Se i cani potessero parlare direbbero uno spartito di parolacce agli umani. Già, perché a me, ogni mattina tocca indovinare che musica tira.
Allora: il ritornello è sempre lo stesso.
La Umi si alza dal letto e ciondola fino alle scale, poi torna indietro perché ha scordato di prendere il telecomando per disattivare gli allarmi. (Come se io non bastassi: evviva la fiducia!) Facciamo colazione, lei scorre le notizie fb, io do un’annusata a chi è passato in giardino durante la notte: tabloid per entrambi.
Ma poi? Che musica sarà?
-Una ballata?
La più comune e tranquillizzante… La Umi s’infila un paio di pantaloni da trekking e una maglietta, si lava i denti, io mi do una scrollata alla pelliccia e usciamo. Tutto veloce e senza intoppi. Arrivo a pisciare sui siti sensibili a un orario accettabile aggiustando qualche tirata di guinzaglio alla Umi. Dopo si sta a casa: lei alla scrivania, io sotto.
-Una sinfonia per orchestra?
La più incerta… La Umi va in bagno, si fa la doccia, si guarda allo specchio fa un po’ di smorfie, scuote il capo sconsolata. Sale su un quadrato di vetro con numeri rossi lampeggianti e dice una parolaccia (irripetibile). Poi si sistema i capelli e torna in camera, si veste, quindi:
– Variazione 1- tempo: Allegretto grazioso, la Umi dice: “Andiamo a prendere la nonna in macchina” e significa che devo trattenerla e piscerò sui siti sensibili per ultimo, svaccamento totale della giornata.
– Variazione 2 – tempo: Andante moderato, la Umi dice: “Giretto veloce che abbiamo un sacco di commissioni da fare” e significa che devo togliermi tutta la pipì in fretta dalla vescica perché negli uffici non c’è toilette per cani. Mi preparo a lunghe code spiaccicato su pavimenti scomodi, oppure mi toccherà stare seduto ore in camerini stretti mentre la Umi, che non è fornita di comoda pelliccia propria, prova pellicce sintetiche senza trovarne una che le piaccia.
– Variazione 3 -tempo: Calando grave, la Umi dice:”Vado a fare la s-p-e-s-a” e significa che devo fare pipì veloce trascinando un’umana depressa. La definizione di “Spesa” nel vocabolario della Umi: grave e indispensabile sacrificio che consiste nell’andare a caccia in una riserva artificiale di cibo per sfamare la prole.
-Un requiem?
Il più deprimente… La Umi non perde tempo, si veste con cura, si dipinge il viso con cura, sorride alle specchio. Non si pesa per evitare ogni malumore. Riempie una borsa di libri, molti suoi. La osservo andare e venire tra le stanze. Danza leggera tra mobili, letti, scrivanie, mi bacia sulla testa e dice: “Tu non puoi venire“. Starà via per parecchie ore. Sono già in cuccia nel mezzo del balletto: lei va a divertirsi senza di me. Scuole, librerie, biblioteche non vogliono cani e la Umi dice che io mi comporto male, ma non è vero. Discutiamo molto su questo punto ultimamente e soprattutto sulla comune accezione della parola “cane”.
– la Marcia di Radetzky di Johann Strauss padre?
Quella che vorrei suonasse tutte le mattine. La Umi non perde tempo, si veste con cura ma non si trucca e né si pesa. Non dice nulla. Prende uno zaino, crocchette, acqua e qualche libro. Saltiamo in macchina con una deliziosa sensazione di festa: andiamo via insieme e basta routine. Mare, festival, montagna, non c’importa, ovunque staremo insieme. Ci fermiamo a fare pipì e lei beve il caffè, poi si parte. Nuove esperienze, nuovi amici da annusare, nuove avventure da vivere: Giuli&Brik!
Se i cani potessero parlare starebbero zitti.