie, Stout, Queen, Grisham, Camilleri, Patterson, Cornowell… serial killer e patologhe mi inseguono da sempre e non poteva tutto non confluire in un mitica Cena con delitto!

Ultima nota: Marisol esiste davvero. Non so se si chiami così, ma l’ho vista in ospedale mentre aspettavo di fare una banale visita specialistica. Lei era qualche metro più avanti e per rilassarsi faceva degli esercizi di respirazione in piedi, tra il muro grigio e la finestra. Era molto discreta, forse la notai davvero solo io e m’incantai a guardarla. Non riuscivo a staccare gli occhi da lei e dalla sua figura luminosa. Cominciai a respirare come lei.

Le storie siamo noi.

Buona lettura e fatemi sapere!

Trama e dettagli su LIBRI DI GIULIANA FACCHINI

Pubblicato in: Fiutando Libri!

Naturalmente ricchi delle proteine della Lettura!

Con Luna Park di Livia Rocchi (edito da Camelozampa) mi sono emozionata e commossa. Una storia che arriva semplicemente dritta al cuore. Da leggere!

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A mio parere, questo romanzo ha il grande pregio di parlare a tutti, davvero a tutti. Non dobbiamo avere paura di proporre ai ragazzi libri che affrontano argomenti forti, ma esiste anche un modo di narrare storie importanti con un linguaggio che rasenta quello poetico e che nessuno avrà mai timore o scrupolo di proporre ai ragazzini.

Il “racconto” Luna Park esce nel 2013 nella raccolta “Chiamarlo amore non si può”, che racconta ai ragazzi e alle ragazze la violenza contro le donne, antologia della quale sono coautrice (vedi i dettagli tra i miei libri). Da quel racconto nasce il romanzo Luna Park una storia completa ed efficace.

Evviva i libri che hanno voce propria, basta carta stampata impersonale, pubblichiamo di meno ma pubblichiamo libri sinceri, onesti, veri!

Pubblicato in: Come nascono le mie storie

Io e te sull’isola che non c’è. Come nascono le mie storie

Come nascono le storie?

Cattura.JPG cvCerte in un modo, alcune in un altro! Questo romanzo ha per me qualcosa di speciale perché racconta tante storie, ci sono tanti personaggi e ognuno con la propria vita, una sensibilità e un destino. Il romanzo è nato parlando di cani… e ti pareva! esclamerete subito, già ogni autore ha i suoi nervi sensibili, quella sua anima inquieta e sorniona che torna sempre nella storie. Quando presi con me Bryce conobbi un tipo di cinofila bella e un rapporto con gli animali, con i cani in particolare, straordinario. Si può, credetemi, addestrare un cane alle discipline più nobili in modo mostruoso, ma si può, per fortuna, anche lavorare sull’intesa e l’amore reciproco. Questa modalità a mio parere addestra cani sereni abili al soccorso, al sostegno delle disabilità umane e anche alla semplice compagnia. Con questi giovani cinofili allegri e espertissimi ho conosciuto cani speciali e, se me lo consentite, di grande personalità ed è nata la voglia di raccontarli. In “Io e te sull’isola che non c’è” si parla del rapporto con i cani come mezzo per allenare gli umani al linguaggio dell’empatia e della sensibilità. Il rapporto con gli animali ci insegna a non comunicare solo con la parola ma anche con il linguaggio del corpo e a essere più recettivi verso gli altri.

“Gli animali ci rendono tutti più umani”

Ma non si parla solo di cani, anzi, in questo romanzo torna una fiaba di Andersen “I cigni selvatici” che mi impressionò da bambina. Si parla di fiaba e di realtà e di quanto di magico (tra virgolette) ci sia nella vita. Credere a tutti i costi in qualcosa che solo noi abbiamo intravisto, avere fiducia nei fili da seguire che la vita ci mette tra le mani, raccontano che vivere non è solo quello che sperimentiamo con i cinque sensi. Empatie, sogni, emozioni non si toccano, annusano, vedono, sentono o assaporano ma ne percepiamo gli effetti se sappiamo metterci in posizione di ascolto.

Scrivere è un mestiere strano e la fantasia un’entità astratta. Bello aver fantasia, ma la fantasia non si tocca, non si trova ovunque e a cosa serve? Si sbarca il lunario con la fantasia? Forse no, quando si sale quella scala a pioli che porta su una nuvoletta fantastica tutto può accadere e solo lì, a mio parere, nasce davvero una buon romanzo.

Mi dicono spesso che nelle mie storie ci sono troppi personaggi e vie da seguire, eppure io credo che siamo tutti, ragazzi (soprattutto loro sono abilissimi) e non, in grado di seguire l’affresco variopinto e ricco di un romanzo, in grado di innamorarci di un protagonista oppure di personaggio antipatico, di scegliere i tramonti da dipingere con la mente e quali sguardi seguire. Vi lascio la mia storia… fatemi sapere!

…. Ah, dimenticavo: un grazie speciale a mio figlio grande (perché le mie storie sono sempre un affare di famiglia, leggere per credere Cortometraggio di famiglia) che ha ideato un bel titolo per questo romanzo!

Galleria fotografica dei protagonisti a quattro-zampe del romanzo! 

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Eko con Tabatha e Sancho – “…aveva pubblicato la foto di Eko con un mestolo da cucina in bocca. Aveva un’aria seria, solo un po’ scocciata, mentre la didascalia diceva: Stasera cucino io! “

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Eko (lo zio di Bry)- “…con una fetta biscottata in bilico sulla testa. Il cane aveva uno sguardo buffo perché lei lo fotografava sempre nelle pose più assurde, invece lui voleva solo papparsi la fetta fragrante!”

 

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Nana – “…l’aveva fotografata accucciata su un grosso vocabolario con gli occhiali da lettura sul naso e forse era davvero l’unico modo per descrivere Nana! “

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Emily – “Emily era sempre disponibile al gioco, ma non era invadente! “

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Emily – ” I suoi occhi cercavano Lucia e la invitavano a lasciare da parte i problemi quotidiani per perdersi con lei in un mondo di palline, salti, corse e coccole. “

 

 

 

 

 

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Cica (la nonna di Bry) – ” …due splendidi cani occupavano rispettivamente due poltrone e non si mossero. Erano le due femmine dell’allevamento: Cica e Queen. “

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Queenbee – “Queen e Cica, chiuse nella camera di Meggy, se ne stavano sulla terrazza attigua, fisse e immobili come statue, a osservare dall’alto cosa stesse accadendo nel loro regno”

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Jazz (Nel romanzo interpreta la parte dell’amico del cuore di Nico ed essendo una vera primadonna lo fa in modo esemplare!) “Jazz lo fissò scavando, con i suoi piccoli occhi scuri di cane fortunato, nel dolore del ragazzo…”

 

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Orma Rossa – … cui Lucia ha scippato il nome per il suo nickname!

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Bryce – “Si chiama Bry, sarà il tuo cane e insieme vi divertirete un mondo”

*I Border collie fotografati appartengono tutti alla famiglia (ops all’allevamento) Gingerbell.

 

Pubblicato in: Dialogando con Brik, Donne in corriera e madri da tartufo, Ragionando di un cane di nome Brik...

Il mio cane ha un blog…

Mentre passo davanti al banco macelleria resto affascinata da una massaia che discute di come si affetti la carne perché resti morbida. Descrive la macabra scelta del coltello, il verso giusto per tagliare il muscolo, elogia il sanguinate trancio di animale morto che tende la plastica della confezione. “Le serve anche l’osso?” chiede gentile il macellaio “…e lei” dice a me “vuole gli ossi?” M’irrigidisco. Parlano di cani “Lei ce l’ha il cane?” Annuisco e penso a quella scrittrice che legge la mamma giallista, quella che ha tutti titoli pieni di ossa. Non dico che il mio cane ha un blog. Scelgo timidamente un pezzetto di ginocchio di mucca, pensando poi di buttarlo. A casa mentre metto a posto la spesa, Bryce fiuta l’osso e scodinzola allegro. Rimango interdetta e glielo allungo. Lui lo appoggia a terra in giardino, lo fiuta, pare deluso. Mi guarda come a dire: “Non è caciotta?” Però lo rosicchia, ci prende gusto e infine fa una buca che potrebbe contenere un osso di dinosauro e lo seppellisce. Quindi ci ripensa e lo tira di nuovo fuori impanato di terra, lo ciuccia e poi ci si sdraia sopra. Piove. Il giardino pare abitato da una famiglia di talpe giganti. Io non cucino e il mio cane ha un blog.

“Per gustare al meglio un osso di ginocchio di mucca lasciarlo decantare una notte intera sotto uno strato di ameno 20 cm di terriccio umido, preferibilmente bagnato con acqua piovana poiché il pulviscolo atmosferico contenuto nelle gocce esalta il sapore ferroso dell’osseina. Estrarlo al mattino, scrollarlo dolcemente per eliminare il terriccio superfluo e, se avete un palato davvero esigente, consumatelo in posizione semi-sdraiata sul divano buono nel salotto del vostro umano.” (Cit. Bryce)

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Bottega del macellaio di Annibale Carracci, 1585

 

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

… camminare in montagna con un cane

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Camminare con un cane mi piace, in montagna è speciale. Non ho mai amato gli estremismi, dove posso andare con un cane per me va bene, nessuna ferrata o altro. Certi sentieri m’intimoriscono, è giusto così: la paura ci rende più vivi. Il coraggio non ha nulla a che fare con l’incoscienza. Mi piacciono i rifugi montani, come le chiese, quando non c’è gente: ci si guarda intorno, si riposa, si scambiano due parole col gestore, due, non di più, se è un vero montanaro. Quando si conosce il suono del silenzio si sanno scegliere le parole. Il mio zaino, aggiustato ma ancora affidabile, ha ameno dieci anni: l’onore più grande che si può fare agli oggetti è quello di usarli fino alla fine. Penso valga anche per la vita. Ho sempre odiato gli sprechi.

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Pubblicato in: Pensieri canini

Se i cani potessero parlare starebbero zitti

WP_20160609_14_59_29_Pro (2)Se i cani potessero parlare direbbero uno spartito di parolacce agli umani. Già, perché a me, ogni mattina tocca indovinare che musica tira.

Allora: il ritornello è sempre lo stesso.

La Umi si alza dal letto e ciondola fino alle scale, poi torna indietro perché ha scordato di prendere il telecomando per disattivare gli allarmi. (Come se io non bastassi: evviva la fiducia!) Facciamo colazione, lei scorre le notizie fb, io do un’annusata a chi è passato in giardino durante la notte: tabloid per entrambi.

Ma poi? Che musica sarà?

-Una ballata?

La più comune e tranquillizzante… La Umi s’infila un paio di pantaloni da trekking e una maglietta, si lava i denti, io mi do una scrollata alla pelliccia e usciamo. Tutto veloce e senza intoppi. Arrivo a pisciare sui siti sensibili a un orario accettabile aggiustando qualche tirata di guinzaglio alla Umi. Dopo si sta a casa: lei alla scrivania, io sotto.

-Una sinfonia per orchestra? 

La più incerta… La Umi va in bagno, si fa la doccia, si guarda allo specchio fa un po’ di smorfie, scuote il capo sconsolata. Sale su un quadrato di vetro con numeri rossi lampeggianti e dice una parolaccia (irripetibile). Poi si sistema i capelli e torna in camera, si veste, quindi:

– Variazione 1- tempo: Allegretto grazioso, la Umi dice: “Andiamo a prendere la nonna in macchina” e significa che devo trattenerla e piscerò sui siti sensibili per ultimo, svaccamento totale della giornata.

– Variazione 2 – tempo: Andante moderato, la Umi dice: “Giretto veloce che abbiamo un sacco di commissioni da fare” e significa che devo togliermi tutta la pipì in fretta dalla vescica perché negli uffici non c’è toilette per cani. Mi preparo a lunghe code spiaccicato su pavimenti scomodi, oppure mi toccherà stare seduto ore in camerini stretti mentre la Umi, che non è fornita di comoda pelliccia propria, prova pellicce sintetiche senza trovarne una che le piaccia.

– Variazione 3 -tempo: Calando grave, la Umi dice:”Vado a fare la s-p-e-s-a” e significa che devo fare pipì veloce trascinando un’umana depressa. La definizione di “Spesa” nel vocabolario della Umi: grave e indispensabile sacrificio che consiste nell’andare a caccia in una riserva artificiale di cibo per sfamare la prole.

-Un requiem?

Il più deprimente… La Umi non perde tempo, si veste con cura, si dipinge il viso con cura, sorride alle specchio. Non si pesa per evitare ogni malumore. Riempie una borsa di libri, molti suoi. La osservo andare e venire tra le stanze. Danza leggera tra mobili, letti, scrivanie, mi bacia sulla testa e dice: “Tu non puoi venire“. Starà via per parecchie ore. Sono già in cuccia nel mezzo del balletto: lei va a divertirsi senza di me. Scuole, librerie, biblioteche non vogliono cani e la Umi dice che io mi comporto male, ma non è vero. Discutiamo molto su questo punto ultimamente e soprattutto sulla comune accezione della parola “cane”.

– la Marcia di Radetzky di Johann Strauss padre? 

Quella che vorrei suonasse tutte le mattine. La Umi non perde tempo, si veste con cura ma non si trucca e né si pesa. Non dice nulla. Prende uno zaino, crocchette, acqua e qualche libro. Saltiamo in macchina con una deliziosa sensazione di festa: andiamo via insieme e basta routine. Mare, festival, montagna, non c’importa, ovunque staremo insieme. Ci fermiamo a fare pipì e lei beve il caffè, poi si parte. Nuove esperienze, nuovi amici da annusare, nuove avventure da vivere: Giuli&Brik!

Se i cani potessero parlare starebbero zitti.

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Pubblicato in: Fiutando Libri!, Human English Version!

Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna – Children’s Book Fair

pegDopo tre giorni alla Children’s Book Fair di Bologna mi rimane l’emozione di una fiera del cuore.

After three days at the Children’s Book Fair in Bologna the feeling it wasn’t simply a book fair but a real “heart fair” is still in me.

Sono appena rientrata dalla passeggiata mattutina con Bryce e lui, che è rimasto a casa per tre giorni a annoiarsi, è finalmente rilassato e felice di tornare alle nostre abitudini quotidiane. Bryce è sotto la mia scrivania, la casa è silenziosa, il tempo è uggioso.

I’m just come back from the morning walk with Bryce and he, who stayed three days at home annoying himself, is finally relaxed and happy to have our daily routine back. Bryce lies under my desk, the house is quite and the weather is gloomy.

Scrivere per ragazzi è per me un mestiere speciale, nei miei libri ci sono io e sempre io ci sono nelle relazioni umane che intreccio. Quella rete strana, fragile o d’acciaio che sono le amicizie. L’amicizia è uno dei temi che ricorre sempre nelle mie storie, l’amicizia è un valore che coltivo da sempre.

To write children stories is a very special job: I’m always in my books and I’m in all the human relationships I weave too, that peculiar, fragile or strong net forming friendship. And friendship is one of the main subjects of all my stories, it’s one of the values I’m always cultivating.

In questi tre giorni di fiera ho incontrato tante persone, ho capito che alcune amicizie sono salde e forti. Alle volte l’ho capito in un abbraccio o in un continuare a cercarsi: Sei al padiglione 29? Sto scappando a una presentazione! Andiamo ad ascoltare quell’autore, a sfogliare quel libro, a mangiare un panino…? Altre volte l’ho capito in quindici minuti di conversazione fitta fitta, condensata, piena di parole importanti.

During these three days I met a lot of people, I realized some friendships are strong and steady; sometimes I could understand it through a hug or just because we were keeping on searching each other: Are you at stand 29? I’m going to a reading… let’s go listening to that author, to read that book or to eat a sandwich??? Other times I realized it in a 15 minutes intense conversation full of important words.

Poi in fiera ho incontrato persone che volevo conoscere e in pochi minuti ho capito che l’empatia funziona anche tramite la rete internet e abbracciarsi è stata solo una conferma. So che quelle persone rimarranno nella mia vita di scrittrice, lettrice, promotrice dell’amicizia leale e senza barriere per la quale abbiamo con spontaneità gettato le basi.

At the fair I met people I would like to know and in a few seconds I felt that empathy works also through internet and to embrace each other is a further proof of it. I know those people will stay forever in my life as a writer, reader and promoter of leal and no barrier friendship, for which we spontaneously lay the foundations.

Il mio ultimo libro era sul banco dell’editore. Gli occhi magnetici del gatto mi hanno incoraggiato, rassicurato, guidato e una filiera di bellezza e di positività nel mondo dei libri per ragazzi si è rivelata ai miei occhi. Autori, editori, lettori, bibliotecari e librai che credono nel potere dei libri onesti, quelli che regalano emozioni e aiutano tutti noi a crescere. Continuano a tornarmi in mente le parole di Roberto Piumini che, sintetizzate, esortano a non banalizzare. Non banalizziamo il potere della letteratura per ragazzi, alimentiamolo con passione sincera e semineremo bellezza.

My last novel was on the editor stand. The magnetic cat’s eyes encouraged, reassured, guided me and a beauty and positiveness die in the children books’ world revealed to my eyes. Authors, editors, readers, librarians and booksellers believing in honest books’ power, those giving emotions and helping us to grow. Since then Roberto Piumini’s words are still in my mind. Shortly they urged us not to trivialize. Don’t trivialize children literature’s power but instead let’s feed it with honest passion and we will spread beauty.

Nel mondo di oggi si può, forse, chissà… ci crediamo?

In today’s world it could be possible… we can, perhaps, maybe… do we believe in it?

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Sono tornata a casa da Bologna con tanti libri, alcuni con dediche meravigliose e dolcissime e con il libro del piccolo Sheepdog che tanto assomiglia a Brik. L’editore scozzese Floris Books non poteva vendermi quel libro che i miei occhi avevano individuato il primo giorno con un’attrazione fatale. Chi ha disegnato quel cane lo conosce bene e un legame invisibile che sfida la distanza e la velocità della luce si è creato immediatamente. L’editore ne ha messo da parte una copia e l’ultimo giorno me l’ha regalata. Io ho regalato in cambio una copia di Echino dove c’è l’articolo del Brik. Non è stato un contatto di lavoro, è stata una relazione umana tra persone, passata attraverso il mio inglese approssimativo e le pagine dei libri. Ho ricevuto in dono un libro che adoro e la gentilezza di un’editor scozzese.

I came home from Bologna with lots of books, some even with beautiful and very sweet dedications, and with a special book about a little Sheepdog who is so very like Brik. The Scottish editor Floris Books couldn’t sell to me that book, which fatally attracted my eyes from the very first day… who drow this dog, knows him very we’ll and an invisible relationship, challenging distance and the speed of light, created immediately. The editor kept one copy for me and last day she gave it to me. In exchange for it I gave her a copy of Echino, where there is an article of Brik.
It wasn’t a work contact but a real human relationship fed by my inaccurate English and some book’s pages. I have been given the book I adore and the kindness of a Scottish editor. (… and compliments to Sandra Klaassen!)

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Sandra Klassen di Floris Books: www.florisbooks.co.uk/blog/2015/05/13/florisdesign-illustrator-interview-sandra-klaassen-2/

12909432_1178408702184207_2991474774919569307_oEchino: www.echino.it 

brik manoscritto

Come nascono le storie… ilgiovanebrik.com/2016/03/07/come-nascono-le-storie-il-segreto-del-manoscritto

Notes Edizioni: www.notesedizioni.it/index.php?option=com_libreria&c=pubblicazioni&task=display&idpubblicazione=58&Itemid=61

Pubblicato in: Donne in corriera e madri da tartufo

Donne in corriera e madri da tartufo. Mattinata movimentata

Mattinata movimentata.

Oggi c’è il cambio gestore sulla mia linea telefonica e nel lavandino della cucina l’acqua non scorre. (Coincidenze?) Sospetto l’intasamento del pozzetto biologico. Chiamo aiuto e arriva l’aeronautica. Si, quando siamo nella merda, a casa nostra, arriva l’aviazione in mimetica e occhiali a specchio. Scoperchiamo il pozzetto e rimaniamo a guardare. Si ferma un passante: tre umani e un cane che discutono fissando liquami incuriosiscono. Lo invito a unirsi alla discussione: una stronzata più o meno non fa differenza. Il nuovo gestore telefonico chiama per sapere come va. Nessun disservizio. Nelle prossime ventiquattro ore esploderà il telefono, impazzirà l’adsl e friggeranno i cavi sono sicura, ma per ora ringrazio. Poi chiama la nonna che uscita dal corso di ginnastica vorrebbe un passaggio. Pronti, io e il border eseguiamo, mentre l’aviazione si rimbocca le maniche per sturare i tubi. Recuperata la nonna, a casa mi accolgono parole di giubilo: il tappo è rimosso e vengo spedita al supermercato per comprare uno sgorga-tubi turbo e capsule di enzimi per il pozzetto. Mi giro alla ricerca del mio fido copilota e non lo trovo. Attivo il figlio grande, ma non trova Bryce da nessuna parte. L’aviazione, che ci ha sacrificato la pausa pranzo, reclama capsule e acido miracoloso. Il figlio dice che ci pensa lui al cane. Io sgommo davanti al supermarket neanche l’Opel fosse la GranTorino di Starsky&Hutch e chiamo il figlio. “Nulla, non si trova. Allargo il perimetro delle ricerche” – risponde quello e siamo ormai in completo regime militare. Afferro capsule e sgorga-tubi e vado in cassa: tutte occupate! Punto una donna di colore con turbante, assumo l’espressione di Bryce quando elemosina il cibo dalla tavola e chiedo se posso passare. Quella si fa da parte sorridendo: “Tu passa, passa!” Rispondo “Grazie” con un sorriso. A differenza di altre, lei sa riconoscere uno sguardo disperato e gliene sono grata. Telefono ancora, ma non ci sono novità: salto in auto e getto il bottino sciogli-cacca sul sedile, mentre un muso allarmato spunta dal nulla e pare chiedere: “Perché sei così agitata? Posso essere d’aiuto?”
“Cosa stai facendo in macchina?” grido e Bryce, sono certa, risponderebbe: “Schiacciavo un pisolino in tranquillità, perché?”
Telefono e faccio rientrare l’allarme “Bravo” . L’adsl funziona, l’acqua scorre limpida nel lavandino, il cane è stato ritrovato, posso smilitarizzare la casa e godermi il pomeriggio… non mi pare poco.

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Pubblicato in: Pensieri canini

L’amico del giaguaro…

Sheep-dog, pecore, governo del gregge fanno parte del lavoro del Border Collie, eppure Brik li snobba. Lui adora assaggiare le praline di cacca di pecora e abbaiare alle galline del recinto vicino. Grida anche due abbai offensivi ai cavalli ma delle pecore se ne infischia.br

Questa è l’idea della Umi dopo varie lezioni di governo delle pecore affrontate insieme a Bryce, ma nella testa del giovane bricchetto, mentre sozzo e stanco riposa, passano ben altri pensieri…

“…Io mi domando: perché devo radunare quattro pecoroni spaventati? D’accordo sono un border e se mi portate in una fattoria nelle lande sconfinate e con un gregge di pecore da condurre all’ovile posso anche darmi da fare, ma io nel recinto con i pecoroni ci sto stretto. Poi quelle povere bestie sono stufe di far lezione al “cane” di turno. L’istruttore spiega alle persone cosa fare e queste eseguono, s’improvvisano pastori e i Istantanea 8 (12-02-2016 22-04)cani s’impegnano e alcuni tentano pure di mordere le pecore. I cani, quelli qualunque, mica lo sanno che in competizioni serie di sheep-dog mordere allo stinco la pecora o pinzarla (come diciamo noi in gergo tecnico) è una grave penalità. Possono essere anche squalificati per una pinzata! Non che voglia fare l’amico del giaguaro o riscrivere Tom e Jerry sovvertendo l’ordine naturale della cose, ma a me quelle testone lanose mi fanno pure pena: tutto il giorno a girare e rigirare come sceme nel recinto, a entrare e uscire dai “gate” rischiando lo stinco solo per divertire l’umano di turno! Noi border le pecore le governiamo con lo sguardo, sono i nostri occhi a dare i comandi… ma che Pastori Tedeschi vadano in polizia e lascino a noi il lavoro sporco! Le zampe s’insudiciano di fango, il pelo si gonfia e i nostri occhi magnetici intimano alle pecore ribelli di rientrare nel gruppo. Questo in Scozia o sui pascoli d’alpeggio, mica nel recinto del maneggioIstantanea 10 (12-02-2016 22-06) dietro casa. Lì si dà fastidio alle galline del pollaio, perché un border serio ha soprattutto l’indole del rompiscatole. E’ irriverente, potenzialmente mascalzone e estremamente intelligente da capire quando c’è un umano da coccolare. Con i cavalli, invece, noi border ci divertiamo sempre a dialogare, loro sono esseri dotati di grande empatia e ironia, quattro battute ce le scambiamo volentieri quando c’incontriamo. In quanto al pralinato, beh ognuno ha le sue debolezze e i suoi gusti. E poi è tutto cibo vegano, eh!”

Pubblicato in: Human English Version!, Ragionando di un cane di nome Brik...

… è tutta questione di naso! … it’s just a matter of nose!

WP_20151111_09_23_57_ProBryce al parco gioca con la sua pallina. Gli chiedo di stare fermo, la lancio e lui potrà andare a recuperarla solo quando io dirò: OK!!!

At the park Bryce plays with his  ball. I ask him to stay, I throw it and he can go to fetch it only when I say: OK!!!

E’ inverno pieno, ma il freddo quest’anno è arrivato tardi. Un tappeto di foglie morbide di bruma, gialle, rosse e arancioni ricopre il terreno. Arriva un Beagle femmina. Una simpatica cagnolona sovrappeso e allegra. Tiro lontano la pallina e Bryce corre a cercarla. Si lancia all’inseguimento, salta, affonda nelle foglie, si rotola e infila il naso nell’erba alla ricerca della sua preda di caucciù.

It is midwinter, but the cold arrived late this year. A carpet of soft, misty, red, yellow and orange leaves covers the ground. A female beagle arrives. A nice, overweight and cheerful dog. I throw the ball far away and Bryce run to search it. He gives chase, jumps, sinks in the leaves.  He rolls and sticks it’s nose to the grass searching its rubber prey. 

Arriva Wendi, la Beagle, al trotto e senza neanche abbassare troppo il naso sul terreno segue le tracce della pallina. Bry ha sollevato terra e goccioline di bruma con la coda a spazzola e allegro perlustra tutto intorno: gira e rigira e cerca. Fiuta e s’accanisce nella caccia come un lupo nel bosco. Wendi non devia il percorso, che sa già essere il più breve per arrivare alla pallina, e non ci mette neanche dieci secondi a scovarla sotto il fWP_20151111_09_23_48_Proogliame e a prenderla in bocca. Con occhi dolci e orecchie morbide come una cascata di capelli castani guarda Bryce: se non avesse la pallina tra i denti si potrebbe pensare che sorrida.

Wendy, the beagle, arrives trotting and even without lowering to much her nose to the ground, she follows the ball’s tracks. Bryce lifts ground and mist drops with his brush-shaped tail and cheerfully scouts all around: he turns and turns and searches. He sniffs and insists hunting like a wolf in the wood. Wendy doesn’t change her route, that she knows to be the shortest one to the ball. She needs less than 10 seconds to find and take it in her mouth. With sweet eyes and soft ears that remind a soft cascade of brown hairs, she looks at Bryce: if she hadn’t the ball in her mouth you could think she is smiling.

Lui si immobilizza: coda ritta, posa plastica e negli occhi una muta domanda: “Ma dove diavolo era intanata quella furbissima pallina? L’ho cercata ovunque!”

He Stands motionless: straight tail, proud pose and a silent question in his eyes: “But where on earth was that smart ball? I looked for it everywhere!”

Caro border, è tutta questione di naso!

Dear border, it’s just a matter of nose!

Pubblicato in: Pensieri canini

Come ti ammazzo la Umi…

La Umi mi preoccupa: ha la testa fra le nuvole. Qualche giorno fa si è buttata giù dal marciapiede. Mi sono fermato ad aspettarla perchè era finita lunga distesa per terra e ha dovuto rialzarsi. Ieri si è spiaccicata sulle strisce pedonali. Stavamo attraversando la strada e mentre una macchina si fermava per lasciarci passare, quella che veniva in senso opposto ha proseguito dritta.

WP_20151031_09_17_57_ProIo e la Umi abbiamo indietreggiato e mi sono innervosito non poco: imbecille di un automobilista non vedi che porto un’umana anziana al guinzaglio? Ti sembra corretto non fermati? Gli ho abbaiato. Avrei voluto correre dietro a quel pecorone di ferraglia bianca, avrei voluto strappargli gli pneumatici, masticarli bene bene e una volta ridotti a un chewing gum, appiccicarglieli tra il pelo. (… fa così schifo che devono tosarti per ripulirti, lo so per certo.)

La macchina successiva si è fermata e io ho proseguito fino al marciapiede e mi sono voltato: la Umi ha messo la zampa sinistra davanti a quella destra, poi ha spostato quella dietro avanti e si è annodata e sbilanciata e in un nanosecondo è finita lunga distesa neanche volesse nuotare a stile libero sulle strisce pedonali. I tizi al volante se la ridevano, ma io sono un cane e non rido. Meno male che la Umi, dato che non è provvista di pelliccia, è sempre imbottita con giacconi, sciarpe e scarponi e non si è fatta troppo male.

La Umi mi stava sgridando perché,  secondo lei, tiro al guinzaglio (gli umani se la prendono sempre con qualcuno per i propri errori e spessissimo noi cani ci andiamo di mezzo), quando si è fermata accanto a noi una pecora di ferraglia bianca con una ragazza carinissima dentro che le ha chiesto se si fosse fatta male. La Umi ha sorriso in modo rassicurante. Io ho abbaiato se potevamo adottarla quella ragazza dalla voce gentile.

Per tirare fuori la Umi dall’umore più nero basta una “gentilezza”. Pare che la “gentilezza” sia un dono molto prezioso e ricercato tra gli uomini, una cosa che in canino si traduce in dolci leccatine in punta di lingua e in gattese in un gorgoglio sommesso di prrr prrr chiamato fusa. Comunque la ragazza sarebbe piaciuta una sacco anche ai miei fratelli umani e soprattutto aveva fatto dimenticare alla Umi che mi stava incolpando per il suo tuffo imbarazzante. L’avrei adottata subito.

Abbiamo proseguito la nostra passeggiata e ho camminato al guinzaglio in modalità Beagle raffreddato (cioè: muto, sordo e cieco). Ero risentito, lo ammetto. Tirare IO quando andiamo al guinzaglio? Ma se la devo trascinare la Umi per quanto cammina lentamente!

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

è solo un cane … ?

E’ solo un cane. Già, non mi piace umanizzare gli animali, nonostante oggi venga naturale: cartoni animati, libri, giochi, è facile dimenticare la scienza che si chiama etologia e giocare con la fantasia. Lo faccio io stessa sul blog! Eppure, nonostante cerchi di tenere i piedi per terra e la testa sulle spalle, non riesco o non stupirmi di certi comportamenti di Bryce.

Metto a scWP_20151031_09_18_25_Proaldare una fetta di pizza sulla piastra e dico a mio figlio di servirsi. Passano dieci minuti e poi quindici e lui immerso nei suoi pensieri (compiti/musica/chat) si dimentica della pizza. Bryce, che aveva attentamente seguito la vicenda, si alza delicatamente sulle zampe posteriori, afferra il bordo della pizza e porta la fetta al fratello umano. La depone ai suoi piedi e lo guarda. Sembra voler dire: La mangi tu? Se non ti va, me la pappo io! Avrebbe potuto sgraffignarla e mangiarsela: è solo un cane. Non l’ha fatto. Intelligenza, senso del branco, fame atavica sopita? …chissà.

Resta il fatto che questo comportamento mi ha stupito e affascinato allo stesso tempo. Vorrei sapere cosa ha attivato quel comportamento nella testolina di Brik, ma mi accontento di guardare i suoi occhi color ambra che raccontano mille storie e il suo muso alla stracciatella con la lingua penzoloni che sembra ridere. E’ bello sapere che lui si senta parte della famiglia, ops del branco.

Alle volte mi capita di pensare che sebbene io non sappia leggere nella mente di Brik, lui e gli altri cani o i gatti in generale, sappiano invece farlo con noi umani. Sarebbe curioso se loro capissero le nostre parole o i nostri sentimenti e noi invece non riuscissimo a decifrare il loro comportamento. Sarebbe buffo arrivare a scoprire che quelli evoluti sono proprio loro!

Sto scherzando, ovvio… oppure no?

Canide felinamente affondato nel divano

English version: He’s just a dog…?

Pubblicato in: Pensieri canini

Sogni proibiti

E’ buio, hanno alupoppena finito di cenare. Chiacchierano tranquilli e si siedono sul divano davanti al televisore. Stanno decidendo che film vedere. Scivolo via dal mio nascondiglio dietro la poltrona. E’ il mio angolo privato, un posto dove m’intano quando non voglio essere disturbato. Nessuno si accorge di me, mi muovo cauto, le zampe appoggiano silenziose sul pavimento. Sono nero e invisibile come la notte. Raggiungo la preda. Sono sotto di lei. Nell’altra stanza non sospettano nulla, sono ignari e io sento il suo odore. E’ lì sdraiata, non può fiutarmi. Il lupo è pronto a scattare. La salivazione aumenta, lo stomaco brontola. Indietreggio e calcolo mentalmente il percorso: il cuscino sulla sedia soffocherà il rumore del balzo.

E’ questione di pochi secondi e sono su: è mia. E’ mia.

-Ho sete, vado in cucina a bere. Questa frase galleggia nell’aria come un avvertimento, poi l’interruttore scatta: un cerchio di luce m’investe.

Segue urlo ciclopico. pizza

Quando si dice la sfiga: ma proprio ora la Umi doveva avere sete? Avevano lasciato sul tavolo una fetta di pizza coi peperoni, la mia preferita e l’ho fatta fuori.

All’urlo si aggiunge uno sguardo severo al quale rispondo con aria innocente che tenta una spiegazione: – Ero certo che fosse stata lasciata lì per me!

-Scendi subito dal tavolo di cucina – ordina la Umi con voce dura.

-Ops! Non mi ero accorto di esserci sopra.WP_20151007_08_54_27_Pro

-Sparisci: ladro! – prosegue la pizzaiola indiavolata.

Assumo un’espressione contrita: orecchie abbassate e coda tra le zampe. Mi defilo in velocità e sparisco nel mio angolino.

Quante storie per una fetta di pizza. Toh! Ho un po’ di salsa di pomodoro sulla zampa: una delizia da leccare. Era la mia preferita, coi peperoni. Slurp.

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Sogno proibito del giovane Bricchetto

Pubblicato in: Pensieri canini

Sì, viaggiare…

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Non so se mi piaccia viaggiare, ma so che non posso mollare la Umi. M’innervosisce visitare luoghi che non conosco, non riesco a sentirmi tranquillo e continuo a guardarmi le spalle. E’ un periodo così: voglio proteggere il mio branco ma non so se ce la faccio e questo mi disorienta. Devo ammettere che PsicoPit mi ha lasciato una bella cicatrice.

Comunque viaggiare ha i suoi lati positivi, specie se si accompagna la nonna. La Umi dice che lei soffre di glicemia alta ma nazionale, non so bene cosa voglia dire però la nonna ha un fiuto che fa invidia al mio. In prossimità di bellissime pasticcerie dice sempre che è stanca e ha bisogno di una sosta. Aggiunge che “il cane”, intende me, ha sete e io faccio il muso di uno che ha sete. – Non appena appoggi a terra la coda, in Francia, ti portano una ciotola d’acqua. Forse hanno paura che i loro cani muoiano disidratati, chissà se qualcuno li lascia in macchina al caldo anche lì? – Poi la nonna dice che “il cane” (sempre indicando me) ha fame e io faccio il muso di uno che ha fame, molta fame, sta morendo di fame. Rimedio un pezzo di dolce mentre alla Umi esce il fumo dalle orecchie e nei suoi occhi scorrono parole poco signorili.  La nonna sostiene che in vacanza le malattie vadano lasciate a casa per viaggiare leggeri. Che l’entusiasmo del viaggio brucia il colesterolo e gli zuccheri in eccesso, ma la Umi non è d’accordo. Medita per qualche istante e valuta a chi facciano peggio, tra me e la nonna, gli zuccheri della torta. Vince la nonna, quindi io rimedio la mia parte con soddisfazione.

Il momento migliore dalla vacanza, però, rimane quando al mattino io e la Umi sgusciamo fuori dalla stanza e scendiamo in paese. Camminiamo in silenzio, a noi piace il silenzio. Ci sediamo al tavolo di un caffè e lei beve una Noisette, come i francesi chiamano il caffè macchiato. Il barista è un uomo di una certa età, con tanti capelli bianchi e un sorriso accogliente. Ogni mattina ci presenta ai suoi clienti e ce n’è sempre qualcuno d’origine italiana. Poi passiamo nella piccola Boulangerie, panetteria, per laWP_20150828_07_26_54_Pro brioche. Io non devo rimanere fuori, entro e sono educato. La proprietaria, una donna gentile e dolce (ovvio), mi offre ogni mattina un biscotto a forma di cuore. Che è a forma di cuore lo ha detto la Umi, io so solo che è buono e sa di burro. Resto composto mentre la Umi chiacchiera e paga e, prima d’uscire, saluto con un colpo di coda e un sorriso canino.

L’ultimo giorno prima di ripartire, la Umi ha comprato una scatola e l’ha fatta riempire con tanti di quei biscotti e non solo a forma di cuore. Mi sono dolcemente illuso che fossero per me: uno ogni mattino, non aveva importanza la forma, in fondo. Invece la Umi ha aperto la scatola in Italia, quando la nonna non c’era, con i miei fratelli umani, assaggiandoli insieme a un tazza di tè e per me ha scartato un osso di pelle di bufalo.

Qualcuno ha a portata di zampa il numero di telefono verde?

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giuli&brik

Pubblicato in: Human English Version!, Ragionando di un cane di nome Brik...

L’imbarazzo di un cane… Embarrassment…

Stamani al parco grande divertimento con il frisbee!

Brik lo prende al volo, lo riporta, lo molla e, poiché si tratta di un disco morbido, nei momenti di pausa lo mordicchia e lo uccide. Nulla di tecnico o troppo serio: solo gioco! Dopo tante corse il giovane brik raggiunge la fontanella per abbeverarsi. Per aver la bocca libera abbandWP_20150625_13_02_43_Proona il disco e lappa l’acqua fresca con piacere. Dopo la bevuta gli viene naturale un bisognino fisiologico e con mira da cecchino centra il suo disco che si trasforma, voilà, in pitale.

Una scrollata al pelo umido di rugiada mattutina e Brik è pronto a riprendere il gioco ma quando fa per recuperare il disco si ferma imbarazzato. Punta la situazione e si sdraia senza distogliere lo sguardo dal suo frisbee magicamente trasformato.

Orecchie ritte, lingua penzoloni e corpo affondato nei fiori e nell’erbetta: il giovane brik è diventato una statua di sale e quindi tocca a me togliere il border di nobili origini dall’imbarazzo!

So much fun with the frisbee this morning at the park!

Brik makes a flying catch, he holds it, he let it go and as it is a soft disc, during the pauses he chews and kills it. Nothing technical or too serious: only playing Today! After many runs the young Brik reaches the standpipe to drink. To free his mouth he leaves his disc and laps fresh water with pleasure. After drinking he has to dispatch a physiological need and like a sni per he hits the center of theWP_20150625_13_02_54_Pro disc that suddenly becomes a chamber pot.

Shaking his humid hair from the morning dew Brik is ready to play again, but when he tries to take his disc he stops sheepish. He focuses the situation and Lay down without diverting his glance from his frisbee so magically transformed.

Standing ears, dangling tongue and body sunk amid the grass and flowers: the young Brik becomes a piller of SALT and therefore it’s my turn to relieve the aristocrat border from embarrassment!

 

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Pubblicato in: Pensieri canini

Ho fatto “il caso”

Ecco l’ultima trovata della Umi: poiché sono un po’ irrispettoso dei cani che incontriamo per strada, mi ha portato da un educatore cinofilo di grande esperienza. Lui è un formatore e insegna, quindi io ho fatto “il caso da esaminare” davanti ai suoi allievi. Solo alla Umi poteva venire in mente una cosa del genere.

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lezioni di anatomia del dottor Tulp (1632) – Rembrandt

Dopo un’ora e mezza di macchina siamo arrivati in un centro cinofilo, scendo e mi fanno entrare in un campo da agility: una figata pazzesca! Salti, tubi, erbetta rasata! C’era pure il mio conduttore abituale fornito di gioco-treccia, insomma un paradiso e io mi son dato da fare. C’erano anche una ventina di tipi che mi guardavano ma, vabbè, in fondo sono un figo: che guardino! Poi è arrivato l’educatore e ha chiesto alla Umi di PsycoPit e il morso e la Umi ha attaccato con lo storytelling.

WP_20150419_09_13_40_ProAdesso, io mi domando, avrò pure il diritto di non essere troppo fiducioso nei confronti dei miei simili? Dopo aver incontrato uno come PsycoPit che ti sbrana un orecchio senza motivo, lo sareste pure voi.

Comunque quell’umano parlava bene e a quanto pare diceva cose interessanti perché pure il mio conduttore s’è messo ad ascoltare. Ma scusa fratello: quando ci ricapita un campo da agility tutto nostro?  E quindi ho cominciato a rompere. Io protesto e la Umi si becca il predicozzo, perché i cani devono essere rispettosi del proprio umano.

Ma quando mai? Ma chi gliele mette in testa all’educatore ‘ste stupidaggini? La Umi è mia e me la gestisco io! Pussa via umano! Pensate che ero quasi riuscito a prendermi i pezzetti di cacio a prescindere dal fatto che meritassi una ricompensa o meno, stavo per educarla a distribuirmi cacio a volontà e adesso questo mi rovina tutto?

Poi mi hanno fatto passeggiare in parallelo a un grosso cane maschio, fulvo e lanoso, e io ovviamente non ho inveito contro di lui. Sì, l’ho fatto apposta perché mi piace destabilizzare gli umani, ma poi quello era un tipo simpatico: mi ci sarei fatto volentieri due corse e quattro abbai in compagnia! WP_20150524_16_29_27_Pro

Pazienza, con gli umani ci vuole pazienza. Tanto la Umi la gestisco lo stesso: gli mantengo due, tre fermi da manuale in agility, la sveglio al mattino con leccatine e pance all’aria, gli faccio gli “occhioni” e sarà pronta a essere rieducata lei da me! Quella stessa sera, per esempio: passeggiata senza predare le auto che passano sulla strada, nessun cacio a sbafo e tirare solo quanto basta… la Umi è tonata a casa basita, poveretta. Quasi quasi gli veniva il dubbio che non necessitavo di alcun educatore!

Sono terribile, “caso” mai vi venisse il dubbio.

Comunque, ben vengano coloro che educano gli umani a far rispettare i cani: PsycoPit gli orecchi non se li era sforbiciati da solo e il collare a strangolo di catena non l’aveva acquistato lui! “Attento all’uomo” recita un cartello nello studio della Umi e “Ho visto piangere gli animali” è il titolo di un libro scritto dal guardiacaccia Giancarlo Ferron. Meditate umani.

(…per sapere cosa successe con PsycoPit “L’orecchio del sabato sera“)

Pubblicato in: Human English Version!, Ragionando di un cane di nome Brik...

Regali del tempo… Time gives you memories…

Il tempo è ilcome bene più prezioso. Solo il tempo svela i veri amici. Il tempo cambia, aggiusta, intona persone e persone, persone e luoghi, persone e animali. Conoscersi porta, col tempo, Border e Umano è muoversi con lo stesso passo. La routine diventa la conferma che viviamo insieme gli spazi e che possiamo affrontare insieme i cambiamenti.

Time is the most precious asset of all. Only time reveals true friends. Time changes, mends and matches people and people, people and places, people and animals. To know eachother brings, as time goes by, border and human to move at the same pace. Routine confirms that we live together spaces and that we can face changes together.

Il tempo scorreva veloce mentre io e il brik camminavamo per le vie del paese. Avevamo incontrato di nuovo l’uomo con il pitbull che quasi staccò l’orecchio a Bryce, ed era stato proprio lui a indicarmelo ringhiando. Anche questa volta era scappato, il vigliacco, non appena ci aveva riconosciuti e mi sentivo tremare, presa dall’indignazione e dalla memoria della paura. Allora il mio cane saggio camminò al mio fianco per quasi due ore e indiana jons da piccolola tensione si sciolse, la paura sfumò.

Time went by quickly as Brik and I were walking through our city steets. We met again the man and his pitbull, the one who almost tore away Bryce’s ear; and it was a growling Bryce to point him out to me. And once again that coward went away as soon as he recognised us and I shook full of indignation and scaring memories. Then my wise dog walked next to me for about 2 hours until tension melted away and fear faded away.

Il tempo scorreva lento quando, andando verso il campo di agility, passammo con la macchina su una stradina sterrata piena di buche e io rallentavo a passo d’uomo. Bryce era impaziente di scendere per correre tra gli ostacoli, si agitava, mugolava e quindi dal sedile di dietro mi allungò una leccata sull’orecchio: “Umi andiamo così piano che torniamo indietro nel tempo… ”

Time went by slowly as driving to the agility ground we passed on a rough road full of holes and I slowed down to a crawl. Bryce was impatient to get out to run among the obstacles. He fidgeted, moaned and therefore from the rear seta he licked my ear: “Umi we go so slowly that we are going backwards in the past…”

Il tempo regala ricordi.

Time gives (you) memories.

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Siamo tutti social? Oh yes!

Rileggendo la vita sociale animale …

Il felino rosso quando è rientrato in circolazione, dopo la malattia che lo ha tenuto lontano dai giardini per quasi un mese, era consapevole d’essersi giocato i territori. I gatti del quartiere vivono da sempre una grande partita a Risiko. C’è la partita a scacchi con personaggi viventi, chi come Alice si ritrova davanti la regina di cuori delle carte da gioco e chi si muove su un immaginario grande tabellone dove al posto della kamchatka c’è il giardino del civico 12, al posto dell’Alberta c’è il cortile del signor Alberto e gli scivoli dei garage delimitano i continenti. Quindi il Rosso ha perso tutti i carrarmatini annaffiati due volte al giorno con puntualità e conquistati a sfide di 6 graffi dati e 3 zampate prese che, come ogni giocatore sa, fa 3 ciuffi di pelo strappati rimasti sul territorio, ormai diventato di Codamozza. Tutto da rifare per il Rosso.

bry fb

Bryce, invece, quando esce a camminare, ogni tanto si ferma e annusa a lungo un determinato posto. Perchè? Ha trovato un segnale olfattivo preciso, un messaggio e quindi un accreditato POST canino. Si può andare oltre oppure schizzarci su un bel LIKE: sta a Brik decidere! Anche Bryce, ovviamente, lascia i suoi popò di post, ma purtroppo vige un severo controllo della privacy e vengono rimossi. La cosa non è uguale per tutti gli utenti canini, alcuni mollano post oltraggiosi, ma per gli amministratori pare siano rispettosi delle regole del vivere civile! Ecco, in questo caso non c’è una grande differenza tra il social network canino e quello umano. I post rimossi lasciano comunque strascichi di polemiche interessanti per un tartufo in attività. Esistono post canini finti, perfettini, quelli tutti condividi e sorridi; ci sono quelli maleodoranti, che Bry nemmeno annusa e fa pure un saltello per evitarli; infine si trovano post con sassolini ed erbetta dentro, nature, spontanei. Esistono anche i post “solo amici” (maschile-plurale), sui quali Bryce sbava, sono quelli con gli occhiali da sole sulla testa e la bocca a cuore o meglio: a culo di gallina. Sì, perché la foto di profilo di un cane è senz’altro il suo deretano e tra i quattrozampe un’attenta annusata al profilo social indica con certezza età, sesso, umori più o meno manifesti e… dieta seguita. Insomma, un colpo di naso e si capisce tutto di chi si ha davanti. Che fortuna!

Mi auguro solo che il gatto Indiana Jones non lanci un Tweet, per il resto: be social!

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selfie

P.S. Questo articolo è riassunto di una conversazione surreale avvenuta durante una cena con i miei figli. A loro il merito di avermi fatto tanto ridere!

P.S. Disegni della nonna gattofila!

Pubblicato in: Fiutando Libri!

Fiutando Libri!

Vivere fiutando libri in libreria o in biblioteca è bellissimo e ricorda l’ottavo diritto del lettore di Daniel Pennac: il gustosissimo diritto di spizzicare!

Trasmettere le emozioni che mi ha dato un libro e leggere ad alta voce sono per me un piacere, un modo di condividere qualcosa di bello. Non ho mai obbligato i figli a leggere, ho condiviso con loro molti libri e, sì, d’estate vigeva una regola: si poteva giocare alla playstation quanto si voleva, a patto che la stessa quantità di tempo fosse dedicata alla lettura. Vi assicuro che ne veniva fuori un equilibrio perfetto! Il tranello c’era, ed era quello di mettere nelle mani dei ragazzi libri tra le cui pagine il tempo volava. Ecco un  gioco che mi ha sempre appassionato: dare il libro giusto alla persona giusta.

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Nella foto ci sono i miei libri, due copie di ognuno, e in ogni mia storia c’è un po’ di me e della mia vita. Quindi, forse, non sono una scrittrice professionista perché scrivo solo quello di cui sento il bisogno di parlare, le mie urgenze e le mie passioni, per condividerle, ovvio. Due copie per i miei figli: una sottolineata, usata, piena di segnalibri, quella che porto negli incontri nelle scuole e nelle librerie; l’altra intonsa, uscita dalla scatola per prima insieme alla ormai usurata gemella. I miei figli potranno, un giorno, ricordare tra le pagine di una copia o cominciare un nuovo viaggio con l’altra, decideranno loro. Non so quanti lettori ho, ma io comincio sempre a contare da due.

Sto leggendo un libro bellissimo: “Per una letteratura senza aggettivi”… e insomma: perché leggere? Perché leggere ci cambia. Si può “conoscere, apprendere, sapere” anche attraverso un buon documentario, ma solo leggendo le emozioni lasciano dentro di noi una minuscola traccia per sempre e, a volte, senza che ce ne rendiamo conto.

Buona lettura a tutti.

I miei libri non sono molti e non hanno data di scadenza, eccoli in sintesi:

Perduti fra le montagne (Raffaello 2008)

book

Willi ed Edoardo, un ragazzo con un nome da cane e un cane con un nome da ragazzo.

La casa sul fiume (Loescher 2010)

cover

Una colonia di gatti, un soldato austriaco moribondo, un mulino sulle le rive dell’Adige dove la Storia è stata scritta.

I malmessi (Loescher 2012)

I malmessi

Sei ragazzi diversi tra loro che si tengono per mano, un’oca e un maiale.

Invisibile (San Paolo Ragazzi 2012)

cover InvisibileUn storia ricca che parla di uomini e ragazzi, di montagna e di un cane.

Chiamarlo amore non si può 

con il racconto “Perché odi Davide” (Mammeonline 2013)

copertina

 Vita vissuta.

Il mio domani arriva di corsa (EL 2012)

Cover Il mio domani arriva di corsa

 Frammenti della vita di una ragazza che ha saputo salvarsi da se stessa.

Come conchiglie sulla spiaggia (Paoline 2015)

cover (2)

Storia profumata di poesie e disegni, crocevia d’incontro di mondi diversi.

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Un lavoro ben fatto.

Ho sempre pensato che amare voglia dire anche conoscere. Quando presi Bryce capii subito che tra noi c’era un’empatia speciale. Scattò la sete di conoscenza: scoprire i segreti della sua razza, capire il perché dei suoi comportamenti, penetrare il suo modo di essere e di pensare. Libri, video, articoli, amici cinofili furono fonte di conoscenza. Sentii ripetere spesso che se togli “il lavoro” ai border, togli loro qualcosa d’essenziale. “Lavoro” inteso come controllo delle pecore nelle fattorie, il cui surrogato può diventare, per esempio, l’agility.

Giovedì, alla OLYMPUS DIGITAL CAMERAfine dell’allenamento Bryce era stranamente appagato, come se avesse dato a se stesso e al suo compagno umano, quello che doveva in termini fisici e mentali. Non l’ho capito subito. A casa, ha cenato e gli umani hanno cenato; ha aspettato che stendessi i panni, chiudessi il computer, mi lavassi i denti e alla fine era con il muso appoggiato sul letto: “Guarda che mi casca la mandibola dal sonno ma sono in stand-by”. Già, di solito se ne va in cuccia e buona notte ai suonatori. Quando mi sono messa sotto le coperte, lui è salito accanto a me e, girandosi a pancia all’aria, si è strofinato alla mia mano in cerca di carezze con quel suo atteggiamento da cangatto. Non lo aveva mai fatto, non è uno sdolcinato. Mi ha guardato con la testa sottosopra e ha strizzato gli occhi. Direte che sono fantasie, che è il mio solito mescolare vita e storie, ma sono convinta che in lui ci fosse gratitudine e io ho capito quanto vere fossero quelle parole sentite ripetere tante volte. Era felice di sé, appagato: si sentiva il cane che doveva essere, grazie a quei giri di agility e a un lavoro ben fatto.

Forse solo chi conosce i border, esseri eccezionalmente complessi e sensibili, mi crederà e la comunicazione tra uomini e animali è una percezione labile, ma il dialogo tra esseri diversi rimane comunque una conquista straordinaria e gratificante.

Concludendo, pare che i border si leghino in particolare al conduttore di agility: Bryce ha scelto mio figlio come conduttore, ma a me è venuto a raccontare la sua felicità da border. Uomini e bestie hanno capacità infinita di dare amore.

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Pubblicato in: Colpi di coda

colpi di coda

C’è motivo per provare forte risentimento.

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Gingerbell’s Emily

Foto0336 - CopiaDa non credere! Mi hanno lasciato quindici minuti chiuso in macchina mentre sono andati a vedere delle gare di agility. In un campo pieno di decine e decine di border hanno lasciato me rinchiuso: il migliore, il più figo, colui che se scendeva sgombrava il campo da quelle code mosce per mangiarsi alla velocità della luce salti e corse nei tubi, non badando a numeri, classifiche e giudici di gara; colui che avrebbe abbaiato a tutti che erano delle lumache inguardabili, asservite al potere dell’umano. Poi, tornato a casa, che cosa ho visto? Una foto del mio conduttore abbracciato a un’altra.

Un’offesa da lavare a leccate prolungate e umidicce sulle mani della Umi.

P.S. Sì lo so, sono egocentrico e pieno di autostima, ma nessuno è perfetto (tranne me, naturalmente).

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Cavaliere fidato o fata madrina?

Non è sempre facile vivere con un cane, con un border è ancora peggio. E’ da un po’ di tempo che Bryce incontra altri cani e quelli gli ringhiano o gli abbaiano contro. Lui alle volte risponde, altre smoscia la coda e guarda altrove. CominOLYMPUS DIGITAL CAMERAcio a pensare che sia un tipo antipatico e bisogna ammettere che i border sono un po’ supponenti. Insomma hanno la sindrome dei primi della classe e non solo nei confronti degli altri cani.

Dunque, io apro gli occhi al mattino, mi alzo (e di questo abbiamo già parlato … Buongiorno 🙂 ), ma mentre sto scendendo al piano di sotto, arrivata a metà scala, il border che mi precede s’inchioda e mi guarda: “Hai preso il telecomando per disattivare l’allarme?” Clicco e al bip lui procede verso la cucina. Se il fratello umano più giovane non si alza, ci pensa lui a buttarlo giù dal letto e quando esce lo segue con lo sguardo sino alla fine del vialetto di casa, dovesse mai perdersi! Quindi, NOI dovremmo prepararci per l’abituale passeggiata, ma prima, di solito, controllo mail, social e blog e aspetto le otto per la consueta telefonata mattutina alla nonna. Alle otto, puntualmente, qualcuno mi ricorda che sono le otto e poi si piazza davanti alla porta del bagno: non sia mai dimenticassi che prima di uscire ci si lava. Se decido addirittura per una doccia, Brik crolla muso a terra perché usciremo con un po’ di ritardo e se la doccia si prolunga arriva pure un abbaio perché l’acqua non si spreca. Inutile dire che, in una stanza da bagno che non è un salone da ballo, per circolare bisogna scavalcare un border (anche questo è ostruzionismo: pacifico sit-in da bagno). Al rumore del phon il border alza la testa, cioè si desta all’ultimo atto e applaude a codate perché finalmente si potrà uscire. Mi guida a prendere la giacca e le scarpe neanche fosse un cane per non vedenti e finalmente siamo fuori.

Al rientro a casa accendOLYMPUS DIGITAL CAMERAo il computer e mentre mi preparo una tazza di tè da portarmi sulla scrivania, qualcuno al gusto di stracciatella ci si è già accucciato sotto. Quando finalmente mi siedo, mi guarda interrogativo: “Ma, stamani, non dovevi scrivere un articolo per il mio blog?”. Poi si acciambella e finalmente può riposare. E’ un border, i border, si sa, sono cani da lavoro e il suo è un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo.

P.S. Se avvertite una leggera ironia in questo articolo, non fateci caso è un vezzo: mi fa piacere avere sempre accanto un’ombra alla stracciatella che scodinzola allegramente, con la pelliccia morbida da accarezzare e con gli occhi color ambra accesi di curiosità. Cavaliere fidato o fata madrina? Fate voi, io sono solo felice d’aver incontrato border Brik!

Pubblicato in: Pensieri canini

Il potere delle storie (un altro punto di vista)

Alle volte la Umi si ferma a riflettere e guarda dentro e fuori di sé…

e IO cosa vedo?

Vedo una donna strampalata che crede ancora alle storie e vive in una strana casa con svariati umani, un border-blogger (me) e due gatti. Quello bianco, Indiana, più o meno amico mio, non avendo né la cattiveria dei randagi, né l’indole dell’assassino ottiene quello che vuole per sfinimento dell’avversario. Il Rosso, felinamente parlando, i topolini li porta ai vicini di cui usa l’abitazione, ma se di notte si ritrova fuori al freddo o sotto la pioggia, s’infila nella gattaiola (parola magica) e raggiunge il letto. Nel caso vi trovi Indiana cheIMG_6958 - Copia dorme, sale di soppiatto, individua un’area libera e si asciuga o semplicemente si scalda. Deve essere abile, perché se si sveglia l’altro, si passa alle armi bianche. Io di solito me la squaglio. Alle due o alle tre del mattino, nel silenzio della notte, si accendono zuffe con spargimento di ciuffi di pelo, miagolii da casa degli orrori e nel peggiore dei casi anche gatti volanti.

 

La Umi istallò la gattaiola, la simpatica bascula che dà autonomia ai felini di casa, come inno alla libera circolazione, come esercizio di democrazia animalista, non immaginava il disturbo della quiete notturna e neanche l’aurea magica che essa possiede. Già, perché il mio giardino è diventato la stazione londinese King’s Cross per i gatti della zona. In molti hanno seguito Indiana fino alla sua porta di casa per poi vederlo passarci attraverso. La gattaiola è il binario 9 e ¾. L’ultimo a rimanere folgorato è stato un randagio con la coda mozza. Ci si è piazzato davanti, miagolava e gorgogliava senza comprendere dove fosse finito il gatto (Indiana) che aveva seguito. L’unica cosa che non capisco opsè come sia passato il Rosso (non Ron, il gatto), che, diciamocelo, è molto babbano e tanto poco aquila. C’è da giurarci che ci sia lo zampino della Umi, che in qualità di creatrice di storie, sa spiegare le cose ai gatti. E’ pur vero che l’Anello venne affidato a un piccolo Hobbit, ma il Rosso non è paragonabile neanche a Frodo, questo è sicuro. Comunque, in casa siamo al completo in quanto a bestiario, mi eleggo guardiano del Varco e mantengo segreto il passaggio.

Aiuto! Mi sto impantanando nelle storie! Necessito al più presto di giro di agility o abbaiata a naso a naso con cane adulto privo di fantasia.

 P.S. Nella foto in basso a destra Brik e Dalì (detto il Rosso) da cuccioli, quando il primo riusciva a passare nella gattaiola e il secondo imparava a farlo!

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Cappuccettorosso, il lupo e la nonna

Sono in macchina con il bricchetto e la nonna, passo davanti a un supermercato e decido di fare una veloce spesa. Parcheggio. La nonna ha appena comprato una rivista e sceglie di aspettarmi in macchina leggendo, il bricchetto si sdraia rassegnato sul sedile di dietro: la parola “spesa” è odiosa per me come per lui, ovviamente nei supermercati non può entrare. Quando sono dentro incontro un’amica di libri e di cani, intasiamo la corsia di chiacchiere per cercare di raccontarci tanto in breve. D’un tratto mi ricordo dei due fuori che mi aspettano, cerco di concludere la spesa in fretta e intanto telefono e avviso: “Sto facendo più tardi del previsto!” La risposta mi gela: “Nessun problema io e il brik siamo usciti e ci siamo messi al sole”. Sbianco: il predatore assassino di auto è al guinzaglio con la nonna gattofila nel grande parcheggio di un supermercato. Mollo il carrello e mi precipito all’uscita. Il tiratore scelto, lo sfondaspalle, il border da slitta e la piccola nonna sono soli nel parcheggio tra i viavai delle macchine. Quasi salto la sbarra di una cassa chiusa aspettandomi di trovare tante macchioline di stracciatella spiaccicate sull’asfalto e un’ambulanza per la nonna rotta e sbertucciata. La trovo, invece, appoggiata a un muretto con il guinzaglio molle tra le mani e davanti a lei c’è un border seduto elegantemente. Le auto passano alle mie spalle. Il border scodinzola: noblesse oblige e mi guarda come a dire: “Nessun problema, ho portato fuori la nonna e ci siamo messi al sole.”

Più tardi il coetaneo umano del border mi spiegherà: “Se la mamma è dispersa (nel supermercato) e ho pure la responsabilità della nonna, io non gioco certo alla playstation.”

Non so quanta verità etologico/cinofila (videogioco=predazione-auto) ci sia in queste parole, ci sto riflettendo, ma una cosa è certa: tra coetanei ci si capisce. E poi come non gioire del fatto che se dovessi disperdermi i miei figli rinuncerebbero alla playstation? Medito.

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Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Il potere delle storie

Alle volte ci si ferma a riflettere e ci si guarda dentro e fuori…

io cosa vedo?

Vedo un’umana strampalata che crede ancora alle storie e va a camminare con un cane figo101_1023. Poiché il cane figo è “avanti” e ha avuto un imprinting futurista, preda le macchine e non le pecore. Un border così va impiegato in fattoria, darebbe il meglio, oppure dovrebbe essere un cane sportivo a pieno regime, sarebbe un campione, ma la Umi gli ha aperto un blog. La Umi adora il border alla stracciatella e s’incanta davanti alla sua gioia di vivere, alla sua dolcezza di cane. La Umi vorrebbe e non vorrebbe domare quello spirito selvaggio che pervade il cane quando segue un odore nel vento (trascinandosela dietro), quando scalpita (staccandole il braccio) per raggiungere il parco. La Umi, allora, cerca di usare l’unica arma che conosce e adopera da sempre: le storie e dà voce al border su un blog. Vorrebbe e non vorrebbe, forse è per questo che non riesce a imporsi e gira con la tasca della giacca piena di bocconcini per il rinforzo positivo, pezzettini di caciotta odorosa. Il nobile quadrupede è allergico a tutto tranne che al pesce, le patate e il formaggio: girare con le sardine sarebbe troppo e nessuno farebbe nulla in cambio di un tubero. La Umi premia il border quando attraversa elegante, al piede, sulle strisce pedonali: la pelliccia bianca del petto sbuffa fuori come uno sparato troppo stretto mentre i suoi occhi color ambra la guardano avidi di caciotta. La Umi intanto ripensa a quella vecchia zia con la mentalità d’una volta che diceva: “Portare sempre biancheria intima pulita, che se succede qualcosa e ti portano in os101_1009pedale…” Ecco, se succedesse qualcosa alla Umi e dovessero spogliarla la troverebbero con una tasca piena di pezzetti di caciotta. Semmai la visitasse un patologo da detective story potrebbe costruirci un giallo noir: la feticista della caciotta… mah! (la lingerie è pulita, però)

Insomma, tornando a noi, gli addestratori dicono che ci vuole pazienza, perseveranza e coerenza (…le tre regole d’oro per fare l’autrice di narrativa per ragazzi, ma-guarda-un-po’!) però la Umi crede soprattutto nelle storie e quando il brik la fa davvero arrabbiare lo minaccia con sguardo severo: attento che ti chiudo il blog!


Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Osservazioni quasi scientifiche per stomaci molto forti

Nel posto dove vivo è arrivata un’ondata di cani. Non so se sia una nuova moda o amore, comunque te ne rendi conto perché al parco, sul viale, sui marciapiedi, davanti ai cancelli, sono fiorite delle cacche grandi, sode, belle, quasi finte.

Da ciò si deduce che i proprietari sono poco preparati in educazione civica, ma sono commercialmente ben attenti.

Allora parliamo di marketing utile: pubblicitari diamoci una mossa con le idee per vendere sacchettini da raccolta deiezioni! Per una volta potete rendere un servizio all’umanità. (Potete anche copiare da altro tipo di sacchettini, in merito ai quali vi siete sbizzarriti) Non sarà mica difficile? Sacchetti colorati, profumati, small o extralarge, con il nome del cane sopra come la Coca Cola, a guanto per praticità, biodegradabili per i vegani, con scritta la parola CACCA per far ridere i bambini educandoli al rispetto degli altri, col dispenser musicale che applaude e scampanella ogni volta che stacchi un sacchetto e infine quelli tecnici con sottovuoto integrato per le massaie impenitenti o per l’analisi delle feci. Sono certa che il neo amico del migliore amico dell’uomo non disdegnerà un nuovo accessorio fashion.

Per concludere, non me ne vogliano i cinofili, a me queste cacche così finte più che schifo fanno un po’ impressione e mi viene la nostalgia di quando i cani mangiavano gli avanzi di cucina: c’è poco da fare neanche le cacche son più quelle di una volta.

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Vignetta della nonna gattofila di Brik

Pubblicato in: Dialogando con Brik

vet o mio dolce vet

brik nella sala d’aspetto del veterinario fa il polemico.

Lui entra e si guarda attorno, ignora i pazienti miagolanti nei trasportini o nelle gabbiette e si concentra sui cani. Cerca subito di stabilire un contatto con ognuno dei presenti, lui non si fa i fatti suoi, lui deve annusare con chi divide la stanza.

Bryce: – La fauna della sala d’attesa del veterinario non è delle migliori. Ho sentito lì dentro cose, che voi umani neanche potete immaginare. Stiamo tutti insieme in quello spazio angusto, bestie di tutte le taglie: alcune immense, altre minuscole. Non dico che uno voglia farsi quattro corse e due, tre giri di annusate di sottocoda, ma un minimo di socialità non guasterebbe per stemperare il nervosismo.

Lui osserva un TerOLYMPUS DIGITAL CAMERAranova di dimensioni orsine, sdraiato, pacifico, con il muso a terra. Brik strisciando con indifferenza cerca di avvicinarlo. Quello apre un occhio e lui s’immobilizza (uno, due, tre, stella?) e poi ancora spalmato a terra cerca d’arrivare ad annusargli una zampa. Il Terranova apre entrambi gli occhi e il brik sbatte la coda socievole:  – Ehi orso, come va?

 Bryce: – L’orso fa da tappeto e comunica solo aprendo e chiudendo gli occhi neanche fosse in stato terminale, una cagnina bianca ansima di paura, il cucciolo di Golden mena pacche e si morde la coda. Pare abbia fatto fuori l’intera confezione di pillole anti-concezionali della sua umana comprese di blister: eh, no, i cuccioli non ci arrivano proprio! Poi c’è il Lupo Cecoslovacco: ecco quello di sicuro non lo reggo! Ti guarda con lo sguardo accigliato che ricorda quello degli Husky, uno sa che se sei un Husky guardi così, ma se sei un Lupo Cecoslovacco, invece, DAI FASTIDIO… Poi sta fermo, in punta di zampe e ringhia fesso, come se fosse arrivato ieri dalla Siberia e non conoscesse altri abbai se non “io ti spiezzo in due”. Rilassati, Siberia! Gli volto le spalle. Ti ignoro Siberia, smettila di grugnire.

 Brik si dimentica di quelli in attesa, si sdraia elegantemente: zampe alla stracciatella distese, spalle erette, orecchie dritte (una a metà) e muso illuminato da due occhi attenti a quello che avviene nell’ambulatorio dietro la porta a vetri.

Bryce: – Mi siedo con sfacciata eleganza e il mio sguardo si concentWP_20150125_11_29_13_Prora sui suoni che provengono dall’ambulatorio vero e proprio. Cerco di decifrare un urlo felino: raccapricciante. Lo stomaco mi si stringe. Esce la dottoressa e parla: seguo il movimento delle sue labbra, mi sforzo di capire il linguaggio degli umani. Gli hanno schiacciato le ghiandole perianali? Guardo il gatto nel trasportino: sì, succede anche questo qui dentro, e poi ti rattoppano, di pungono, ti spediscono a fare un trip con l’anestesia, ti misurano la febbre in modo non convenzionale. Io alla fine ci ho rimediato un orecchio ricucito abbastanza dritto, con tre strisce genetico-fashion bianche, una sorpresa della natura! Sì, ci può stare fratelli: il mio nome totemico sarà Orecchia Striata, anche meglio di Due calzini!

Bry

 

Pubblicato in: Donne in corriera e madri da tartufo

Donne in corriera e madri da tartufo: la ricerca.

Consigliato per chi vuole riattivare la circolazione sanguigna la mattina presto e soffre di pressione bassa.

L’esercizio consiste nell’alzarsi alle sei e dopo il caffè attivarsi per la ricerca a tempo di un oggetto perduto.

Perlustri ogni stanza con attenzione e l’uso eventuale (consigliato per la salute del timpano auricolare) della torcia, lì dove qualcuno ancora dorme. Il tempo passa e la ricerca sembra vana. Rifai il giro dei locali, naso a terra, usando anche il fiuto. In mansarda il gatto ti guarda, seduto composto e con sguardo severo, neanche fosse un giudice di gara. Stai attenta: potresti essere squalificata. Il piano A di ricerca fallisce miseramente e bisogna passare al B, più cerebrale (fase due: dopo aver svegliato il corpo ci si concentra sulla mente). Seduta al tavolo di cucina, davanti a una tazza di tè nero forte, attivi un interrogatorio mirato all’occultatore dell’oggetto con messaggi WhatsApp: “Torna indietro nella memoria, dove lo hai usato per l’ultima volta? Quando lo hai usato? Con chi eri?” Il border si sdraia a terra con il muso tra le zampe: ha capito che deve trattenerla. I minuti scorrono e anche il piano B non produce risultati, il tempo è scaduto. Mentre costruisci una mappa degli ultimi spostamenti dell’oggetto preparandoti a una verifica outdoor, cercando di allontanare il pensiero della denuncia di smarrimento dei documenti e dell’attivazione della nuova tessera autobus e del nuovo badge scolastico, arriva un messaggio sottobanco: “trovato nello zaino” (già, il posto dove non lo avresti mai cercato). Dopo un simile inizio di giornata potresti sventare un intrigo internazionale, fare un giro di agility arrivando all’ultimo ostacolo prima del brik, oppure, se sei una mezza tacca di autrice, metterti a scrivere.

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

L’invadente metodo inventastorie

Incrocio un vecchio signore mentre mi trovo in centro paese con Bryce. I miei occhi scorrono velocemente la sua figura e si fermano sui guanti. L’anziano ha una chioma di capelli bianchi che contornano un viso secco e liscio. Ha occhi azzurri velati e rosse labbra sottili. Indossa un giaccone blu scuro su pantaloni e scarpe dai colori sobri, ma sfoggia un paio di guanti di pile rosso a quadri scozzesi. Sono un faro su quella figura anziana dai colori scuri.  Ecco come alle volte nasce una storia o un racconto, ecco come nascono le avventure del brik: da un piccolo spunto, un particolare che accende l’immaginazione.

L’anziano quei guanti li ha ricevuti per Natale. I ragazzi, mentre sceglievano il regalo per il nonno, d’un tratto avranno stillato: “Quelli! Quelli!” attirati dai colori sgargianti del pile tra i guanti da uomo un po’ seriosi, di lana o di pelle, neri, blu o marroni. “Ma il nonno non metterà mai una cosa del genere!” avrà commentato la mamma. “Sono belli, colorati, fanno allegria!” avranno replicato loro. Lei avrà sorriso pensando che sarebbe sciocco negare ai ragazzi la gioia di aver scelto il dono. E così i guanti in pile scozzese finiscono sotto l’albero di Natale della nostra storia e il nonno ride quando scarta il regalo e dice che non è più un ragazzino lui, ma in fondo è contento di quel dono un po’ bambino. Con pazienza tipicamente anziana li indossa quei guanti: al bar o al circolo dirà che è un regalo dei suoi nipoti.

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D’accordo è una storiella buonista e natalizia ma tenete conto che stavo mangiando una fetta di pandoro offerta dagli alpini, ero sotto stelle luminose che suonavano “Jingle bells” e il brik mi tirava a zig zag tra le gambe della gente per raccogliere briciole e leccare zucchero a velo. Avevo pochi secondi prima di filarmela perché il vigile mi puntava da lontano e sicuramente mi avrebbe chiesto la museruola, che non avevo, per il brik, quindi l’immaginario è andato sul facile.

Certo, il nonnetto poteva essere un cleptomane, i guanti avrebbero potuto essere del fratello, abile suonatore di cornamusa, ahimè defunto. Oppure avrebbero potuto essere stati fatti a mano dalla moglie che comprava scampoli di tessuto ma era finita ai domiciliari per molestie ai commessi dei grandi magazzini. L’anziano signore poteva averli comprati, trovati, rubati… in fondo cosa importa? Quello che conta è il gioco dell’immaginazione: l’invadente metodo inventastorie! Da quando ricordo, per me, è sempre mode on!

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Pubblicato in: Colpi di coda

datemi un cane stupido…

Io, con giacca e sciarpa, e Bryce, con pettorina e guinzaglio, ci apprestiamo a uscire dal cancello del nostro giardino. Ho dimenticato di aprirlo da casa: mollo il guinzaglio, pesco la chiave nella tasca e sblocco la serratura che fa un sonoro click.

Bryce conosce bene quel click. Bryce ha fretta di uscire, freme, il suo naso annusa la serratura.

Mi piego in avanti per recuperare il guinzaglio caduto a terra, prima di aprire l’inferriata, ma contemporaneamente il genio di cane infila la zampa tra le sbarre e, con una decisa tirata a sé, spalanca il cancello. Questo cozza sulla mia testa, rimbalza e si chiude di nuovo. Male cane!

Un border mi fissa sconcertato: ma sei scema a stare lì, chinata, a testa bassa, quando dobbiamo uscire?

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Ma allora sei tutta scema!

Pubblicato in: Pensieri canini

La scopa della Befana

No, dico, guardate come mi hanno conciato! OLYMPUS DIGITAL CAMERA

(Avete presente con chi mi tocca vivere?!?)

E Poi hanno tirato fuorOLYMPUS DIGITAL CAMERAi la storia della scopa.

Quando i mie fratelli umani erano ancora dei cuccioli, la Umi li svegliò la mattina del 6 gennaio e loro trovarono le calze piene di dolci appese sotto il camino e, lì accanto, quella scopa. Non l’avevano mai vista prima. Pare che la Befana ne cavalchi una simile e la Umi instaurò il ragionevole dubbio che l’avesse lasciata lì proprio la famosa vecchina. (Avete presente, AVETE PRESENTE con chi mi tocca vivere?!?) I miei fratelli tentarono di cavalcarla, a turno o insieme, ma quello stupido arnese… nulla da fare: non si alzava in volo! I bambini ne dedussero che la Befana l’avesse abbandonata proprio perché scarica, ma decisero di conservarla ugualmente con cura e la Umi fu assolutamente d’accordo.

Ecco, quella scopa èOLYMPUS DIGITAL CAMERA ancora qui e i miei fratelli, non più cuccioli ormai, stamattina l’hanno recuperata e io ovviamente mi sono unito al gioco: la stano, la mordo, la distruggo la scopa della Befana!

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Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Se c’è comunicazione oltre la parola…

Uscire a passeggio con il cane è un modo speciale di camminare. Sui sentieri di montagna, sulla battigia o per le vie del paese ammantate di nebbia: nulla cambia, è il camminare insieme che conta.

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E’ il passo, il ritmo, i pensieri che accompagnano l’andatura che danno senso al camminare. Il corpo si rilassa e la mente s’aggancia a quella del border, ogni pausa per annusare strappa una riflessione, ogni pisciata un pensiero liberatorio, ogni lettura concentrata di filo d’erba, cespuglio o pezzettino d’asfalto lascia il tempo per un vuoto rinvigorente e poi di nuovo passi che generano idee nuove o ricordi.Foto0696

 Solitudine e compagnia vanno a braccetto quando esci a passeggio con un cane, puoi guardarti attorno o guardarti dentro, allegria e tristezza s’avvicendano o si compensano, camminare diventa viaggiare con la mente, diventa un mantra fatto di passi a sei zampe che partorisce pensieri.

Alchimia speciale o immaginazione, chissà, eppure se c’è comunicazione oltre la parola…

Pubblicato in: Avvertenze ed effetti collaterali

come fare gli auguri senza mentire

 

Come faccio a fare gli auguri di buon Natale?

(Ascoltate e continuate a leggere 🙂 )

“It’s not time to make a change – Just relax, take it easy”

BORDER PANETTONE

Una volta si poteva festeggiare perché non si sapeva nulla, il mondo era piccolo intorno a noi. Nelle difficoltà ci si univa e ci si aiutava, c’erano le chiavi sulla porta di casa, ci si conosceva tutti o quasi. Eravamo un solo panettone pieno di uvetta e canditi.

“You’re still young, that’s your fault – There’s so much you have to know”

pand

I bambini, loro sì, possono festeggiare, loro vivono un mondo bambino. Possono sognare e ignorare: non sanno ancora tutto. Vivono nel pandoro soffice e spolverato di zucchero a velo.

“All the times that I’ve cried – Keeping all the things I knew inside – And it’s hard, but -it’s harder – To ignore it”

Io, adulta, come faccio a festeggiare ignorando la morte di tanti rFoto0280agazzini, la schiavitù e la violenza sulle donne e sulle bambine? Le mutilazioni e le feroci morti inutili? Come posso ignorare esseri viventi ingabbiati, torturati, divorati senza pensare al loro cuore che batteva, ai loro occhi che nascondevano paura e rassegnazione, al loro essere nati, senza saperlo, solo per essere consumati. Nessun ciclo della vita per alcuni. Niente etica nella morte, niente dignità tra gli uomini. Che faccio: addobbo l’albero? Siamo torrone incenerito, carbone amaro e polveroso.

“Find a girl, settle down – If you want, you can marry – Look at me, I am old – But I’m happy “

Eppure è Natale, non si può dimenticare. La natalità è la scintilla dBryceella creazione che assomiglia a quella dell’immaginazione. E ci vuole immaginazione per una vita che si rinnova instancabile, nonostante tutto, negli esseri umani, negli animali, negli alberi e nei fiori. Né padri, né madri, indiscriminatamente siamo tutti genitori di semi di stelle luminose oppure oscure. Tanti doni in uno: la vita che è colostro al sapore di vino moscato.

“I was once like you are now – And I know that it’s not easy”

Ho fatto nascere le mie stelle, le ho allevate a tè, latte e buone parole, spostate di tana in tana trattenendole peFoto0663r la collottola per non far loro del male e adesso vanno e sono meravigliose, scaldano il cuore. E non è tutto: alcune mi scodinzolano attorno, altre fanno nido sul mio grembo con fiducia, altre saziano lo sguardo, verdi e legnose o esili e profumate.

 

“To be calm when you’ve found – Something going on – But take your time, think a lot”

Solo la vita posso festeggiare, ogni giorno e ogni Natale, il bambino che non è ancora nato, un fiore che non s’è seccato, un randagio sottratto alla fame, un sogno a qualcuno regalato. Piccoli morsi natalizi possono saziare e solo pensando in PICCOLO posso festeggiare: panforte e pasta di mandorle!

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Buon Natale dalla Umi e dal Brik

…auguri sinceri di Buona Vita, quindi, sulle note di “Father and Son” di Cat Stevens, a tutti gli esseri viventi a due e a quattro zampe, con radici oppure no.

Pubblicato in: Colpi di coda

colpi di coda

Io e Bryce passiamo sul vialetto che costeggia l’area cani. Io cammino, lui trotterella tranquillo. Dall’interno un grosso meticcio marrone viene accanto alla recinzione abbaiando furibondo e ringhiaOLYMPUS DIGITAL CAMERAndo.

Bryce s’immobilizza: orecchie dritte (una quasi), sguardo fermo, peso del corpo sulle zampe anteriori mentre le posteriori si tendono, coda alta. Lo fissa, non si muove un pelo. L’altro sfodera i denti, inalbera la coda e sbava inveendo.

Il brik scivola via dalla sua posizione, alza una zampa, fa la pipì quasi sul naso del meticcio urlante e poi con andatura dinoccolata prosegue.

Come rispondere a una provocazione con una pisciata.

Pubblicato in: Pensieri canini

To be, or not to be: that is the question…

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to be, or not to be…

Collare-cono o non collare-cono, questo è il problema: se sia più nobile sopportar gli oltraggi, le pomate e l’acqua ossigenata dell’iniqua fortuna o prender l’armi contro la Umi e combattendo disperderla. Border e Bardo condividono le consonanti. Entrambi inglesi, noi, entrambi poeti, noi. Chissà se anche lui invece d’andar dal vet andava dal chirurgo estetico come me?

 

E sì, perché in questa questione del mio orecchio masticato dal pitbull la Umi sta facendo “Molto rumore per nulla”. E io da Stratford-upon-Adige ne ho abbastanza. Se non sto attento potrebbe aprirsi il buco sull’orecchio? D’accordo: metterò l’orecchino. Come faceva Will o il corsaro Drake o, se volete, come i marinai sopravvissuti al passaggio di Capo Horn dove gli oceani si danno battaglia. Io ho doppiato il Capo della buona-speranza-che-mi-lascino-in-pace e fa lo stesso.

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…that is the question

E, come se la mia vita fosse una tragedia scespiriana, vige pure il divieto di grattarsi. La Umi ha emanato un editto: “Qualunque cane (…perché siamo in tanti!) si gratti verrà punito con un urlaccio” che perfora il timpano ma salva il padiglione auricolare. Nei momenti senza collare elisabettiano devo approfittare per darmi anche una ripulita, essendo un border mi lustro il pelo. Non puzzo, io, e poi i gioielli di famiglia vanno ben tenuti. Nessun grande stratega ha mai vinto una battaglia se l’artiglieria non era sciolinata a dovere e le palle di cannone non erano ben lustre.

dormiamoci su...
meglio dormirci su…

Dalla tragedia alla commedia come nel Globe di Will, per la via, io e la Umi, incontriamo un tale che s’informa se son maschio. (Che domanda!) La  sua cagnolina non l’avevo neanche vista, perché quello si porta appresso al guinzaglio un cappottino a quadri rosa e neri e non si capisce cosa ci sia sotto. Si ferma impalato e gesticola e fa discorsi stravaganti alla Umi, lei annuisce paziente e io smanio impaziente, e lei continua a sorridere con aria un po’ ebete… il tale, Capo Horn l’ha doppiato a testa in giù, due volte, e ci ha lasciato pure qualche rotella.

 

Mi domando: dobbiamo per forza essere gentili con tutti i matti che incontriamo? Quello, sotto al cappottino rosa, c’ha una papera di plastica con le sue rotelle, ve lo dico io.

Let’s go My Lady, please …insomma, Umi, soprassediamo?!

English Version To be or not to be: That is the question…

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

maledetta relatività

Quando hanno operato Bryce, il nostro vicino di cuccia era un caneOLYMPUS DIGITAL CAMERA da caccia molto abbattuto. Bryce era ancora addormentato, quello pareva non avere la forza di muoversi e io e l’altro umano ci siamo scambiati le rispettive preoccupazioni. Mentre l’uomo parlava capii che era un cacciatore e sulle prime, d’istinto, avrei voluto prendere le distanze o dirgliene quattro, ma poi lasciai stare: era così preoccupato e avvilito che non ne ebbi il coraggio. Mi raccontava di quanto fosse bravo il suo cane e di come l’altro, che aveva prima di lui, fosse morto giovanissimo di una brutta malattia. Portava un gilet da cacciatore, aveva un modo di fare un po’ rozzo e quel pudore da uomo fatto che non vorrebbe lasciarsi andare.

Quando sono andata con Bry al controllo, l’ho incontrato di nuovo. Era esultante “Guardi!” mi ha detto indicando il suo bellissimo setter che scodinzolava energico. “Il vet ha capito cosa aveva e lui staOLYMPUS DIGITAL CAMERA rispondendo bene alle cure!” Mi sono congratulata, felice per loro. Quell’uomo era un nemico per me, un cacciatore, uno che impallina uccelli e lepri e mi fa ribollire il sangue, eppure davanti a tanta felicità, a tanta empatia tra compagni non ho potuto che sorridere. Ci sono battaglie e altre battaglie e la vita ogni tanto scombina idee e circostanze.

Pubblicato in: Pensieri canini

l’orecchio del sabato sera

OLYMPUS DIGITAL CAMERASì, abbiamo passato un brutto sabato sera, ma non facciamola tanto lunga! L’orecchio morto che cadeva pendulo da un lato? Era una ferita di guerra, mi rendeva più affascinante! La Umi diceva che era antiestetico, ma solo gli umani si preoccupano dell’estetica. La Umi diceva pure che la ferita rischiava la necrosi e avrei potuto ammalarmi seriamente e morire. D’accordo, sono un quadrupede fortunato, mi hanno convinto e operato. Anche lì, però, vebbè, il viaggetto alla Beatles (detto comunemente anestesia) non è stato male, ma adesso basta fasciature e medicine e questo maledetto paralume che s’inchioda ovunque! Sopporto solo, per amore della Umi. Mi faccio medicare, ma mi morderei una zampa mentre, tre volte al giorno, pulisce le ferite e ci mette la crema antibiotica. Mi dà un fastidio cane (!) ma rimango immobile e al massimo lecco la mano della Umi, così per farla andare piano, per prendermi respiro, per ringraziarla perché so che insieme alla pomata spalma preoccupazione e affetto ben mescolati. Poi, la Umi, tutta contenta dice “Fatto! La ferita è bellissima!” Certo, io sono tutto bello, ferite comprese.

In conclusione devo stare tranquillo e fare passeggiate vigilate perché con una grattata di zampa potrei distruggere il lavoro del vet. Queste passeggiate tranquille sono diventate un incubo. Mi conoscono tutti, ma qualcuno (sfortunato, povero lui, un senza-facebook) non conosce ancora i particolari di quel sabato sera e allora ricomincia la cronaca dettagliata e sofferta dei fatti!

(Smosciamento ineluttabile di coda e orecchio sanoOLYMPUS DIGITAL CAMERA.) Senza contare gli aggiornamenti medici e le dissertazioni varie sulla questione se il compagno umano dell’assalitore fosse italiano o no e sul perché un pitbull “psico” girasse libero. Ci mettiamo una vita a fare il “mio”giro tranquillo e se abbaio di protesta mi tocca fare il “lie down”, si, sdraiato e fermo come farei con le pecore prima di radunare il gregge. Umiliante, in questo caso potrei radunare solo oche, dove l’oca più agguerrita è sempre la Umi. Si è presa una paura enorme e mi toccherà proteggerla e tranquillizzarla a vita. D’accordo è stata uno scontro duro e se me lo avessero lasciato tra le zampe, il pitbull non sarebbe tornato a casa intero, anche se io, probabilmente, ci avrei lasciato la pelliccia. C’è sgomento perché i due, cane e padrone (sì, padrone in questo caso), sono scappati a fari spenti, nella notte e rimangono un pericolo. Dicono che l’uomo in questione sia un vigliacco. Può essere. Tra gli uomini capita che ci siano dei vigliacchi, noi cani lo sappiamo bene perché le bestie siamo noi.

Bry

Pubblicato in: Pensieri canini

pioggia e fuoco

Piove. Sono appena tornato umido di pioggia. Sono stato asciugato e frizionato a dovere. Me ne sto sdraiato sul tappeto davanti al fuoco acceso nel caminetto. Sento la Umi darsi da fare in cucina, ma non mi alzo tanto lei in cucina, dicono i miei fratelli, fa il Piccolo Chimico.

Rimango a guardare IMG_6568 - Copiail fuoco. La pioggia mi ricorda qualcosa, qualcosa che non so, ma che c’è dentro di me, da qualche parte. Non m’infastidisce avere il pelo bagnato, il sottopelo mi tiene caldo e asciutto. Mi piace correre sotto la pioggia, mi rende elettrico. Se chiudo gli occhi pizzicati dal calore delle fiamme, m’immagino al lavoro, sulle fredde colline dei mie avi canini, sento il fischio del pastore e il fango che m’inzuppa le zampe mentre raduno le pecore grosse e nervose.  L’energia del mio corpo giovane esplode nel lavoro di controllo e raduno e s’impone al freddo, al pericolo, al terreno pietroso che mi gratta i polpastrelli delle zampe.

Apro gli occhi sul mio branco. Il branco che amo come solo i cani sanno amare. Il mio fratello umano che ogni mattina sveglio a forza di nasate umide e che spingo fuori dalla porta e seguo con lo sguardo finchè non lascia il vialetto di casa. (…mica per niente, ma se perde l’autobus poi mi tocca “trattenerla” finché lo accompagniamo a scuola in città). Per svegliare l’altro fratello, invece, devo saltagli sopra con tutte e quattro le zampe, ma quanto dormono gli umani? Poi c’è la Umi. Quanta pazienza con lei. Si ferma a parlare con una coppia di anziani: lei con il bastone e il cane senza, ma sono certo farebbe comodo anche a lui. La Umi s’intenerisce e ogni volta quasi si commuove: il cane era del marito morto un bel po’ d’anni fa. Venne a prenderlo l’ambulanza e da allora il cane non sopporta più il suono della sirena. Il vecchio in ospedale prima di morire si preoccupava del cane e da allora la moglie se lo tiene sempre accanto come fosse il marito. Vita, Vecchiaia e Morte: va così Umi, finiscila di commuoverti ogni volta. Chiudo gli occhi e lascio che il calore del fuoco mi scaldi il pelo e le ossa, l’odore della pioggia ce l’ho nelle narici. Potrei essere altrove, lì dove la mia natura vorrebbe, ma sono qui e qui sono utile.

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Piede sano in scarpa insana

Non è facile, alle volte non è facile. La mattina Bryce e io facciamo sempre una lunga passeggiata, ma giochiamo anche un bel po’. Ieri mentre zampettavo nell’area cani, sebbene avessi perlustrato la zona, ho inavvertitamente piantato il piede in una deiezione… e che deiezione! Non crema Chantilly e neanche salame di cioccolata ma l’impasto della torta alla ricotta, quello che lo devi spingere giù col cucchiaio nella tortiera. Bryce mi guardava invitante e scodinzolante con la Foto0272treccia da gioco in bocca, ma il mio sorriso era diventato una parolaccia. Intanto è arrivato pure un messaggio della mamma sul cellulare: “Aspetto-bar-se-non-ti-vedo-chiamo” (lei manda telegrammi non sms). Avanzo qualche passo con la mia zavorra al piede e cerco di mettere il guinzaglio al brik che, offesissimo per l’interruzione forzata, molla la treccia a un millimetro del mia scarpa da ginnastica incatramata. Cane agganciato, piede sollevato, corda umidiccia di bava recuperata e quindi digito al volo un messaggio: “Batteria scarica”. Se non rispondo la mamma va in ansia (rimaniamo sempre figlie anche se siamo madri attempate) e il mio cellulare si sta per spegnere. Guadagno la fontanella, mi sfilo la scarpa e metto la suola sotto il getto, ma devo cercare (saltellando su un piede solo) un rametto da usare come punteruolo perché l’impasto s’è cementato nel carrarmato della scarpa. Cosa darà da mangiare ai cani certa gente? Quale cibo viene trasformato da un intestino, tutt’altro che pigro, in escremento colloso a presa rapida? Vabbè, lasciamo perdere, infilo di nuovo la scarpa ormai bagnata anche dentro. Il calzino s’impregna e le dita del piede s’irrigidiscono. M’incammino verso il bar, piuttosto avvilita, con una scarpa che geme inzuppata d’acqua. A uno dei tavoli all’aperto, sotto un pallido sole mi aspetta il caffè caldo già ordinato dalla mamma (perché la mamma è sempre la mamma). Lei chiacchiera, brik mordicchia la sua treccia per far qualcosa e io mi scaldo le dita sulla tazzina cercando di recuperare un po’ di fiducia nei compagni umani dei quattro-zampe. La mamma con aria perplessa mi fa partecipe dei suoi pensieri: “Sai il mio cellulare è impazzito” La guardo bevendo un sorso di caffè forte e cremoso “L’ho caricato stanotte, ha tutte le tacche della batteria a posto ma mi è appena arrivato un messaggio che dice: “Batteria scarica”. Bevo un altro sorso di caffè, aggiungo un po’ di zucchero e muovo le dita intirizzite nel calzino bagnato. Bene: la mamma ha imparato a gestire l’ansia se non rispondo ai messaggi e il suo cellulare fa un baffo all’iPhone 6, manda sms.

Pubblicato in: Ragionando di un cane di nome Brik...

Medor e la ciambella…

Quando vivi con un cane, lui finisce per assomigliarti, Bryce, per esempio, è un animale da libreria, dopo aver leccato da cucciolo il pavimento di cotto di una libreria per ragazzi, per lui sono diventate un luogo familiare. In un grande Book Store del centro, mentre io scorrevo i titoli dei ripiani alti e lui quelli dei ripiani bassi, ha lanciato un abbaio metallico che ha fatto fare un bel salto a una signora travestita da visone. Ci siamo guardati e ho annuito: ben detto Brik! C’è poco da fare abbiamo gli stessi gusti: ci piacciono gli stessi posti e non ci piacciono le stesse persone. A Rimini al festival letterario Mare di Libri, Bryce, ha partecipato, composto e senza un abbaio, a numerosi incontri e si è preso pure con piacere le carezze di Stefano Benni. Nella biblioteca del paese dove vivo ha libero accesso e il bibliotecario gli dedica sempre qualche minuto e qualche coccola.

Medor (meticcio di fine Ottocento)
Medor (meticcio di fine Ottocento)

Diciamo che se il cane del mio bisnonno, Medor, andava a prendere il quotidiano con un soldo tra i denti, Bryce potrebbe andare a prendere e riconsegnare i libri in prestito con uno zaino da montagna assicurato sulla groppa. (Medor un giorno tornò senza giornale e così continuò per una settimana. Il mio bisnonno scoprì che con il soldo si comprava una ciambella da un ambulante!)

 

OLYMPUS DIGITAL CAMERAQuando leggo ad alta voce la storia che sto scrivendo, Bryce mi ascolta, e  sì, alle volte si addormenta pure. Ma il mio angolo studio comprende  la sua tana sotto la scrivania, mentre Indi, il gatto, dorme dove gli pare: nella scatola della raccolta della carta, tra le stampe, sulle mie ginocchia.

Storie e cani s’intrecciano nelle mie giornate portandomi pizzichi di fortuna. Tempo fa mi fermai sul sagrato della chiesa. Mi piacciono le chiese vuote e credo che ogni pensiero buono sia una preghiera. Ne uscì un uomo, ci guardò e disse: “Entra pure, sai quante volte mi sono trovato i cani in chiesa!”. L’ho riconosciuto subito: era il missionario che dieci anni prima, con i suoi racconti, mi aveva messo in testa proprio l’idea di una delle mie storie!

OLYMPUS DIGITAL CAMERA Da domani io e il brik pubblicheremo degli assaggi di lettura: libri che ci sono tanto piaciuti. Non necessariamente ci saranno recensioni, non sono un critico letterario, ma solo una appassionata lettrice e il brik delle storie su carta stampata ha poco rispetto: lui ama solo il racconto orale, dove la voce media la parola e invita a nuove emozioni!